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 2024  maggio 24 Venerdì calendario

Biografia di Emma (Emmanuela Marrone)

Emma (Emmanuela Marrone), nata a Firenze il 25 maggio 1984 (40 anni). Cantante. Oltre due milioni di dischi venduti. «Non ho ancora capito chi voglio essere. Vorrei essere tutto» (a Silvia Fumarola) • «Sono nata fragilissima, strozzata da quattro giri di cordone ombelicale» (a Paola Jacobbi). «Avrei dovuto chiamarmi Chiara. Poi però Chiara Marrone, “per gli amici Beige”, sarebbe stato fonte di prese in giro continue. Mia madre stava partorendo. E nessuno sapeva come chiamarmi. Alla fine fu proprio lei a decidere: Emmanuela, che in ebraico significa “Dio è con noi”. Viste le difficoltà del travaglio, infatti, se in quel momento non ci fosse stato un aiuto divino saremmo schiattate tutte e due» (ad Andrea Spinelli). Prima dei due figli di Rosario Marrone, infermiere e musicista amatoriale, e Maria Marchese, casalinga, dopo un primo periodo trascorso a Sesto Fiorentino si trasferì con la famiglia ad Aradeo, in provincia di Lecce, terra d’origine dei genitori. «Ricordi il tuo primo concerto? “Da spettatrice? Francesco De Gregori, al porto di Gallipoli. Stavo passeggiando con mio padre. Ho visto la locandina appesa per strada e gli ho detto: ‘Ehi, lui è il signore che mi fai cantare. Mi ci porti?’”. Tuo padre ti faceva cantare le canzoni di De Gregori? “Ho cominciato così: un giorno ero nella mia cameretta e stavo cantando le mie preferite: Mina, Patty Pravo… Mio padre mi ha sentita e mi ha chiesto di esibirmi con una sua vecchia band, I Tulipani Neri”. Quanti anni avevi? “Una decina. La voce era la stessa che ho adesso”. Una bambina orco. “Ahahah. Stesso timbro. Basso. Guarda…”. Emma tira fuori una foto in bianco e nero un po’ sgranata. C’è lei undicenne, con una camicia a scacchi e l’aria un po’ imbarazzata, circondata dal gruppo musicale del padre: “Mi vergognavo molto. Ero un po’ sociopatica. Cantavo con le mani in tasca e la testa china, non guardavo mai il pubblico”. Dove vi esibivate? “Locali, feste di piazza, matrimoni, battesimi…”» (Vittorio Zincone). «Non sono mai stata una bambina in cerca di attenzioni, quella che sale sulla sedia per mettersi in mostra». «Io da piccola non volevo neanche fare la cantante. Non rientrava nei miei sogni. Mi immaginavo campionessa di ginnastica artistica. Ha fatto tutto mio padre. […] Poi i sorrisi della gente, gli applausi… e ci sono caduta dentro» (a Giuseppe Videtti). «Ho iniziato come corista; con il tempo ho scalato le posizioni della band fino a vedermi assegnati i pezzi più complicati: da Mina a Patty Pravo, fino a Vasco Rossi. Abbiamo cambiato una serie infinita di nomi, da Karadreon ai Tulipani Neri, infine H2O, perché ogni volta che andavamo a suonare pioveva. Da adolescente ho iniziato con altre band, ma solo a un patto: dovevo mettere in ordine le date, la precedenza assoluta era sempre per mio padre. Non si discuteva al riguardo. Sono finita a cantare in certi matrimoni…» (ad Alessandro Ferrucci). Ai tempi del liceo classico, «ero un po’ ribelle, un po’ diversa dal canone delle ragazzine del tempo in Salento. Il piercing, i tatuaggi, i capelli di mille colori… Poi frequentavo solo musicisti e band con cui suonavo. Gente che era ancora più strana di me. Non andavo in villa, allo struscio. Ero sempre chiusa in una cantina o in un pub, a suonare o a sentire suonare gli altri» (a Massimo Coppola). «Dopo il liceo mi sono messa subito a lavorare e ho fatto di tutto, perché l’indipendenza economica è importante. A casa mia, di soldi, non ce n’erano, ma io e mio padre abbiamo sempre avuto la passione per la musica, ho sempre cantato. […] Credevo in me, ma nel mio talento credeva soprattutto mia nonna Donata, una donna speciale». Nel 2003 partecipò al programma di Italia 1 Superstar Tour, dove costituì insieme ad altre due ragazze il gruppo delle Lucky Star. Dopo la pubblicazione di un singolo (Stile) e di un album (LS3), però, il trio finì per sciogliersi, e la Marrone tornò in Salento, «per guadagnarmi da vivere, lasciando alla musica le pause pranzo e i dopocena, cantando nei locali per poco o niente. […] Facevo la commessa in un negozio di abbigliamento di Aradeo». «“A 20 anni non sapevo chi ero, cosa volevo fare”. Così la cantante Emma Marrone ha deciso di “fare un’esperienza come volontaria nel servizio civile”. Si occupava di anziani e di bambini con situazioni più o meno gravi. È lungo questo percorso che “mi sono responsabilizzata. Poterli aiutare mi faceva sentire umanamente e socialmente utile”» (Davide Gorni). Nel 2007 formò un nuovo gruppo musicale, i MJUR (Mad Jesters Until Rave), e l’anno successivo «registriamo a Torino un disco autoprodotto. Per un anno facciamo su e giù sui treni di notte, siamo morti di fame per amore della musica. Esce il disco e piace, ci chiamano per i concerti ed è pronto un mini-tour. Il mini-tour non parte mai perché io comincio a star male. Sono sempre stanca, si bloccano alcune funzioni vitali, non mangio, arrivo a 40 chili, sento un peso enorme dentro di me. I medici scoprono che nell’utero ho una grande massa. Tumorale. E maligna. Sono operata d’urgenza a Roma. L’intervento dura sette ore e riescono a salvarmi l’utero. Quando mi sveglio ho un lungo taglio, ma sono già un’altra persona». «Mi sono operata nel marzo 2009. Per molte settimane ho dovuto portare il busto con le stecche. Mio padre era preoccupatissimo e cominciò a cercarmi un impiego stabile come commessa in un negozio. Lo avevo già fatto. Avevo anche servito in alcuni bar. Dissi a mia madre che la mazzata al mio sogno artistico era stata fortissima e che quindi dopo l’estate avrei accettato il lavoro trovato da papà. Mia madre però, di sua iniziativa, decise di chiamare Amici. Perché, quando dovevo andare a registrare il disco a Torino, lei, preoccupatissima, aveva avuto un confronto duro con mia nonna: nonna le disse che non avrebbe dovuto impedirmi di partire. Perché negarmi la possibilità di usare un dono di Dio sarebbe stato un peccato verso il Signore. Quindi mia madre chiamò Amici, e loro mi convocarono». «Mentre facevo Amici non mi rendevo conto di quello che sarebbe successo. […] Mi ricordo che leggevo i nomi dei locali in cui suonavano le star e pensavo che volevo andarci anche io. Volevo suonare davanti a tanta gente. […] A me importava solo di poter cantare dal vivo davanti a 5 milioni di italiani. Cazzo. Mi ha cambiato la vita». Nel marzo 2010, due settimane prima di vincere la nona edizione di Amici, pubblicò con la Universal il suo primo ep da solista, Oltre, con cui riuscì rapidamente a scalare le classifiche e a conquistare il disco di platino, per poi attestarsi, secondo la classifica annuale Fimi, al secondo posto tra gli album più venduti in Italia nel 2010, dopo Arrivederci, mostro! di Ligabue e prima di Inaspettata di Biagio Antonacci. Seguirono la partecipazione ai Wind Music Awards, il primo ciclo di concerti (dal titolo salentino «Ahi ce sta passu») e, nell’ottobre 2010, il primo album in studio da solista, A me piace così. Nel 2011 la prima partecipazione al Festival di Sanremo, insieme ai Modà, col brano Arriverà, giunto al secondo posto dietro Chiamami ancora amore di Roberto Vecchioni. Dopo il grande successo del nuovo album Sarò libera (2011), l’anno successivo vide la sua definitiva consacrazione sul palco dell’Ariston, con la vittoria conquistata, da sola, con Non è l’inferno. Da allora, nuove partecipazioni televisive – soprattutto ad Amici (ora nelle vesti di concorrente nella categoria «Big», ora in quelle di direttore artistico di una delle squadre in gara), ma anche a X Factor, tra i giudici della XIV edizione, e al Festival di Sanremo (a seconda dell’edizione, in qualità di concorrente, di valletta o persino di superospite) –, nuovi album (Schiena nel 2013, Adesso nel 2015, Essere qui nel 2018, Fortuna nel 2019, Souvenir nel 2023) e nuovi cicli di concerti, tra numerosi successi e qualche delusione, come il ventunesimo posto (su ventisei partecipanti) rimediato all’Eurovision Song Contest 2014 con La mia città e il quattordicesimo (su trenta) ottenuto al Festival di Sanremo 2024 con Apnea. Non sono mancate neppure le traversie. «La peggiore è stata la morte di papà Rosario. […] C’è stata anche la lunga strada della malattia, ripresentatasi per la terza volta nel 2019, ma per fortuna “ho potuto congelare il tessuto ovarico: il problema è che molte donne non lo sanno, e così non potranno più diventare madri”. […] Accanto ai dolori ci sono però le soddisfazioni. Come cantare a Imola davanti a Vasco, senza ricevere addosso quelle “buste con la pipì che temevo mi lanciassero i suoi fan”» (Marina Cappa) • Qualche esperienza cinematografica, principalmente in Gli anni più belli di Gabriele Muccino (2020) e Il ritorno di Stefano Chiantini (2022). «Voglio continuare entrambe le strade, di cantante e attrice: non riesco a dire di no quando le cose mi fanno gola e posso mettermi in gioco. La vita è una e io voglio fare tutto ciò che posso, tanto più dopo questo periodo nero» • Alle spalle alcune note e travagliate relazioni sentimentali (col ballerino Stefano De Martino, conosciuto ad Amici, con l’attore Marco Bocci e con l’ex calciatore Fabio Borriello) • «Da ragazzina ho avuto problemi di sviluppo, ero magrissima e senza seno. Non mi sono mai posta il problema di piacere ai maschi, non facevo lo struscio in paese per farmi guardare perché sapevo che non mi avrebbero guardata». «La mia non è mai stata un’insicurezza estetica, è insicurezza emotiva, che colmo lavorando tanto» • Si definisce una «persona paranoica, molto ipocondriaca, che ha paura di tutto, […] a cominciare dalla paura di morire. Sì, ho una tremenda paura di ammalarmi. […] Con un padre che lavorava al pronto soccorso, la paura delle malattie me la porto addosso fin da bambina. A forza di responsabilizzarmi sui rischi della salute, papà m’ha un po’ traumatizzata» • Molto attiva in numerose campagne di ambito sociale. «Ho abbracciato molte cause, fin da quando ero piccola: ero rappresentante d’istituto a scuola, un punto di riferimento per i compagni, mi sono sempre fatta portavoce di battaglie in cui credo e che vorrei, prima o poi, che questa società vincesse. Per me è importante metterci la faccia, soprattutto se farlo significa arrivare a più persone possibili e contribuire a divulgare un messaggio importante. La violenza contro le donne, la difesa dei diritti delle persone, il cyberbullismo… questi sono solo alcuni dei temi che mi stanno a cuore. In questi anni ho cercato di sensibilizzare molto anche sulla salute e sulla prevenzione, lasciando testimonianza diretta della mia esperienza» (a Maria De Filippi) • Vari tatuaggi sul corpo, tra cui, sull’avambraccio destro, il nome «Uccia», diminutivo usato per sua nonna Donata, e sul sinistro la scritta in francese «Je m’en fous». «È un tatuaggio che abbiamo uguale io, mio padre e la mia manager, Francesca. […] Si traduce “Me ne fotto”». «La tanta gavetta e i guai di salute mi hanno insegnato a fare tutto quello che mi passa per la testa, fregandomene, di quello che pensano gli altri» • «Ho visto che durante il lockdown ha cucinato moltissimo. “Lo faccio sempre, da sempre. Quando ero piccola, mia madre e mia nonna mi mettevano in mano le patate da pelare, e così ho imparato presto a cucinare: capii subito che preparare da mangiare era un modo per fare felici gli altri. L’esempio che osservi da bambina diventa ciò che sei, no? Ora, quando invito i miei amici a cena cucino per loro tutto quello che so fare: l’idea di farli godere così mi fa impazzire”» (Simonetta Sciandivasci) • «Vista da vicino, Emma ha una parlantina notevole e sguardi diretti che non la tirano in lungo, si espone senza difendersi troppo, è come una piccola tigre disinvolta, consapevole del suo coraggio. Ci ha messo un po’ per arrivare a questo, racconta di un’infanzia e di un’adolescenza “con una fame atavica di sicurezze” e ammette: “Da quando sono nata provo a rammendare buchi di fragilità e solitudine, la musica mi serve a questo, non faccio questo lavoro per avere ma per essere. […] Tuttora, in concerto, preferisco avere le luci in faccia per non vedere i volti delle persone. Non perché non ami il pubblico, ma perché vedere le emozioni altrui mi commuove, mi scombussola, e farei fatica a cantare”» (Jacobbi). «Una ragazza di provincia, fattiva ed emotiva. Chiara e decisa. Dritta, dice lei andando dritta» (Sciandivasci) • «Lei è un paradigma della musica senza steccati del Terzo millennio: salta con disinvoltura dagli studi tv al fianco di Maria De Filippi al palco del Primo Maggio tarantino, quello più engagé, dove i Modena City Ramblers cantano Bella ciao» (Zincone) • «Per me la musica è Vasco». «Un idolo che però, per età, potrebbe essere suo padre. “Oh, ma Vasco è molto figo e molto sexy! E poi è un artista onesto, che è caduto e si è rialzato, che è sincero con il pubblico. Nel 2005 io sono scappata di casa e ho dormito in tenda morta di fame per andare a sentirlo. Lo guardavo, guardavo la folla intorno a me e pensavo: io voglio questo. Eccomi”» (Jacobbi) • «Arrivo da una famiglia in cui non mi sono sentita dire spesso “brava”, e quindi avverto la necessità di ricevere conferme dagli altri. Sì, diciamo che quella del consenso è una fragilità. E che, nel corso della carriera, questa ricerca spasmodica di approvazione non è stata pienamente soddisfatta: mi sembra di averla ricevuta sempre con il freno a mano un po’ tirato». «Ho bisogno del contatto con il pubblico, ho bisogno di sentire che mi dicono “brava”. I dischi, la tv, le interviste mi servono solo per arrivare a cantare dal vivo. Senza le scalette del palco, piuttosto mi do fuoco». «Il palco è la mia cura. C’è chi va dall’analista, io salgo sul palco. […] Ogni volta mi si blocca il cuore e tutto il resto. Poi però mi sciolgo, divento me stessa. […] Sono fatta così. Non cedo, non faccio compromessi. Dico sempre la verità. Non ci posso fare niente: sono stata concepita senza filtro. […] Sono orgogliosamente terrona» (a Giuseppe Di Piazza) • «Io stavo bene sia in cantina che davanti alla telecamera. Non deve essere una colpa volere sempre di più. Perché voglio morire felice. Voglio suonare in posti ancora più grandi, voglio sperimentare cose nuove. Voglio di più» «Ha dei rimpianti? “Nemmeno per sogno. Ho sempre fatto tutto con grande convinzione, anche gli errori. Sono un’impunita: se tornassi indietro rifarei tutto daccapo, incluse le cose che mi hanno fatta soffrire”» (Sciandivasci).