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 2024  giugno 20 Giovedì calendario

La “Nipotissima” sfida il “Crucco” nella Firenze che ha rottamato Renzi

La “Nipotissima” (alias Sara Funaro) fronteggia in piazza Santo Spirito un tavolo di “terrapiattisti” (così viene definito un gruppetto di elettori di estrema sinistra); chiede il voto in maniera tanto attenta quanto gentilmente e inequivocabilmente moderata. Il “Crucco” (alias Eike Schmidt), mentre gira tra le case popolari di via Rocca Tedalda, a sud della città, il sole che gli brucia la carnagione da nordico fuori territorio, finge di non sentire l’insistente domanda di un abitante del luogo (“Sei di destra? Sei di destra?”), fino a precisare “Sono di centrodestra!”.
Lunedì, scampoli di campagna elettorale a Firenze, dove al ballottaggio vanno Funaro, assessore comunale uscente al Welfare e Immigrazione, Pd, “incoronata” da Dario Nardella (2 mandati, 10 anni di governo della città alle spalle) e Schmidt (32%), ex direttore degli Uffizi, ora direttore di Capodimonte, che sognava di diventare sindaco con i voti di Matteo Renzi, ma si è trovato schiacciato sul generale Vannacci e su Giovanni Donzelli. Negli ultimi giorni, la grancassa di Funaro (che al primo turno ha preso il 43% contro il 32% dello sfidante) ha spinto sul pericolo destra e sul voto utile. E quando manca ormai una manciata di giorni, l’unica preoccupazione tra i suoi sostenitori è il ponte di San Giovanni: a Firenze lunedì è festa, un’affluenza bassa può riservare brutte sorprese. Psicoterapeuta, un passato nel sociale, la chiamano la “Nipotissima” perché è la nipote di Piero Bargellini, ex sindaco molto amato. Un pedigree da sfruttare: quando venne Sergio Mattarella, a commemorare lo stesso Bargellini, l’amministrazione voleva mandarla con la fascia tricolore in rappresentanza, quasi a imprimere nella mente dei cittadini che c’era un’erede naturale. Le proteste sventarono l’operazione. “Sono appena tornato da Israele”, la informa un ragazzo in bicicletta, tra i banchi di Santo Spirito. Suo padre, Renzo Funaro, è un esponente di spicco della comunità ebraica. A proposito di reti che contano. Il Pd a trazione Nardella ha imposto la sua candidata, fin dal primo momento. Davanti a un banco di ciliegie, Funaro la rimproverano così: “Le primarie, dovevate fare le primarie!”. Non le ha volute il sindaco uscente in primis, la direzione cittadina ha deciso per il no tra veleni e sospetti. La storia di queste elezioni è tutta interna a un sistema di potere, messo in piedi dal fu Rottamatore, ma che lui evidentemente non controlla più. Ormai è del tutto passato nelle mani di Nardella. Un tempo delfino di Renzi, da anni ormai con lui in aperta rottura. Tanto da non risparmiarsi la battuta appena eletto europarlamentare (“Matteo? Mi venga a trovare a Bruxelles”). Per la guida di Firenze voleva correre anche Cecilia Del Re, ex assessore, alla quale Nardella ritirò le deleghe. Troppo ambiziosa o forse troppo competitiva. E dunque, niente gazebo, né di partito, né di coalizione: queste ultime le avrebbe volute Stefania Saccardi, vicepresidente della Regione Toscana, candidata di Renzi. La Del Re non si è data per vinta fino all’ultimo minuto. Tanto da provare accordi con tutto l’arco politico, dalla sinistra estrema ai renziani. Avvocata, come da tradizione di famiglia, con tanto di studio con vetrate con vista Ponte Vecchio, voleva fare un polo unico, con la sinistra radicale e con Tomaso Montanari. Non se n’è fatto nulla. La sinistra di Dmitrij Palagi ha preferito correre da sola (ha poi preso il 5,3%), Montanari voleva costruire una coalizione più ampia, con l’appoggio di Giuseppe Conte, che alla fine ha preferito non pestare troppo i piedi al Nazareno. Mentre tra lei e Saccardi non si è giunte a un accordo, per chi dovesse essere la candidata sindaca. Il Pd nazionale ha giocato di rimessa: i Cinque Stelle erano pronti a un accordo al primo turno, ma alla fine sono stati i dem fiorentini, con la spinta di Azione, a valutare che era meglio di no. La stessa Saccardi ha cercato fino all’ultimo di stringere un accordo: stop pure a lei e non per il veto di Elly Schlein, ma per la volontà di Nardella di contarsi, senza Renzi, e di non trattare. Ora sia Lorenzo Masi, candidato last minute al primo turno per i Cinque Stelle (3,3%), sia la Saccardi (un 7,3% che non le consente di fare l’ago della bilancia) hanno dichiarato che sceglieranno Funaro. La base di Iv ha abbozzato la rivolta, metà dei 5S locali non sono convinti. Ma è un dissenso contenuto. Renzi non ha dato indicazioni di voto, ma d’altra parte, dopo il sì non solo della Saccardi, ma anche di Andrea Marcucci e Gabriele Toccafondi, storico big fiorentino, provenienza FI, sarebbe stato del tutto irrilevante. La Del Re (6%) non ha detto dove porterà i suoi voti. “Non mi hanno chiamato”, dice con una certa amarezza. Come quando racconta che Schlein non l’ha mai cercata. Firenze è lo specchio del modo di gestire il partito della segretaria: Nardella ha deciso, lei ha deciso di sostenere la candidata prescelta senza se e senza ma. È venuta a Firenze a chiudere la campagna, tornerà domani. Ma l’evento che conta di più è quello di oggi: a Firenze per Funaro ci saranno Nardella, Stefano Bonaccini, Antonio Decaro e Giorgio Gori. Il quartetto degli amministratori che non solo è la spina dorsale del contropotere dem, ma anche lo stesso che anima una chat messa su da Marco Agnoletti, ex portavoce di Renzi, oggi consulente di Nardella, ma anche colui che gestisce la comunicazione di molti pezzi da novanta dem, con la sua Jump. Dietro a Funaro c’è anche lui. La sua influenza (e quella di Nardella stesso) sul sistema mediatico fiorentino non è da poco.
In una città invasa da un turismo di giovanissimi, con tanto di risse notturne tra bande e l’incertezza su quanti tifosi conterrà lo stadio Artemio Franchi in restyling, le tensioni non mancano. “Perché non siete venuti per il primo turno?”. A Rocca Tedalda non manca la contestazione per Schmidt. In questo agglomerato di case popolari, ci sono 800 abitazioni sfitte, in attesa di lavori. Un dato emblematico. E un treno per il centro città, stazione Ravizzano, che però parte troppo tardi la mattina per conciliarsi con gli orari di lavoro. Il candidato promette, garantisce, batte sulla discontinuità con Nardella. Però quasi si squaglia per il caldo. Pare una metafora. Qualche giorno fa, durante una trasmissione radiofonica, quando gli chiedevano di pronunciare il più classico “Prova, prova, prova”, Schmidt con ironia fulminante, viceversa, diceva: “Ha ragione Saccardi, ha ragione Saccardi”: un refrain durante i dibattiti che l’ha accompagnato per tutta la campagna elettorale. Forse, se Renzi avesse avuto ancora davvero un peso, le prospettive per lui sarebbero diverse.