la Repubblica, 21 giugno 2024
“Il Corano è dalla parte delle donne”. Parla la studiosa pakistana Asma Barlas
Una donna velata, anni fa, in un campo profughi al confine tra la Croazia e la Slovenia, mentre l’acqua scendeva a catinelle e lei si cambiava i vestiti fradici con quelli che le porgevo, mi guardò mi disse: «So che in nome della mia fede vengono commesse terribili violazioni dei diritti delle donne. Ma l’Islam appartiene anche a me». L’hijab, il velo indossato dalle donne musulmane come segno di modestia e devozione religiosa, ha scatenato nel dibattito occidentale degli ultimi due decenni una vera hit parade.Mentre per alcuni è simbolo di espressione e identità culturale, altri sostengono sia una forma di oppressione patriarcale esercitata sulle donne. Alcune di loro lo portano, altre no. Alcune si definiscono musulmane femministe, altre solo musulmane e rivendicano un Islam che non discrimina le donne, ma che si presta alla politica per controllare la società. Tra queste ultime ci sono donne che hanno lasciato i propri paesi in cerca di libertà politiche loro negate, ma proprio in nome di quella libertà si ribellano al pregiudizio che trasforma temi sensibili in stereotipi con il rischio di trasformarli in una diversa forma di controllo e oppressione.Ne abbamo parlato con Asma Barlas, professoressa emerita e direttrice del Center for the Study of Culture, Race and Ethnicity presso l’Ithaca College di New York. Asma è una pensatrice pakistana che ha incentrato la sua ricerca su un’ermeneutica coranica volta a decostruire le letture tradizionali dei testi sacri dell’Islam attraverso lo strumento dell’analisi testuale.Cominciamo dalle definizioni.Si definisce una musulmana non femminista, perché?«Sì, mi identifico come una donna credente, secondo la lingua coranica, una Muslimah. Questo perché la mia prima comprensione del Corano si è formata durante l’adolescenza (in Pakistan), mentre i primi testi femministi che ho letto datano aimiei trentacinque anni (negli Stati Uniti). Non sono quindi arrivata al Corano attraverso la lente del femminismo. Tuttavia, nonostante la mia percezione che il testo coranico avesse la visione di un’uguaglianza di genere e non fosse maschilista, come affermavano i musulmani intorno a me, mi era mancato il linguaggio concettuale per affermarlo finché non mi sono confrontata con le opere di alcuni religiosi (ebrei e cristiani) e di alcune femministe laiche sul patriarcato. Per questa ragione riconosco un importante debito intellettuale nei confronti di alcuni contributi delle teorie femministe. Essendo i miei studi incentrati sul Corano riguardano per lei, in base a un sillogismo, anche il femminismo. Tuttavia mi chiedo perché i miei studi debbano essere di facile lettura solo alle femministe occidentali».Sta suggerendo che essere femminista sia incompatibile con l’essere musulmana?«Affatto! Molte donne musulmanesi qualificano come femministe anche se, ovviamente, non tutte le femministe musulmane sono religiose. In effetti, c’è chi mette addirittura in dubbio la convinzione islamica che il Corano sia la parola di Dio. Quindi, proprio come non esiste un unico femminismo in Occidente, non esiste nemmeno un unico femminismo islamico/musulmano. Per quanto riguarda poi quelle femministe che affermano che il Corano privilegi gli uomini, temo che confondano il testo sacro con le sue interpretazioni patriarcali.Parte del mio lavoro, cerca proprio di spiegare perché tali interpretazioni non siano solo discutibili su basi testuali, ma siano anche teologicamente infondate. Ad esempio, rispetto alla questione del privilegio maschile, il Corano afferma che Dio abbia ha creato donne e uomini dalla stessa nafs (anima) il che significa che sono ontologicamente uguali. In altre parole, il Corano non descrive le donne come derivate dagli uomini, in analogia con il racconto biblico della derivazione di Eva dalla costola di Adamo.Ancora più significativo, il Corano afferma che Dio è increato, incomparabile, il che suggerisce pertanto la sua assenza di genere».Qualificarsi come femminista musulmana comporta la possibilità di sostenere una visione patriarcale del Corano?«Molte femministe musulmane laiche sostengono le interpretazioni patriarcali del Corano per scoraggiare le donne musulmane dal “fare appello” alla sua autorità. Il loro programma sembra essere quello di secolarizzare il Corano nella speranza che ciò apra la strada all’ottenimento di diritti che non hanno nelle società musulmane.Personalmente, mentre sostengoquesti diritti, in particolare l’uguaglianza che credo il Corano conferisca alle donne, rifiuto l’idea che l’unico modo per ottenerli sia il rifiuto del Corano come parola di Dio. Non riesco certo a immaginare che i musulmani osservanti cadano in questa idea speciosa».Numerosi musulmani si avvicinano all’Islam principalmente attraverso l’interpretazione piuttosto che attraverso un legame diretto del testo sacro. Il cristianesimo ha vissuto una situazione analoga prima del Concilio Vaticano II.«Sì, questo è vero per la maggior parte dei testi religiosi. A complicare le cose quando si tratta di Islam, è il fatto che i musulmani tendono anche a confondere testi, culture e storia in un’unica definizione di “Islam”.Molte pratiche sono considerate islamiche e non sono nemmeno menzionate nel Corano, come il taglio dei genitali femminili, la copertura del viso per le donne, la decapitazione e lapidazione come punizione e così via».Possiamo affermare che l’Islam sia suscettibile di manipolazioni e che la società sia influenzata da interpretazioni volte a sostenere certi interessi politici?«Questa è stata certamente la mia esperienza in Pakistan, dove il processo di “islamizzazione della società” è coinciso con la presa del potere militare da parte del generale Zia al-Haq negli anni ‘70.Il nuovo regime ha implementato la legislazione islamica che ha portato cambiamenti in diversi aspetti dell’esistenza femminile.Interpretazioni misogine, scioviniste dell’Islam sono state imposte a livello nazionale e usate come armi da parte dei governanti diventando gradualmente equivalenti della religione stessa. Trovo questo particolarmente irritante dal momento che il Corano proibisce esplicitamente la costrizione della fede, ritenendo invece che le persone arrivino a credere di propria spontanea volontà e che ogninafs sarà responsabile solo di “sé stessa” davanti a Dio».Interagire con le Sacre Scritture può fornire risultati molto diversi ?«Si possono leggere tutti i testi in più di un modo e non solo le Scritture sacre. La domanda, quindi, è cosa rende alcune interpretazioni migliori di altre?Questo è il regno dell’ermeneutica, teoria e filosofia dell’interpretazione».Cosa l’ha portata a impegnarsi nello studio dell’ermeneutica coranica?«È l’unico modo che avevo a mia disposizione per capire se vi fossero fondamenti al fatto che i musulmani siano arrivati a leggere il Corano come un testo che privilegia gli uomini quando, di fatto, il Corano afferma l’uguaglianza ontologica di uomini e donne; riconosce che le donne hanno libero arbitrio e volontà (e, questo, nel settimo secolo!); nomina le donne e le indica come reciproche tutrici».