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 2024  giugno 20 Giovedì calendario

Intervista a Carlo Rossella

Carlo Rossella, è meglio fare il direttore o l’inviato?
«Un proverbio napoletano dice che comandare è meglio che fottere. Però io preferisco fottere, quindi meglio fare l’inviato, soprattutto se sei un inviato di guerra e vai in giro per il mondo come ho fatto io».
La trasferta più pericolosa?
«Il Libano durante la guerra, avevo casa a Beirut, sulla Corniche: dalle finestre guardavo il mare. Ero vicino all’ambasciata inglese».
Ha incrociato la Fallaci?
«Varie volte, mi trattava a frustate, ma mi voleva bene».
Com’erano le sue frustate?
«Mi diceva cose terribili, una critica dietro l’altra. Era a suo modo divertente, una donna dal temperamento eccezionale».
Oggi chi è il più bravo?
«Bernardo Valli, non solo per l’esperienza giornalistica, ma per quella di vita: mi inchino davanti a uno che è stato nella Legione Straniera».
E uno un po’ più giovane?
«Non saprei...».
Ha diretto un quotidiano, due tg, i settimanali. Dove si è divertito di più?
«Mi sono divertito molto a fare il Tg1, perché l’esperienza della televisione, per me che venivo dalla carta stampata, era stimolante».
Ma non è lì che la soprannominarono Rossella 2000?
«Mi faceva sorridere, probabilmente erano abituati a un Tg1 più pesante. Io invece l’ho alleggerito con dei servizi divertenti. Vale anche nella vita: bisogna alternare pesantezza e leggerezza. Prendere tutto troppo seriamente è un gravissimo errore, soprattutto nel giornalismo».
Ha fatto incontri straordinari: il più emozionante?
«Li vede nelle fotografie alle sue spalle».
I Clinton?
«Ma no, i due papi! Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ratzinger era un uomo di grande potenza intellettuale, mentre di Wojtyla ricordo la grande umanità».
Le manca Papa Francesco.
«Mai incontrato, mi piacerebbe conoscerlo. È un Papa anomalo, molto simpatico ed empatico. Tutti questi papi, ognuno a modo loro, sono dei grandi comunicatori: un bel salto rispetto a Pio XII, che pure ho conosciuto».
Era un ragazzino.
«Avevo avuto la possibilità, tramite un amico di famiglia, di andarlo a conoscere in Vaticano. Era un uomo che teneva fra te e lui cinque chilometri di distanza. Uno di quei santi di una volta, che stavano molto in alto...».
Il suo santo preferito?
«Sant’Antonio da Padova. Lo prego sempre quando devo ritrovare le cose».
La sua Alta Società sul Foglio compie 25 anni.
«Ma non la scrivo più da un pezzo! Ora la farà Ferrara».
Non sapeva più a chi ispirarsi?
«Erano rubriche molto informate e io le ho sempre fatte su persone e ambienti che frequentavo, non ho mai amato il vorrei-ma-non-posso».
I reali sono stati sostituiti dagli Agnelli, poi dai Berlusconi, poi dai Ferragnez. Ora non ci sono più nemmeno loro.
«Cominciamo a cancellare i Ferragnez. L’unico aristocratico, negli esempi che mi ha fatto, era l’Avvocato Agnelli: un principe per il fascino».
Lo ha conosciuto bene?
«L’ho frequentato ai tempi della mia direzione della Stampa».
Un ricordo personale?
«La sera a cena a casa sua si mangiava in modo parco, faceva preparare le petit chose. Dopodiché annunciava: “Adesso ci beviamo un buon Fernet”. E quando lo salutavamo, Mario D’Urso immancabilmente diceva: “Adesso andiamo in pizzeria!”».
Il suo nome è associato al bon ton. Chi è l’uomo più elegante d’Italia?
«Uno molto elegante è Luca Cordero di Montezemolo».
E la donna?
«La più elegante d’Italia era Marella Agnelli, adesso non saprei dirlo, non ne vedo di elegantissime».
Il capo che non bisogna assolutamente avere, per non rischiare di usarlo?
«Per l’uomo, gli abiti a quadretti: orrendi. Per le donne, l’abito più difficile da portare è il tailleur, eppure molte si ostinano. Il doppiopetto, poi, smaltisce le magre, ma le altre...».
Maria Angiolillo è mancata. Chi ha preso il suo posto nell’animare i salotti?
«Maria Angiolillo è irripetibile e nessuna potrà mai sostituirla. È una persona indimenticabile. Certe sere, quando tutti andavano via, io e un mio amico cercavamo di farle dire qualche malignità sui suoi ospiti: mai riusciti».
La persona più divertente che ha incontrato?
«Il Principe Carlo, ai tempi non ancora re. Aveva un sense of humour molto british, era divertente e pieno di battute».
Di quale scoop è più orgoglioso?
«L’incontro con Reagan. Era un attore, quindi sapeva recitare fino in fondo la sua parte di presidente degli Stati Uniti. Ma mi è rimasto impresso quel suo infinito amore per la moglie, Nancy: avevano ormai una certa età, eppure alla Casa Bianca si tenevano per mano come due fidanzatini, è una cosa che mi ha sempre commosso».
Allora non posso non chiederle di sua moglie Daniela.
«Se parliamo di lei si arrabbia».
Cerchiamo di non farla arrabbiare.
«È una donna adorabile, straordinaria, intelligentissima. Di grandissima umiltà, già professoressa di endocrinologia pediatrica, con un’etica molto forte».
Com’è che è rimasta con lei? Non c’era mai...
«Daniela ha la pazienza di Penelope. È la roccia alla quale sono rimasto attaccato».
Le è dispiaciuto non avere figli?
«No, soprattutto vedendo quelli di molti amici miei. I figli di oggi mancano totalmente di riconoscenza e questa cosa mi rattrista».
E i giornalisti che ha formato sono stati riconoscenti?
«Gli uomini più delle donne. Ma Cristina Parodi fa eccezione: è una donna di grande educazione e stile, affettuosa quando ci incontriamo».
In terza media la madre di un suo compagno di classe le infilò la mano nei pantaloni.
«È vero. Ma ai tempi non la considerai una molestia, anzi mi aveva aperto un orizzonte abbastanza piacevole. Però, certo, le sensibilità sono cambiate, oggi sarebbe diverso».
E da giovane con i suoi amici ha frequentato i casini di Innsbruck.
«Erano abbastanza... incasinati!».
Le manca la Russia?
«Moltissimo. Vivevo nella Kutuzovsky Prospekt al 13. Mi sono molto, molto divertito mentre ero lì...».
In un libro ha raccontato il mondo visto da 35 camere d’albergo. Ma invece qual è la casa più bella dove è entrato?
«Villa Frescot, dell’Avvocato Agnelli. Poi la casa di Leo Ruspoli a Roma: nulla era lasciato al caso, come se i proprietari fossero ospiti di riguardo. Sono molto belle anche le case di Diego Della Valle a Casette d’Ete e di Luca Cordero di Montezemolo a Bologna, ti fanno stare bene».
Ha paura della morte?
«Sì, soprattutto mi fa paura la cassa da morto: pensi se uno poi si risveglia. Ho già dato disposizioni che preferisco essere bruciato».
Quando arriverà il momento, in Paradiso chi vorrebbe intervistare?
«In Paradiso? Temo che dovrò trascorrere un legittimo periodo in Purgatorio per lavare bene la mia anima, poi andrò in Paradiso e lì vorrei incontrare Sant’Antonio e ringraziarlo per tutte le grazie che mi ha fatto».
Se si guarda indietro le viene da sorridere?
«Da ridere come un pazzo: ho avuto una vita allegra, mi sono proprio divertito».