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 2024  giugno 20 Giovedì calendario

Radiografia di una riforma

Roma
l1Che cos’è esattamente l’autonomia differenziata?
È il riconoscimento da parte dello Stato alle regioni a Statuto ordinario di autonomia legislativa su materie che oggi sono di competenza concorrente, ossia dove decidono insieme Stato e Regioni.
l2In quali materie le regioni potranno aumentare le loro competenze?
In 23 materie, tra cui: sanità, istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, giustizia di pace, beni culturali, paesaggio, ambiente, governo del territorio, infrastrutture, protezione civile, demanio idrico e marittimo, commercio con l’estero, cooperative, energia, sostegno alle imprese, comunicazione digitale, enti locali, rapporti con l’Unione europea.
l3Cosa cambierebbe in pratica?
In tutte queste materie, lo Stato potrebbe perdere quasi ogni ruolo, demandando ogni potere alle regioni. Si potrebbe giungere a regioni che assumono insegnanti, personale amministrativo della giustizia, gestiscono i musei, acquisiscono al demanio regionale strade, ferrovie, fiumi e litorale marittimo, decidono le procedure edilizie, stabiliscono i piani paesaggistici, governano il ciclo dei rifiuti, intervengono a sostegno delle imprese e della ricerca anche nelle relazioni internazionali e via dicendo.
l4L’autonomia differenziata finirà per garantire più risorse alle Regioni più ricche?
Il ministro Calderoli da cui prende nome la legge dice che la riforma sarà “a costo zero”. Ma è difficile credergli perché i futuri atti d’intesa tra Stato e singole regioni apriranno per quelle più ricche la possibilità, come già rivendicano, di trattenere il cosiddetto residuo fiscale, ossia la differenza tra quanto versano e quanto ricevono in termini di spesa pubblica.
l5Quali sono le regioni che si avvantaggerebbero della riforma?
Sono appunto quelle che versano molte più tasse allo Stato centrale che questo poi restituisce in termini di finanziamenti. Una elaborazione della Banca d’Italia mostra quali sono le regioni che potrebbero veder tornare nelle proprie casse la quota di gettito fiscale “donata” al resto del paese, il cosiddetto “residuo fiscale”. Ad avvantaggiarsi di più sarebbero Lombardia (con 5. 090 euro per ciascun residente), Emilia Romagna (2. 811), Veneto (2. 680) Piemonte (1. 006), Toscana (852), Lazio (789) e Valle d’Aosta (231). Complessivamente il Nord avrebbe in più, magari per istruzione e sanità, 2. 715 euro ad abitante, il Centro 514 mentre il Sud ce ne rimetterebbe 2. 451 a testa.
l6Avremo 21 sistemi scolastici differenti?
Il rischio esiste perché alle regioni verrebbe attribuita la potestà legislativa sull’intera materia: dalle norme generali all’assunzione di personale, dai criteri di valutazione ai programmi scolastici.
l7Come cambierebbe la sanità?
L’autonomia differenziata, come denunciano le associazioni mediche, rischia di sbriciolare quel po’ di solidaristico che ancora c’è nel nostro servizio sanitario nazionale a vantaggio delle regioni più ricche. Il problema non è tanto la divisione delle competenze, che saranno stabilite dalle intese siglate dalle singole regioni con lo Stato. A quest’ultimo già oggi restano infatti di esclusiva competenza solo la profilassi internazionale, i contratti del personale sanitario e i Lea, i livelli essenziali di assistenza, che elencano le prestazioni mutuabili su tutto il territorio nazionale e che nella riforma si chiamano Lep, Livelli essenziali di prestazioni, che dovrebbero essere uguali da nord a sud. Ma che il condizionale sia d’obbligo lo dice l’articolo 5 della legge, dove si specifica che ogni intesa Stato-Regione “individua le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi o entrate erariali maturato nel territorio regionale”. E siccome le più ricche regioni del centro-nord potranno attingere a un gettito fiscale maggiore di quelle del sud, è chiaro che i Lep o i Lea che dir si voglia non saranno affatto uguali da un punto all’altro dello Stivale.
l8Oggi le regioni dispongono di uguali risorse per la sanità?
No perché si va dai 2. 150 euro della Valle d’Aosta e dei 2. 100 della Liguria ai poco più di 1. 900 della Calabria. Ma sono differenze minime rispetto a quelle che si potrebbero verificare con la riforma.
l9Che cosa sono i Lep?
Sono i “livelli essenziali di prestazioni” che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionali. In base a questo anche per quei servizi di competenza regionale, come la sanità e i trasporti pubblici, è lo Stato a dover decidere quali sono i livelli minimi che devono essere garantiti a tutti i cittadini. Il problema è che a parte la sanità, per gli altri settori i Lep non sono stati mai definiti così da creare divari sempre più ampi tra Nord e Sud. La riforma approvata ieri in via definitiva non prevede investimenti per colmare il gap ma affida al governo il compito di varare entro due anni i Lep relativi ai diritti civili e sociali, “che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, stabilendo gli investimenti necessari alle regioni per adeguarsi agli standard.
l10Quali sono i tempi di attuazione della riforma?
Il governo ha 24 mesi dall’entrata in vigore della legge per varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Stato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un’intesa. Questa potrà durare fino a 10 anni e poi essere rinnovata. Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi