Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  giugno 20 Giovedì calendario

Per Bruxelles il debito sarà più alto di quanto dice il governo. Per la manovra mancano (almeno) 20 mld

Alla fine i cattivi del deficit sono 7, comprese Italia e Francia, altri cinque Paesi sono stati perdonati per “modica quantità”: per i primi la Commissione ha proposto ieri l’apertura della procedura d’infrazione che sarà ratificata dal Consiglio Ue (i governi) a luglio. Quanto agli “squilibri macroeconomici”, invece, solo la Romania ce li ha “eccessivi”, l’Italia non più, ha squilibri normali (alto debito e bassa produttività), insieme ad altri otto Paesi tra cui la Germania, e resta nella lista dei sette Stati che hanno problemi di “convergenza sociale”. Tutto come da programma.
La novità di quest’anno, visto che le regole fiscali sono appena cambiate e che l’esecutivo Ue è in scadenza, sarà che le “raccomandazioni” destinate ai singoli Stati arriveranno in autunno: domani, però, sulle scrivanie dei ministri delle Finanze dell’Ue planerà la “traiettoria tecnica”, calcolata da Bruxelles, necessaria a mettere i conti pubblici su un sentiero di riduzione di deficit e debito (almeno così dicono loro). In sostanza, sono i binari in cui dovrà stare la prossima manovra: la previsione è che la correzione di bilancio richiesta sia nell’ordine dello 0,5-0,6% annuo del Pil nell’arco di un piano settennale, in soldi 10-12 miliardi l’anno, nel qual caso sarebbe in sostanza quella prevista nello scenario “tendenziale”, cioè senza interventi, del Documento di economia e finanza di aprile, che già incorpora una forte stretta del bilancio pubblico (o austerità, se preferite) per i prossimi anni.
Questo, ovviamente, ammesso e non concesso che tutte le stime del governo siano corrette, a partire da quella del Pil nominale, cioè calcolato a prezzi correnti: le tabelle sull’Italia del Country report della Commissione pubblicato ieri stimano un Prodotto nominale più piccolo di un punto percentuale (20 miliardi) rispetto al Def del governo Meloni nel biennio 2024-2025, il che significherebbe deficit e debito più alti, un’altra delle molte cose di cui dovrà occuparsi la manovra.
E ancora: secondo le stime di Bruxelles il debito, a scenario invariato, torna a crescere quest’anno a un ritmo molto più alto di quello previsto dal governo e continua a farlo fino al 2034 (quando arriverebbe al 168% del Pil dal 137 attuale): “Questa inversione di tendenza è attribuita a un ampio aggiustamento stock-flussi, a disavanzi pubblici ancora consistenti, anche se in diminuzione, come a una minore crescita del Pil nominale”. La Commissione ovviamente non è il Vangelo e la sua metrica s’è spesso rivelata errata, ciò non toglie che il governo Meloni dovrà probabilmente fare ancor più austerità di quanta ne abbia già promessa alle istituzioni europee: “Il deficit è atteso in calo da una base di partenza alta, ma un maggiore consolidamento fiscale sarà necessario per assicurare che il rapporto debito-Pil resti su un sentiero di discesa”. Per ora, però, siamo alla guerra di trincea: l’Italia, dice l’Ue, dovrebbe “presentare tempestivamente il piano fiscale-strutturale a medio termine” in linea coi nuovi vincoli di bilancio e “limitare la crescita della spesa netta nel 2025”.
Si inizia, insomma, col mirino puntato sul deficit pubblico. Il governo lo promette al 4,3% del Pil quest’anno e al 3,7% il prossimo, la Commissione però non gli crede e nel 2025 lo stima già un punto più su, al 4,7: sono i 20 miliardi delle cosiddette “politiche invariate”, quelle necessarie a confermare il taglio del cuneo fiscale, gli incentivi alle imprese, le missioni militari e altre cosette che ad oggi sono pagate solo fino al 31 dicembre e Bruxelles dà per scontato siano confermate. Per finanziarle, ovviamente, bisognerà tagliare altrove o aumentare le entrate: ce lo spiegherà il ministro Giancarlo Giorgetti quando lo avrà capito.
Quanto al resto del lungo report della Commissione, in mezzo a molti classici (i balneari, le tasse, l’età pensionabile), vale la pena almeno segnalare le molte pagine dedicate alle magnifiche opportunità del Pnrr e delle riforme connesse: un po’ è l’oste che dice che il vino è buono, un po’ per l’Italia il Piano di ripresa vale gran parte della spesa in investimenti pubblici di qui al 2026. Senza quei soldi, il Pil crescerebbe meno del previsto, dovremmo tagliare ancora il deficit deprimendo ancora la crescita e via così in un loop che in Europa conosciamo già fin troppo bene