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 2024  giugno 21 Venerdì calendario

Chi è Masoud Pezeshkian, l’unico riformista candidato alla presidenziali iraniane

All’università di Teheran, gli studenti lo incalzano: sui prigionieri politici, sul velo. Sulla polizia morale. E il mite Masoud Pezeshkian non si sottrae. «Il presidente non ha potere sui prigionieri politici» ma «fermerò la polizia morale più che posso». Perché l’hijab deve essere regolato «dalle consuetudini sociali più che dalle leggi religiose». Tanto basta per scuotere una campagna elettorale (si vota il 28 giugno) sonnecchiante e una corsa alla presidenza che molti in Iran davano per scontata, un gioco tutto interno al campo conservatore in cui il grande favorito è l’ex comandante Pasdaran Mohammad Ghalibaf. E invece la candidatura di Pezeshkian, l’unico riformista ammesso dal consiglio dei Guardiani, sta in parte scombinando le carte. Sessantanove anni, ex ministro della Salute, ha una storia personale simile a quella di Biden: rimasto vedovo, non si è risposato e ha cresciuto le figlie piccole da solo. È uno pulito, non corrotto. Molti riformisti di peso si sono mobilitati in suo favore, compreso l’ex presidente Khatami, che alle elezioni parlamentari di marzo aveva scelto clamorosamente di astenersi, in segno di rottura con un sistema sempre meno inclusivo, e uno dei due coleader dell’Onda Verde, Karroubi. Soprattutto, Pezeshkian ha l’appoggio dell’ex ministro degli Esteri Javad Zarif scelto come advisor sulla politica estera, una mossa che è in sé un messaggio politico. Zarif è stato l’architetto dell’accordo sul nucleare (Jcpoa) ed è molto apprezzato dalle cancellerie occidentali. Pezeshkian, del resto, è stato esplicito e ha sfidato la narrativa autarchica e anti-Jcpoa degli ultraconservatori: le sanzioni sono un problema per lo sviluppo dell’Iran, «bisogna lavorare per rimuoverle e in caso di vittoria riprenderemo in mano i negoziati» con l’Occidente. Basterà per vincere?
«Ha già avuto un impatto finora riportando i riformisti nella partita elettorale», dice Abdorassol Disvallar, analista delMiddle East Institute. «Il Consiglio dei guardiani l’ha ammesso perché elezioni senza una rappresentanza un po’ più ampia ponevano al sistema un rischio di sopravvivenza». Per Arash Azizi si è trattato invece di un rischio calcolato «per aumentare l’affluenza alle urne». Nei sondaggi, Pezeshkian è dato al secondo posto dopo Ghalibaf, potrebbe arrivare al ballottaggio. Ma difficilmente riporterà al voto la generazione Mahsa Amini. «Ha adottato alcuni slogan del movimento Donna, Vita, Libertà – ragiona Azizi – ma nessuna delle sue richieste. Si candida più come un lealista di Khamenei che potrebbe fare meglio le cose, che come riformista pro-democrazia».