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 2024  giugno 20 Giovedì calendario

Paul e Minnie Bourget alle prese con la Calabria

Quanto grande fosse la fama di Paul Bourget anche in Italia è dimostrato dal fatto che nel 1910 Angelica, la protagonista del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, si dilettasse a leggere, insieme a quelle del celeberrimo Anatole France, le pagine di questo poeta, saggista, romanziere e commediografo.
Ricavo l’osservazione dall’Introduzione di Anne-Christine Faitrop-Porta all’interessantissimo volume pubblicato da Luigi Pellegrini Editore e intitolato Sensazioni di Calabria (pagine 126, euro 12,00), confezionato con alcuni testi tratti da quel Sensations d’Italie (un titolo che già in sé indica la disposizione edonistica e decadente dello scrittore) che il francese pubblicò nel 1891, cui si sono aggiunti il manoscritto ancora inedito della moglie Minnie e alcune lettere inviate da Bourget a Louise Morpurgo moglie del finanziere Louis Cahen d’Anvers, figura di spicco della società letteraria parigina e sua confidente. Di sicura suggestione, poi, sono le fotografie e le illustrazioni che completano il libro. Ma torniamo alle pagine che, di fatto, concludono il viaggio italiano e impegnano gli sposi dal 22 al 28 novembre del 1890: con tappe di due giorni ognuna a Crotone, Catanzaro e Reggio. Bourget è uno scrittore che, non dimentichiamolo, credeva nella differenza tra le razze, sulla scorta delle teorie di Joseph Arthur de Gobineau, il quale sosteneva la superiorità della «razza bianca» (portatrice dei valori aristocratici) su quella «gialla» (materialista, portata al commercio e negata alla metafisica) e quella «nera» (coi sensi sviluppati all’eccesso e di modesta capacità intellettiva). Detto questo, le pagine letterariamente più convincenti di Bourget sembrano proprio quelle più spietate e aggressive. Sentite quanto scrive alla vecchia amica Louise relativamente alla desolazione dei luoghi. Siamo a Crotone, dove arriva con la moglie alle nove di sera «senza avere trovato nulla da mangiare se non un po’ di cioccolata all’infame posto di ristoro di Sibari – l’antica Sybaris!»: «E che treno questo che procede con una lentezza senza speranza lungo il lido squallido del mare, tra eucalipti ad attestare la malaria che consuma il paese e con torri rovinate qua e là ad evocare il tempo in cui saccheggiavano quelle rive i Turchi di Algeri». L’antico splendore della greca Sybaris a fronte della sordida cittadina di fine Ottocento: tutto testimonia, insomma, l’estrema miserabilità del presente. E pensare che Crotone fu famosa «per Milone e per Pitagora», mentre ora resta appena «il più venerando dei ruderi, l’unica colonna che sussista del tempio di Era Lacinia, edificato settecento anni prima di Cristo». Le condizioni atmosferiche, sempre cattive a dispetto di ogni luogo comune sulla terra del sole, non lo aiutano di certo, ma Bourget non ha momenti di entusiasmo nemmeno quando descrive il paesaggio, naturale e umano: «Di Catanzaro tanto celebrata dal Lenormant ho serbato solo la visione di una città posta su una ripida vetta con un’aspra, quasi crudele vegetazione di cacti irta su per i pendii, città fangosa, fradicia per la pioggia, intirizzita per il vento, dove sguazzano in una cloaca i Calabresi dal cappello a cono e le Calabresi con le gambe calzate da squallide uose di velluto turchino». A dirla tutta, però, le pagine di Minnie – al contrario di Bourget sempre incantata da quanto la circonda – sembrano quasi migliori di quelle del marito. Ce ne rendiamo conto nei momenti in cui ci restituisce certe scene di vita giudiziaria, dai risvolti truci o persino esilaranti, come quando si sofferma sul processo intentato a «due donne, una giovane, l’altra anziana, proprietarie di una bettola, accusate di avere venduto vino annacquato». Straordinaria l’arringa difensiva dell’esperto e brillante avvocato: «E se quelle povere donne avessero venduto – il che non è per nulla comprovato – del “vino annacquato”, di certo non le si può accusare di avere nociuto a chicchessia, giacché non si è mai sentito che qualcuno si sia ubriacato per avere bevuto vino con aggiunta di acqua, sicché hanno agito piuttosto nell’interesse dei buoni costumi». I cibi, del resto, hanno la loro inevitabile importanza. Deliziose le poche righe dedicate al frutto più singolare ed esotico: «Per la prima volta ci è dato mangiare i famosi fichi d’India che hanno forma suppergiù di un uovo grande, maggiormente schiacciato alle estremità, con una buccia o scorza spessa e piccole spine ora di un rosso lampone ora di un verde acqua». E poi: «Quanto al sapore risulta un misto della banana e del melone e a Paul piacciono tanto, a me invece non molto».