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 2024  giugno 19 Mercoledì calendario

Napoli è nera per la Signora

Bisognerà prendere atto, prima o poi, del fatto che Napoli è l’unica città del mondo a costituire un genere narrativo; per di più transmediale. A latere delle numerosissime fiction e serie televisive, dei fumetti e dei lungometraggi d’autore, drammatici o comici, della musica leggera e meno leggera, del teatro e della danza, c’è un’articolata e vasta produzione letteraria, che spazia dalla saggistica all’enogastronomia passando per la letteratura per ragazzi, l’autofiction, i memoir, i biografici e la narrativa propriamente detta.
Sulla ragione, o più probabilmente sulla pluralità delle cause, si potrebbe dibattere a lungo senza arrivare a una conclusione; per quanto ci riguarda crediamo che la principale motivazione sia da ricercare nel gran numero di contrasti tra opposti e sul limitato spazio in cui questi conflitti si verificano. Fatichiamo a immaginare un altro luogo in cui ricchezza e povertà, sublime bellezza e atroce degrado, violenza e tenerezza si confrontino così da vicino senza perdere mai la propria natura e convivendo se non pacificamente, almeno in modo rassegnato. Ma se, più opportunamente, darete ascolto a sociologi, politici, critici e storici, vi forniranno centinaia di motivi più profondi che spiegano la perenne effervescenza della produzione artistica del luogo.
A seguito di questa premessa si colloca senz’altro il bel romanzo di Massimiliano Virgilio, Luci sulla città (Feltrinelli), perché l’autore è riuscito a trovare un modo originale di proporre un viaggio in città.
Siamo tutti d’accordo, speriamo, sul fatto che un romanzo, quando funziona, sia un viaggio. Fin dalle prime pagine la storia deve portare via il lettore, in un altrove da cui farà per forza fatica a tornare. Un posto che non sia necessariamente più bello di quello di partenza, anzi il più delle volte si tratta di una meta dove razionalmente non ci si recherebbe mai se si potesse scegliere, ma in cui si trovano emozioni e passioni che nella vita quotidiana stiamo attentissimi a evitare.
Molto del contenuto, del racconto, delle motivazioni di esso e delle cicatrici che lascia sono nel titolo, a metà fra Chaplin e Rosi, la nostalgia, la dolcezza, l’ingenuità delicata e perché no la comicità del primo, la violenza, lo stupro del territorio, i maneggi e la corruzione che animano il meraviglioso film del secondo. E d’altra parte nessuno avrebbe potuto arrischiarsi in una sintesi di questa dimensione come Massimiliano Virgilio, viaggiatore dolente e pietoso in Porno ogni giorno. Viaggio nei corpi di Napoli (Laterza), narratore tagliente e arguto ne L’americano (Rizzoli), sceneggiatore sincopato e acuto in Nato a Casal di Principe, Rosa Pietra Stella, Il sequestro Dozier; modi diversi e forme diverse per praticare il genere Napoli, per raccontare la città in alcune delle innumerevoli facce che essa propone a chiunque ogni singolo giorno.
Stavolta però, ed è la novità del romanzo, si va nel passato. Un passato non proprio recente (la fine dell’Ottocento) e tuttavia talmente generativo dell’attuale condizione urbanistica di Napoli da essere riconoscibile e in qualche modo noto, come un ricordo o come un racconto già ascoltato. E l’impressione è acuita dal fatto che molti personaggi, a partire dalla protagonista, sono realmente esistiti; non solo: sono figure importanti nella memoria dei napoletani, paradigmatici e saldamente assisi nel pantheon laico partenopeo.
All’avanguardia
La grande modernità
di una protagonista
che ha inventato per molti versi il giornalismo
In effetti, la storia raccontata in Luci sulla città ha una così rotonda verosimiglianza che potrebbe essere un saggio su un periodo poco noto della vita di Matilde Serao, tanto sono perfettamente nelle corde del personaggio sia l’accensione della vicenda che il suo svolgimento. La Signora era una donna notevolissima e non solo per l’epoca, la prima giornalista da campo, la prima fondatrice di un giornale, scrittrice straordinaria e prolifica, più volte candidata al Nobel (che non vinse per la poca capacità di asservirsi al regime), cinque figli in proprio e una adottiva, la figlia dell’amante suicida del marito, incline all’osservazione e all’inchiesta ma anche portata al riso e all’immedesimazione nella situazione delle decine di migliaia di poveri che vivevano in condizioni estreme, ai margini delle stesse strade che i borghesi e gli aristocratici percorrevano nella completa indifferenza di quello che accadeva attorno.
Le componenti sono quelle necessarie a un romanzo nero. Un omicidio efferato e in qualche maniera simbolico, un corpo tagliato quasi a metà come Il ventre di Napoli, capolavoro della scrittrice, la suburra popolare e stracciona a sua volta tagliata dal rettifilo dove corrono le carrozze dei ricchi; omertà e reticenze, testimoni che non hanno visto e carabinieri che sbagliano strada; poteri occulti e interessi privati di enormi dimensioni in conflitto tra loro ma uniti nella necessità di nascondere la verità; sospettati che sembrano assassini, e assassini insospettabili; giocatori incalliti e famiglie disperate.
Il tutto all’interno di passioni violente e sentimenti dolcissimi, di delicati pensieri e di odi sconfinati, allora come ora reperibili senza particolari difficoltà a ogni angolo di questa disgraziata e meravigliosa città, perennemente moribonda e tuttavia immortale, com’è sempre stata, come probabilmente sempre sarà.
Massimiliano Virgilio scrive da giornalista di una giornalista. Ne conosce la sete di verità e il fiuto per le menzogne, la determinazione e la forza, la sensibilità e l’irriducibile onestà. La Serao, raccontata con precisione esattamente com’è stata, è il veicolo ideale per scoperchiare il maleodorante vaso dei misteri della città che si presentano attuali in modo sconcertante, perché ricorrenti in numerosi momenti della storia di questi due secoli. La cornice narrativa è scolpita con mano felice, una metropoli sospesa tra il vecchio e il nuovo, che non ha certezza di procedere verso il meglio, anzi, ma che conserva le energie e la cieca determinazione a sopravvivere che ne sono caratteristica insopprimibile. E la scrittura restituisce i toni dell’epoca e la modernità di una protagonista che ha inventato per molti versi il giornalismo così come oggi è concepito.
È un romanzo da leggere, questo Luci sulla città. Perché ha la forza di tante storie, nessuna minore rispetto alle altre, e gli occhi di una folla di personaggi, straccioni ed elegantissimi, che costituiscono un coro di mille voci e di un’unica canzone.
Quella di una città che non assomiglia a nessuna, e che perciò si riconosce tra mille. Che ha la particolarità di raccontare storie sussurrando al mare che non la bagna, forse, ma che la impregna col suo odore straniero. E che non smetterà mai di raccontare.