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 2024  giugno 20 Giovedì calendario

Tutte le volte che il parlamento s’è affossato da solo


Ha ragione Michele Serra: il Parlamento che vota il premierato, e quindi declassa sé stesso, ha l’aria del nobile decaduto che infila la testa nella ghigliottina e fa ciao ciao al boia. Ma non è una novità delle ultime ore. Il Parlamento fece ciao ciao al boia quando, nella furia di Mani pulite e della smania di ceppi, modificò la Costituzione e ridimensionò l’immunità parlamentare. Fece ciao ciao al boia quando votò per la prima volta nella storia repubblicana l’arresto di un parlamentare, Alfonso Papa, per reati non di sangue o di terrorismo, e perché serviva offrire il sacrificio umano al popolo digrignante. Fece ciao ciao al boia quando votò la riduzione dei parlamentari sull’assunto filosofico-istituzionale che deputati e senatori sono inutili e costosi e tanto vale farne fuori un po’. Ha fatto ciao ciao al boia ogni volta che ha ridotto il finanziamento pubblico sull’assunto filosofico-politico che i partiti sono macchine ruba soldi della povera gente. Ha fatto ciao ciao ogni volta che ha accettato o rinfocolato la definizione di casta sguazzante nel privilegio in un mondo affogato nella miseria. Ha fatto ciao ciao ogni volta che ha inseguito la delegittimazione dell’avversario per indegnità o criminalità, rinunciando alla politica, perché il pubblico voleva bastoni e coltelli. E se non ci fosse stata ognuna di queste volte – provocata anche dalla rabbiosa cecità delle tricoteuses dei giornali e della società civile – oggi non ci sarebbe Giorgia Meloni, non il premierato, non un Parlamento esangue che certifica il suo tracollo, ci sarebbero invece un Parlamento forte e una democrazia sana.