La Stampa, 22 giugno 2024
Mosca pronta ad armare Pyongyang e Kim alza un muro tra le due Coree
taipei
Vladimir Putin ha concluso il suo viaggio in Asia. Ma in Asia la destabilizzazione potrebbe essere solo all’inizio. Ad accendersi è il confine tra le Coree, subito dopo che il capo del Cremlino ha firmato con Kim Jong-un un accordo di assistenza militare immediata in caso di «aggressione esterna». Immagini satellitari mostrano che la Corea del Nord sta costruendo un muro nella zona demilitarizzata, un’area cuscinetto larga quattro chilometri che dal 1953 separa le due Coree. La manovra potrebbe rappresentare una violazione della tregua con la Corea del Sud, costretta ieri per la terza volta in pochi giorni a sparare colpi di avvertimento verso dei militari nordcoreani che avevano oltrepassato il confine. A Seul il timore è che, sentendosi le spalle coperte da Putin, Kim possa provare azioni più audaci dei già numerosi test missilistici e satellitari. Nelle scorse settimane ha inviato al Sud diverse centinaia di palloni aerostatici pieni di rifiuti e letame, in risposta ai volantini di propaganda degli attivisti anti regime. Il leader supremo ha inoltre convocato nei prossimi giorni una riunione dei vertici del Partito del Lavoro. Possibile venga ufficializzato l’emendamento alla Costituzione che etichetterà la Corea del Sud «nemico principale e immutabile», rinnegando lo storico obiettivo dei negoziati per la riunificazione.
Seul ha convocato l’ambasciatore russo per chiedere lo stop alla cooperazione con Kim, Mosca ha risposto che non accetta «minacce e ricatti». Putin non ha escluso l’invio di armi a Pyongyang. Una minaccia in risposta all’apertura del presidente Yoon Suk-yeol all’export militare in Ucraina. Il governo sudcoreano, dopo anni di pressioni da Usa e Nato, ha annunciato la possibile revisione della legge che impedisce l’assistenza a Paesi coinvolti in conflitti. L’interconnessione tra fronte europeo e orientale non è mai apparsa così vicina.
La situazione preoccupa anche la Cina. Il rapporto tra Xi Jinping e Kim non è idilliaco. Xi è il primo presidente cinese ad aver visitato Seul prima di Pyongyang. E il leader supremo non avrebbe apprezzato i complimenti dei media cinesi a sua sorella, la potente Kim Yo-jong, dopo l’incontro del 2019. Ma la priorità strategica di Pechino è da sempre il mantenimento dello status quo nella penisola coreana. Con un collasso di Kim, rischierebbe di ritrovarsi al confine i circa 30mila militari americani di stanza in Corea del Sud.
Xi sta provando a evitare di essere percepito parte di un’alleanza trilaterale con Kim e Putin. Non solo una delegazione di Pechino era a Seul per un vertice di sicurezza mentre il presidente russo andava a Pyongyang, ma ieri Reuters ha svelato che Cina e Stati Uniti hanno ripreso i colloqui sugli armamenti nucleari dopo un silenzio di cinque anni. Pechino avrebbe assicurato che non farà ricorso a minacce atomiche su Taiwan. Interessante che la notizia trapeli poche ore dopo che Putin ha annunciato dal Vietnam che abbasserà la soglia per l’uso delle armi nucleari.
Cina e Russia sono unite in un matrimonio di convenienza nel confronto con gli Usa. Ma, tra le righe, il viaggio di Putin pare quasi una dimostrazione di autonomia strategica rispetto al suo senior partner. Quasi come se fosse disposto a «gettare benzina sul fuoco» delle tensioni nel vicinato di Xi, per provare a tirarlo fuori dall’ambiguità e ottenere un maggiore sostegno. —