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 2024  giugno 22 Sabato calendario

Intervista a Giovanna Botteri

Scatoloni sparsi per casa, e molti altri in arrivo da Parigi.
Qual è la prima cosa da pensionata che ha voglia di fare?
«Un corso di surf».
Del resto da Giovanna Botteri, 67 anni appena compiuti, che cosa ti vuoi aspettare? Il temperamento, la voce, l’energia raccontano una donna giovane, nel mezzo della vita, che ha solo chiuso un capitolo, e sta per cominciarne un altro, niente affatto noioso.
Qualche giorno fa è tornata a casa, a Roma.
«Sì, aspetto il camion con mobili e oggetti. Sono venuta via da qui 25 anni fa: New York, Pechino e, ultima tappa, Parigi che ho lasciato pochi giorni fa. Sono legatissima a questa casa, a Monteverde vecchio, mia figlia è andata qui a scuola».
Una pensionata con una nuova vita davanti...
«Mi sento come una divorziata che torna sul mercato... Siamo privilegiati perché siamo pensionati pimpanti. Ho da poco intervistato un uomo di 101 anni che si stava sposando con una di 96».
Si vuole innamorare?
«Certo, sempre. L’età non vuol dire più niente».
Professionalmente dove ha lasciato il cuore?
«A Sarajevo. Ero l’unica giovane donna con una figlia. Noi donne abbiamo cambiato la narrazione: abbiamo raccontato la guerra di chi la subisce; delle madri che devono cercare il cibo e tenere i figli al sicuro; degli stupri etnici».
Vivere la maternità così a distanza: chi l’ha aiutata?
«Mio papà è stato fondamentale. C’è un rischio in questo mestiere e c’è una adrenalina permanente, ma un figlio ti fa stare coi piedi per terra: devi tornare a casa viva e tenere la testa lucida».
E se sua figlia avesse detto: «Mamma, torna»?
«L’ha detto, e sono tornata. Ero in Afghanistan con Maria Grazia Cutuli (giornalista del Corriere della Sera uccisa nei pressi di Kabul, ndr). La sera mi ha chiamato la mia Sarah piangendo e io non mi sono aggiunta al convoglio di Maria Grazia, ho preso un’auto per l’aereoporto per tornare a Roma. E mi sono salvata, la vita è incredibile».
Poi è cominciata l’avventura delle corrispondenze: New York, Pechino, Parigi. Anni in cui è entrata nelle case degli italiani fino a diventare un volto molto amato. Quand’è stato il «salto»?
«Sicuramente quando da Pechino ho raccontato il Covid. L’ho raccontato agli italiani prima che succedesse in Italia. E quando si sono visti i camion militari e quelle scene strazianti dei morti soli in ospedale, io stavo raccontando un Paese che ne stava uscendo. Forse ho rappresentato la speranza».
La pandemia vissuta in Cina deve essere stata tremen da. I sentimenti che ricorda?
«Tanta solitudine e angoscia. Un Paese fermo, sospeso, dove si parlava solo mandarino e non inglese, spesso con il filo spinato attorno alle case. Quando percorrevo il tratto di strada da casa all’ufficio avevo il terrore che mi fermassero per strada: ti provavano la febbre e se ne avevi anche poca, ti mandavano in un “Covid centre” e sparivi. Con il fuso orario, lavoravo di notte e l’angoscia cresceva».
Negli ultimi anni l’hanno invitata in tanti programmi di infoteinment...
«Ho grande stima del pubblico televisivo che giustamente si gode un po’ di leggerezza e ho grande stima dei colleghi che si occupano di questo, senza cadere nel trash. Non è facile. Penso a Matano, Venier, De Filippi: bravissimi».
Qualche tempo fa ci fu il caso-Striscia, poi chiarito: si faceva riferimento ai suoi capelli arruffati, e in generale al suo stile molto basico.
«Di quell’episodio ricordo che cominciò a scrivermi tanta gente che era stata presa in giro per il proprio aspetto fisico. Ho capito che c’è un grande bisogno di essere accettati, di essere amati anche con le proprie imperfezioni. A maggior ragione ho voluto tenere il punto e dire: anche andare in onda coi capelli arruffati, va bene lo stesso. Ragazze vogliatevi bene così come siete».
Non parla mai d’amore.
«Si parla sempre d’amore, mia figlia è una figlia dell’amore».
Sarah è nata dal legame tra lei e il giornalista Lanfranco Pace, ex leader di Potere Operaio, accusato di essere un fiancheggiatore del «partito armato» delle Brigate Rosse. Una storia complicata?
«Lanfranco è mancato pochi mesi fa. Ci siamo conosciuti a Parigi: io studentessa universitaria, lui giornalista a Libération. Ci divideva tutto. Io sono arrivata molto più tardi rispetto a quel suo passato. Non so davvero cosa ci ha unito, credo che l’amore sia questo: non capisci, non c’è ragione, ma accade. Dal nostro amore è nata Sarah ed è la cosa più bella».
Nel 2021 Amadeus l’ha chiamata a Sanremo.
«Fino all’ultimo ho pensato che ci avrebbero ripensato, che era uno sbaglio. Invece no. Ho solo chiesto di non scendere dalla scalinata. È stato figo essere lì tutta elegante, tutta truccata!».
Una amica-collega?
«Federica Sciarelli, siamo state assieme al Tg3, siamo grandi amiche. È una persona fantastica. Sono legata anche a Gabriella Simoni inviata di guerra di Mediaset».
Lei e la Rai: decenni di servizio pubblico.
«Mio papà lavorava alla Rai, per me la Rai è famiglia e resterà tale. La Rai sono tutti i giornalisti, le maestranze, non sono i dirigenti che vanno e vengono».
Suona come un addio.
«Diciamo che In altre parole sarò su una nuova rete...».
Torna in tv nel programma di Gramellini su La7?
«Sì, è stata una scelta naturale. Del resto ora sono una donna libera».