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 2024  giugno 21 Venerdì calendario

La bambina coraggio che fa ricorso contro la mamma



biella
Non ha mai potuto essere una bambina. A dieci anni doveva pulire casa, fare da mangiare. Se ne stava sola, abbandonata per intere giornate al bar del paese, là dove ha incontrato l’uomo che ha abusato di lei. Ma quando un giudice ha assolto sua madre dall’accusa di averle negato la vita dei suoi coetanei, Monica ha detto basta. Vuole che qualcuno paghi per averle rubato l’infanzia. Oggi ha 14 anni. Il suo tutore legale, insieme con l’avvocato che la assiste, Mauro Scaramozzino, ha presentato ricorso contro la sentenza di primo grado.
Bioglio è un paesino di neanche mille abitanti nel Biellese, di quelli dove tutti dovrebbero conoscersi e sembra impossibile possa fare da sfondo a violenze e abbandoni. Invece per lei, che da poco ha ritrovato un po’ di serenità in una comunità protetta, la vita è girata storta fin dall’inizio: un padre che non c’è mai stato, non ha mai contribuito alle spese di casa, neanche si faceva sentire. E una madre, che oggi ha 55 anni, che viveva di espedienti: tanto tempo nei bar, i pochi soldi in tasca bruciati alle slot machine. Una donna sola. E anche sfortunata: l’unica cosa che aveva, la sua casa, finisce distrutta in un incendio. E poi c’è quell’uomo di 75 anni: fa il massaggiatore per i bambini delle squadre sportive della zona e per chi ne ha bisogno. La mamma di Monica lo incontra per caso, ha mal di schiena, si fa trattare. Con lei c’è la figlia. L’uomo la incontra di nuovo al bar del paese, là dove la mamma la abbandona per intere giornate. La convince a farsi massaggiare: la fa spogliare, la tocca, abusa di lei. Sua madre nemmeno la ascolta. Eppure ci sono quei graffi sul corpo, i segni di chi ha provato a difendersi. «Ma no, avevo le unghie un po’ lunghe», si schermisce lui. E la chiude lì.
Anche la mamma di Monica la chiude lì: «Lascia stare, abbiamo già tanti guai». Chi invece non si gira dall’altra parte è Anna, la barista: è già preoccupata perché quella bambina troppo spesso resta da sola al bar, accoglie il suo sfogo, le sue lacrime. «Mi ha fatto tanto male». Anna capisce subito, chiama i carabinieri. Basta qualche mese d’indagine, l’anziano finisce a processo: verrà poi condannato a sei anni. Ma davanti al giudice finisce anche la mamma di Monica, perché il racconto della bambina elenca una lunga serie di violenze e sopraffazioni da parte di quella donna che «beveva tanto vino bianco e pochissima acqua», a volte la lasciava per ore in macchina ad aspettare. E poi la picchiava: «Sei proprio dura, come tuo padre». E la faceva pulire, cucinare, stirare, badare agli animali, vivere in una casa dove a volte mancava la corrente elettrica e i soldi sparivano subito. «Mamma giocava alle macchinette i soldi che ci dava lo zio e poi quando non li trovava più dava la colpa a me».
Un racconto terribile, ma Monica ha soltanto dieci anni e a volte si confonde, si contraddice. Il pm di Biella chiede tre anni di reclusione per la madre ma secondo il giudice «non è possibile affermare che vi sia stato un uso sistematico della violenza». E l’assolve. Ma Monica ora ha 14 anni, non è più una bambina, non lo è ma stata. E chiede giustizia.