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 2024  giugno 20 Giovedì calendario

Intervista a Thomas Ceccon

PARIGI Per rendere l’idea: Thomas Ceccon entra nell’albergo di Parigi per un evento dello sponsor tecnico e la prima cosa che chiede è se l’allenamento all’alba del giorno dopo si terrà nella piscina delle gare olimpiche. La risposta è no, ma fa capire come Thomas non veda l’ora. Ossessionato e consapevole di esserlo. La nostra migliore speranza di medaglie per l’Olimpiade di Parigi, il detentore del record mondiale dei 100 dorso, mister polivalenza, si alza, mangia, guarda video motivazionali, va a dormire, si prepara per l’ultimo test prima di Parigi, il Settecolli (al via domani a Roma) pensando «a vincere l’oro ai Giochi». Thomas come sta? 
«Bene, ora abbiamo iniziato ad allenarci con più intensità, si fa più fatica, ma è la parte che mi piace di più, iniziamo a finalizzare». 
Aveva già deciso di saltare i Mondiali poi si è fatto male alla mano. Com’è stato vedere gli altri gareggiare? 
«Io sono un appassionato e le gare le ho viste tutte. Non dico che mi scocciava non esserci, però è stato strano stare sul divano. Avevo deciso così per non stancarmi troppo mentalmente». 
Non le manca il confronto? 
«Il confronto è bello ma è stressante tenere la concentrazione. A ogni meeting c’è sempre qualcuno che mi vuole rompere le scatole, e io devo mettergli la mano davanti... Se fossi andato al Mondiale e non avessi vinto avrei cominciato a dirmi “non mi sono allenato abbastanza”. Mi ricordo alle Olimpiadi dopo la finale dei 100 dorso sono uscito e ho detto io mentalmente sono finito». 
Dice che l’Olimpiade è la sua ossessione. Come si fa a gestirla? 
«Non si fa. C’è». 
Ogni quanto pensa all’Olimpiade? Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto? 
«Eh, sta diventando ogni minuto, non ci si può far niente. Ogni 50 a dorso dico “questo è il ritorno del cento che farò in finale”, “questo è l’arrivo”, “questa è la partenza”. È un continuo. Capita anche qualche giorno che mi sveglio e non ci penso, però sono molto meno rispetto a quelli che mi sveglio e la mente va subito a quella gara lì». 
L’ossessione è necessaria per vincere? 
«L’ho sempre avuta, e quando c’è un impegno così… forse sì è necessaria. Dipende anche dalla fase della carriera, io ho 23 anni, è il mio momento». 
Molti nuotatori sono andati fuori giri, lei non lo teme? 
«Certo, lo so, ma è tutta gente che ha vinto tanto. Se conquisti tre ori olimpici e devi affrontare la quarta per forza il corpo e la mente si prendono una pausa. Ma io sono giovane, ho vinto relativamente poco, perciò mi alleno sempre, anche d’estate, faccio al massimo un paio di giorni di pausa. Poi palestra, corsa, bici, non posso stare fermo». 
Se le dico adesso la parola acqua, cosa pensa? Divertimento, lavoro, vittoria, fatica. 
«È lavoro, anche se mi piace, infatti lo faccio tutti i giorni, due volte al giorno. Però, divertimento no, non è divertente». 
Si ricorda la prima volta che è entrato in acqua che sensazione ha provato? 
«No, ma mio padre mi ha ripreso mentre facevo i primi corsi e ogni tanto per ridere riguardiamo vecchi video. Rimanevo spesso fuori dall’acqua, facevo un po’ quello che volevo». 
Questo anche dopo, vista la sua fama di ribelle...

«Anche adesso! No ora seguo di più le regole». 
La sua etica del lavoro la rende simile al fenomeno del momento Jannik Sinner? 
«Forse sì, anche se credo che tutti i campioni ce l’abbiano. Adesso tutto quello che lo riguarda è esagerato, lo ha detto lui per primo, anche se pulisce le righe del campo sembra che sia un santo. Mi piacerebbe conoscerlo, abbiamo la stessa età, quando vince lui voglio vincere anche io. Da bambino poi giocavo a tennis, Nadal è il mio idolo». 
Poi aveva caldo con i capelli lunghi, ha lasciato il tennis e si è buttato in piscina. Così è nato mister polivalenza: a proposito quali gare farà all’Olimpiade? 
«I 100 dorso, sui 200 vediamo se qualcuno fa meglio di me al Settecolli... poi forse i 100 delfino, anche se realisticamente lì il mio obiettivo è andare in finale, quindi vediamo se ha senso. Infine le staffette. Troppe? Il programma è fattibile: dopo i 100 dorso c’è un giorno di pausa. La polivalenza è la mia caratteristica però all’Olimpiade forse è meglio puntare sulle medaglie. Io ultracompetitivo oggi lo sono solo sui 100 dorso, sul resto stiamo lavorando. Ultra competitivo significa puntare al massimo. Nei 200 dorso se le cose vanno come devono andare, primo non arrivo, c’è l’ungherese Kos: c’è molta differenza tra provare a prendere una medaglia e andare per vincere. Mentalmente è molto diverso». 
Che rapporto ha con i 100 dorso adesso? Voleva smettere di farli in passato per sperimentare altro. 
«Adesso no, sono la mia gara, li conosco a memoria. So gestirli, anche se viro piano so sempre cosa devo fare». 
In passato ha detto che essere l’uomo da battere le piace perché i suoi avversari possono soffrirla. Vale anche all’Olimpiade? 
«Io cerco di nascondermi dietro al fatto che nel 2021 non ho vinto medaglie individuali, quindi non devo difendere niente. Provo a nascondermi dietro questo dito, però insomma... ho fatto il record del mondo due anni fa, sono arrivato 2° l’anno scorso, sbagliando completamente l’arrivo, quindi è chiaro che sono tra quelli che se la contendono». 
Sta lavorando con un mental coach o segue qualche tecnica per evitare che le ricapiti quella sensazione di panico patita prima del via a Tokyo? 
«No, sto facendo da solo. Oggi conosco meglio quello che andrò a vivere, ma non sei mai pronto per l’Olimpiade». 
Guarda ancora i video dell’ultra maratoneta David Goggins per motivarsi? 
«Sempre, mi carica un casino». 
Si diletta ancora con la fotografia o il disegno? 
«Zero, adesso non c’è niente che non sia dormire, mangiare, allenarmi». 
Però ha fatto l’uomo copertina, in posa con vestiti firmati che lei non comprerebbe, giusto? 
«Confermo, non spenderei quei soldi. La premessa è che a me fare ciò che non è nuoto non piace, però è stato divertente: ti truccano, ti sistemano, ti vestono, sembri figo». 
Non faccia il modesto. Non si sente bello? 
«In quelle foto sì, sennò mi sento un ragazzo qualunque».

È ancora senza fidanzata? 
«Non c’è tempo».