17 maggio 2024
Tags : Edoardo Boncinelli
Biografia di Edoardo Boncinelli
Edoardo Boncinelli, nato a Rodi (Grecia) il 18 maggio 1941 (83 anni). Genetista. Biologo. Fisico. Divulgatore scientifico. «Nella mia persona convivono tre visioni: il fisico, che osserva le leggi generali del cosmo; il biologo, per cui la vita è un incidente irripetibile; e l’uomo, il cui vissuto è più o meno razionalizzabile. Quest’ultimo mi ha dato qualche problema» (ad Antonio Gnoli) • «“Sono nato per caso a Rodi. I miei genitori, maestri elementari, scelsero di insegnare sull’isola, colonia italiana, perché gli stipendi erano buoni. Per tre anni fu una pacchia. Arrivò la guerra e rientrammo precipitosamente a Firenze”. Come è stata la sua infanzia? “Funestata dalle malattie e da un corpo nel quale mi sono sempre sentito prigioniero”. Cosa intende con prigioniero? “Mi sembrava di non poter uscire dai miei limiti fisici. Un occhio che fin dalla nascita ha visto poco, una gamba difettosa e un modo impacciato di pormi davanti al mondo. Sono stato un bambino dotato intellettualmente e profondamente infelice”. Non si piaceva? “Per lungo tempo non mi sono piaciuto. Mi guardavo allo specchio e mi consideravo orribile. E poi gli amori. La lunga penosa vicenda degli amori mancati. Per anni ho sentito i morsi della passione non ricambiata”. Si è chiesto cosa non funzionava? “Ho passato la vita a cercare di capire il senso di questa avversità, ma non ho una risposta seria da riferirle. Nei miei primi trent’anni sono stato preso solo a calci dalle donne. Poi ho conosciuto mia moglie, Angela, una donna straordinaria, ma non ho dimenticato. Ancora adesso faccio sogni in cui vengo rifiutato da una figura femminile”» (Gnoli). «“I primi libri, li trovai in un armadio di mio nonno. Grandi classici e molta filosofia: Platone, Aristotele, Kant…”. Da bambino leggeva testi di filosofia? “Sì. A scuola, a dieci anni, in un tema scrissi ‘Cogito ergo sum’. La maestra mi disse: ‘Se fai queste letture ti ammali’. Ho cominciato a dare ripetizioni agli altri quando avevo undici anni”. Insomma, era un giovanissimo secchione. “No, no. Al liceo non studiavo molto. Ero un padreterno grazie alle letture casalinghe: all’ultimo anno, col permesso della professoressa, spiegai io alla classe il programma di fisica. Ma per finire l’università ci ho messo sette anni”. In quale facoltà? “Ero indeciso tra Fisica e Filosofia. Fisici e filosofi finiscono per farsi le stesse domande. Scelsi Fisica”. È diventato un celebre biologo. “Fino ai miei trent’anni disprezzavo la biologia”. Poi che cosa è successo? “Lessi due libri: Il codice genetico di Isaac Asimov e Biologia molecolare del gene di J.D. Watson. E mi resi conto che anche nella biologia c’era tanto da fare. Trovai un foglio nella bacheca del Cnr a Firenze che pubblicizzava una borsa di studio per Napoli. La vinsi. Sarei dovuto restare a Napoli sei mesi… Ci ho vissuto 23 anni”» (Vittorio Zincone). «“Per più di vent’anni ho lavorato nel Laboratorio internazionale di genetica e biofisica che era stato fondato da Adriano Buzzati Traverso, fratello di Dino Buzzati”. Ma uno che si era occupato fino a quel momento di fisica come venne accolto? “Giravano molte voci su di me e sul fatto che fossi considerato un talento o una promessa. Ero lo stravagante che poteva impreziosire la ricerca. All’inizio fu complicato perché quasi subito caddi in una depressione gravissima e pensai che la mia carriera scientifica fosse irrimediabilmente compromessa”. Come ne uscì? “Venni ricoverato in una clinica fiorentina e mi fu prescritta una lunga cura del sonno. Farmaci e psicoterapia hanno fatto il resto. Tornai a Napoli come nuovo per occuparmi della drosofila: un organismo minuscolo che è facile riprodurre”. La drosofila è una mosca. “Mosche, moscerini, in pratica insetti, su cui ho lavorato per 13 anni”» (Gnoli). «Al Cnr di Napoli, nel 1985, lei fece la sua più importante scoperta: i geni omeotici. “Andando a un convegno in Colorado, a causa di un tornado, trascorsi sette ore con degli scienziati americani che mi parlarono di questi geni trovati nella mosca drosofila. Tornato a Napoli mi venne in mente di verificare se questi geni erano presenti anche nei topi e nell’uomo. C’erano. In pratica scoprii che quei geni erano l’architettura del corpo di tutti gli animali superiori”. Eureka. “Una scoperta importante avvenuta grazie a una profonda riflessione, molto lavoro e… un gran colpo di culo”» (Zincone). «“La prima volta che a un convegno internazionale annunciai questa scoperta fui preso per uno scienziato troppo entusiasta per essere creduto”. Insomma, lei ha mostrato le affinità tra l’insetto e l’uomo? “Più o meno è così. Ricordo che usai l’immagine che Dante impiega nel decimo canto del Purgatorio quando dice che ‘noi siam vermi/ nati a formar l’angelica farfalla’”» (Gnoli). «Più avanti con gli anni, quando per tante ragioni il lavoro in laboratorio stava diminuendo, mi sono appassionato a quella che – secondo me – è la scienza più bella: la neurobiologia. E quindi mi sono formato in fretta e furia, come mio solito, una preparazione in merito: da qualcuno, devo dire, sono considerato una specie di punto di riferimento anche in questo campo» (ad Alessia Cosseddu). «Dopo gli anni napoletani che cosa ha fatto? “Ho insegnato alla Sissa di Trieste per quattro anni e infine al San Raffaele. Dai moscerini sono passato ai mammiferi. Ho lavorato sui neuroni corticali, facendo nuove e importanti scoperte. Ho scritto per le più importanti riviste scientifiche del mondo”» (Gnoli). «A questa carriera ha aggiunto una passione e una produzione molto ricche come poeta, letterato, classicista: le “due culture” non esistono, quindi? “Io sono ‘bramoso’, come dice mia moglie, ed esagerato: non mi sono mai negato nulla. Pensi che quando frequentavo l’università ho anche dipinto su ceramica e diretto un film come regista. I classici mi sono sempre piaciuti, soprattutto i greci. È una passione che coltivavo nei ritagli di tempo: poi, arrivato a cinquant’anni, chissà perché, mi sono deciso a tradurre tutti i lirici greci classici. Ci ho impiegato cinque anni, li ho tenuti nel cassetto per qualche anno ancora e poi li ho pubblicati. È un’attività che mi ha dato un enorme piacere, per quanto sembri che non abbia nulla a che fare con le altre mie attività”» (Cosseddu). Da alcuni anni Boncinelli, già affetto da problemi cardiaci e respiratori, convive con il morbo di Parkinson, «“che mi ha portato alla perdita del controllo del corpo. Ad esempio i muscoli della bocca, che sono tanti, non lavorano più di concerto e questo mi crea difficoltà nel mangiare. Per uno come me – che ancora si sogna la pastasciutta e invece deve ingurgitare minestrine – è un paradosso. E poi c’è la difficoltà del camminare”. […] Assume molte medicine? “Tantissime, e tutte in lite perenne con il mio stomaco. I farmaci mi stordiscono. Dormo spesso. Mi sveglio la notte, mi alzo e scrivo al computer”. Cosa scrive? “Per lo più aforismi. Mi piace la forma breve di scrittura”. E il giorno che fa? “Prima leggevo, ora neanche più quello. Mi dà fastidio. Dopo la terza riga sento montare la nausea. Gli amici dicono: ma come fai a scrivere? Non lo so. Lo faccio e basta. È la sola àncora che mi è rimasta, insieme ad Angela, mia moglie”. Avverte la disperazione? “No, solo un grande sfinimento come avessi un’ipoglicemia che non ho. Se dormo mi aiutano i sogni. Sono quasi sempre belli: scopro cose, vinco guerre, concludo affari remunerativi. Non sembro neanche io. Tranne quando compare una vecchia signora vestita di nero. Le dico non è ancora il momento e lei mi volta le spalle e se ne va”» (Gnoli) • «Quando chiedo a Edoardo Boncinelli […] chi sia stato il suo maestro, mi fa il nome del fisico Giuliano Toraldo di Francia. Ma poi spiega: “È stato più un maestro di vita che di scienza. Conosceva le lingue, leggeva molta letteratura, parlava di tutto”. Anche Boncinelli parla di tutto. Ha […] curato una raccolta di frammenti di lirici greci, ha dato alle stampe (in coppia con Giulio Giorello) un volume su William Shakespeare e sul Corriere della Sera si esercita spesso su temi non necessariamente legati alla sua principale materia di studio, cioè i geni» (Zincone). Tra i suoi libri I nostri geni. La natura biologica dell’uomo e le frontiere della ricerca (Einaudi, 1998), Pensare l’invisibile. Dal Dna all’inconscio (con Aldo Carotenuto; Bompiani, 2000), Tempo delle cose, tempo della vita, tempo dell’anima (Laterza, 2003), Le forme della vita. L’evoluzione e l’origine dell’uomo (Einaudi, 2006), Dal moscerino all’uomo: una stretta parentela (con Chiara Tonelli; Sperling & Kupfer, 2007), Il male. Storia naturale e sociale della sofferenza (Mondadori, 2007), Dialogo su etica e scienza (con Emanuele Severino; San Raffaele, 2008), I miei lirici greci. 365 giorni di poesie (San Raffaele, 2008), Lo scimmione intelligente. Dio, natura e libertà (con Giulio Giorello; Rizzoli, 2009), Perché non possiamo non dirci darwinisti (Rizzoli, 2009), Lettera a un bambino che vivrà 100 anni (Rizzoli, 2010), La scienza non ha bisogno di Dio (Rizzoli, 2012), Vita (Bollati Boringheri, 2013), Una sola vita non basta. Storia di un incapace di genio (Rizzoli, 2014), Contro il sacro. Perché le fedi ci rendono stupidi (Rizzoli, 2016), L’incanto e il disinganno: Leopardi. Poeta, filosofo, scienziato (con Giulio Giorello; Guanda, 2016), La farfalla e la crisalide. La nascita della scienza sperimentale (Cortina, 2018), Essere vivi e basta. Cronache dal limite (Guanda, 2020), Arcibaldone (Castelvecchi, 2022), Quando sarò vecchio (Di Renzo, 2022) • «Egli sente il peso del tempo, la vita che gli scivola tra le dita, l’affanno dei giorni che passano. Eppure non è un uomo infelice, non lo è almeno quanto lo fu negli anni giovanili. Dice di sentirsi come quei vecchi tranvai che sballottolano e rumoreggiano, ma in fondo hanno la strada segnata: “Sul piano intellettuale non c’è mai stato nulla che mi abbia spaventato; su quello fisico non c’è stato accidente che non abbia vissuto in maniera drammatica”. È un ansioso? “Lo sono al punto che una volta che ero con mia moglie a Tel Aviv, per paura di perdere l’aereo, arrivai all’aeroporto con sei ore di anticipo. L’ansia ha spesso sgovernato mia vita. […] Tra i venti e i venticinque anni sono stato preda di attacchi di panico. Poi la sindrome sparì. Un neurologo previde che prima o poi sarebbero tornati”» (Gnoli) • «Non si è mai rivolto a uno psicoanalista? “Certo che ne ho frequentati. Uno su tutti: Aldo Carotenuto”. Se non ricordo male, scuola junghiana. “Più eretico che junghiano. Non andavamo d’accordo su nulla. Eppure c’era reciproca stima. Siamo diventati amici. Nella sua eccentricità una volta mi disse ‘Edoardo, sarebbe ora che tu cambiassi mestiere e facessi lo psicoterapeuta’, e io gli ho anche dato retta”. Non ci credo. “Non sto scherzando. A un certo punto della mia vita mi sono diviso tra la genetica e la psicoanalisi. Ho curato pazienti che venivano da me depressi e dopo un po’ ricominciavano a vivere. Per circa vent’anni, quando ho potuto, ho aiutato chi stava male”. Per uno scienziato che, tra l’altro, si è anche occupato di neuroscienze, è difficile accettare la psicoanalisi. Lei come c’è riuscito? “Diciamo che mi sono concentrato sulla terapia”. Scartando cosa? “L’idea che la psicoanalisi possa essere una scienza, come credeva Freud. Rimozione o inconscio sono concetti inverificabili. Non si può credere a queste baggianate”» (Gnoli) • «I suoi libri parlano molto di vita. “Come potremmo prescinderne? È tutto quello che ci accade sia dal punto di vista biologico che da quello umano. La mia riflessione sulla vita è una sfida alla morte”. Che peso dà alla morte? “L’ho vista in faccia tre o quattro volte in questi anni. Però tutto quello che accade – anche la paura della morte – è paura della vita”» (Gnoli) • «Secondo me, non si può e non si deve parlare dell’anima, se non in senso metaforico. Io stesso utilizzo la parola “anima” nel senso di psiche o di animo. Non si può parlare di anima nel senso metafisico del termine, come qualcosa di aggiuntivo alla materia che ci sta in testa, o dentro il corpo, perché la scienza non ha mai incontrato qualcosa di simile» (a Maurilio Orbecchi) • «Fiorentino, adottato prima da Napoli e poi da Milano, Boncinelli parla con lieve cadenza toscana» (Zincone) • «Sono moderatamente tifoso del Milan» • «Il film preferito? “Ordet di Carl Theodor Dreyer e Storie pazzesche di Damián Szifrón”. La canzone? “Lucio Battisti mi fa impazzire”. Il libro? “Le Confessioni di sant’Agostino e la Critica della ragion pura di Immanuel Kant. In linea di massima preferisco rileggere un classico per la quinta volta che affrontare uno scrittore contemporaneo”. Il frammento greco che la emoziona di più? “Quello di Saffo sulla gelosia”. Qual è il libro che ha letto più volte? “I promessi sposi di Alessandro Manzoni. L’ho affrontato una ventina di volte. Qualche anno fa lo sapevo praticamente a memoria”» (Zincone). «A me Kafka non piace. Troppo complicato, troppo astratto, troppo intellettuale. […] Ci sono romanzi, come L’uomo senza qualità, in cui non arrivo alla ventesima pagina. Stramazzo. Rinuncio. E poi tiro un sospiro di sollievo. Ma ci sono anche autori come Hemingway, Steinbeck, Camus che ho amato. E poi i miei greci» • A proposito della nomina della biologa Elena Cattaneo a senatrice a vita: «La nomina della Cattaneo a Palazzo Madama è dovuta a una questione di genere. Non c’è un’altra spiegazione. Credo sia stato uno dei pochi inciampi di Napolitano» • «È giusto porre dei limiti all’utilizzo della biogenetica? “I limiti andrebbero discussi caso per caso, come fanno gli anglosassoni. E non in maniera ideologica, come facciamo noi su qualsiasi argomento”» (Zincone). «“Non vedo un solo motivo sulla terra per proibire la clonazione animale. Quanto a proibire quella dei topi, lo trovo addirittura ridicolo”. A proposito dei cibi geneticamente modificati dichiara: “La verità è che l’uomo lo ha sempre fatto: sono dodicimila anni che manipola i cibi. Solo che prima lo faceva male, empiricamente, a casaccio. E ora lo fa bene…”» (a Gian Guido Vecchi) • «Mi ricordo benissimo che quando avevo otto anni mi stavo lavando i denti e pensai che non c’erano ragionamenti in difesa dell’esistenza di un destino. Non ho cambiato idea» (a Vittorio Macioce). «Tre componenti […] insieme sono determinanti: i geni, la biografia, e il caso. Non riconosco il destino, ma la casualità sì» (a Bruna Magi). «Lei attribuisce al caso grande importanza. “Chi nega l’importanza del caso non ha capito nulla della vita”. Non esageri. “Nella ricerca subatomica il caso è di casa. Nella fisica quantistica si racconta che gli eventi sono casuali. Ma la gente non ci crede. Gli esseri umani hanno bisogno di illudersi che tutto sia spiegabile. Ma non è così”» (Zincone) • «I suoi consigli per vivere meglio? “Pochissimi perché ogni canale televisivo, ogni rivista, ogni stupido dà dei consigli, e io mi sono proprio stufato. Se devo condensare in poche parole quello che suggerisco è: mangiare di tutto con moderazione, fare sport senza esagerare, adoperare il cervello senza paura di esagerare”» (Monica Onore) • «A cena col nemico? “Con un filosofo. Massimo Cacciari”. Perché? “Perché parla a vanvera. Malgrado la mia passione per la filosofia, moltissimi filosofi mi stanno antipatici: credono di sapere e quindi ci imbrogliano. Quello che si sa, lo ha scoperto la scienza. Il resto non si sa. Punto”» (Zincone). A proposito della filosofia: «“La amo perché mi diverte. È una grande tavolozza che mostra quante cose abbia inventato il cervello umano che non hanno nulla a che fare con la realtà”. Intende dire che è tutto falso? “È come un’opera d’arte, anche se devo ammettere che l’arte risulta più bella. La filosofia in compenso è estremamente interessante. È una palestra di pensieri vari e astrusi. D’altronde era già stato detto nel passato, che non c’è idea tanto bislacca da non essere stata proposta da qualche filosofo. Ammetto che ho una certa sfiducia nel potere conoscitivo ed educativo di questa disciplina”. In cosa ha fiducia allora? “Nella scienza sperimentale. Anche se ha solo quattro secoli di vita, è l’unica su cui si possa fare affidamento. Parlo di affidamento, non mi azzardo a usare la parola verità”» (Elena Dusi) • «Boncinelli scienziato come si giudica? “Forse avrei potuto fare di più. Anzi senz’altro. Ma sono soddisfatto del cammino percorso. Nasco fisico, passo alla biologia e infine alle neuroscienze”. […] Ha mai pensato di vincere il Nobel? “Mi dicono che ci sono andato più volte vicino. Tre Nobel per la biologia sono stati dati in relazione allo sviluppo dei moscerini e agli aspetti che hanno in comune con gli animali superiori”. […] Si sente realizzato dal punto di vista della ricerca? “Credo di aver prodotto cose importanti ma al tempo stesso temo che quel po’ di notorietà raggiunta mi abbia distolto dalla ricerca. Negli ultimi anni non sono stato così soddisfatto della mia vita professionale”» (Gnoli) • «Qual è l’errore più grande che ha fatto? “Forse non fare il medico. Da ragazzo non avevo idea che si diventasse ricchi con la medicina”» (Zincone).