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 2024  giugno 19 Mercoledì calendario

“Quando l’Italia cantava Volare”

Dice di essere emozionata come se La portalettere non fosse mai stato pubblicato e Domani, domani, il nuovo romanzo uscito ieri, fosse un esordio, il suo primo titolo a finire in libreria. «Lo so che sembra incredibile», dice Francesca Giannone, scrittrice salentina, 42 anni. Solo che La portalettere è stato il libro rivelazione del 2023: il più venduto di tutto l’anno, con oltre 400mila copie, in corso di traduzione in 37 paesi. Presto probabilmente diventerà anche un film o una serie tv, visto che i diritti sono stati acquistati da Lotus Production, la stessa che ha portato in televisione I Leoni di Sicilia, il bestseller dell’altra autrice di punta dell’editore Nord, Stefania Auci.
«Ho una certa ansia da prestazione – confessa Giannone, alla vigilia dell’uscita – dopo il grande affetto attorno al mio primo romanzo, ho paura di deludere i miei lettori che aspettano da tempo un’altra storia. Mi sento addosso tanta responsabilità, ma sono anche fiduciosa, perché sono felice del romanzo che ho scritto: mi sono divertita, proprio come è successo con La portalettere».
La storia di Anna la postina ispirata alla sua bisnonna, la prima portalettere del Salento, le ha cambiato la vita. Notorietà e successo, certo – Giannone ha vinto il premio Bancarella e il premio Giunti – ma anche una nuova città. E soprattutto l’amore. «Ho lasciato il Salento per Milano, dove ho seguito il mio compagno. Un altro regalo de La portalettere che me lo ha fatto incontrare. No, con l’editoria non c’entra. Ma di più non dico perché so che non ama i riflettori».
Domani, domani comincia più o meno dove si era fermato La portalettere. Ancora Salento; solo che stavolta i due protagonisti, i fratelli Lorenzo e Agnese, sono ventenni alla fine degli anni Cinquanta, mentre Anna cominciava a muovere i primi passi nella storia negli anni Trenta, a ventotto anni. Non siamo più a Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, ma ad Araglie, una sorta di Gallipoli trasfigurata. Piccola sì, ma contaminata, grazie alla presenza del porto, uno dei luoghi simbolo della storia: una porta verso altre vite, altre possibilità. Anche le più inaspettate.
Il romanzo di formazione di Lorenzo e Agnese ruota attorno al saponificio di famiglia, nel quale entrambi lavorano, e che a un certo punto il padre deciderà di vendere. È lì che la storia comincia, con la scelta paterna che divide i fratelli fino a quel momento inseparabili: per sempre?
«Mi piaceva l’idea di raccontare una storia ambientata negli anni Cinquanta, in questa terra di mezzo tra il Dopoguerra e le grandi rivoluzioni degli anni Sessanta. Una stagione che in qualche modo inaugura Domenico Modugno con quel gesto, mai fatto prima, di aprire le braccia sul palco quando con Nel blu dipinto di blu vince il festival di Sanremo. Una stagione di possibilità, durante la quale si comincia a respirare un cambiamento del quale i miei personaggi, così come accaduto a quella generazione, non saranno protagonisti ma che in qualche modo renderanno possibile».
Il romanzo di Giannone è pieno di musica: Io che amo solo te, Tintarella di luna, Il cielo in una stanza e tante altre canzoni tutte citate in un elenco dopo i ringraziamenti e che sono diventate una playlist su Spotify. Per scrivere Domani, domani, Giannone ha studiato tantissimo: «Ho letto le riviste dell’epoca, ascoltato la musica e visto i film che in quegli anni si vedevano. Ho cercato di entrare dentro ciascuno dei miei personaggi». Ma si è cimentata anche con i manuali di chimica. Perché le saponette, quelle che Agnese continua a creare anche quando il padre vende la fabbrica e lei decide di restare da impiegata, le ha sperimentate davvero. «Ho studiato le formule e disegnato il packaging: magari proverò a farle realizzare per davvero, un giorno». Giannone ha anche dipinto i manifesti pubblicitari, ispirandosi a quelli d’epoca che ha trovato in giro. «Non sono ancora le pubblicità degli anni Sessanta, ma c’è già qualcosa, un senso di nuovo».
Ma cosa è questo “domani” del titolo? «Sono i futuri possibili, sono le alternative che abbiamo davanti: le nostre sliding doors, il cosa sarebbe successo se quella volta avessimo deciso diversamente». La cornice è, ancora una volta, quella del grande romanzo popolare con un coro di voci e di personaggi, secondari solo all’apparenza. Come Teresa, l’amica di Agnese, che si definisce comunista, che le spiega per la prima volta la lotta di classe, che legge Pasolini e lascia il paese per andare a studiare all’università. «Teresa, sono certa, nel ’68 sarà in piazza». O come Angela, la fidanzata di Lorenzo, che, nel tentativo di non perdere l’uomo che credeva l’amasse, reinventa sé stessa. Ed è ad Angela, «il personaggio che cambia di più nella storia», che Giannone concede il più grande privilegio del libro, un cameo che farà felice i lettori de La portalettere : è lei che a un certo punto del romanzo incrocia lo sguardo di Anna, sì proprio lei.
Al centro della narrazione c’è di nuovo la famiglia, l’impossibilità di sfuggire ai legami familiari. «È il personaggio di Lorenzo il primo che ho immaginato mentre tentavo di rispondere alla domanda: cosa siamo disposti a perdere pur di riprenderci quello che ci hanno tolto?». Lorenzo mette in gioco tutto. Anche se stesso. «Non giudico. Voglio che siano i lettori a valutare le sue scelte».
Lo sguardo di Giannone mette a fuoco la condizione femminile nell’Italia di provincia. Ma se Anna ne La portalettere porta avanti una battaglia in qualche modo femminista – la diffidenza del paese davanti a quella donna che consegna la posta, poi l’affetto e una certa riconoscenza che però, ha più volte detto Giannone, non le permetteranno mai di superare la condizione di “straniera” – Agnese il femminismo lo vive di rimando. Ne sa poco, praticamente niente, se non quello che le dice l’amica Teresa. Ma se all’inizio della storia è sicura che tra il saponificio e l’amore sceglierà per sempre il primo, alla fine la sua vita prenderà una piega inaspettata. Consapevole, però. Nel suo legame con Giorgio, c’è la speranza di un amore pulito, rispettoso, tutt’altro che tossico.
Giannone – che ha cominciato a pensare aDomani, domani prima ancora che La portalettere venisse pubblicato – sta già lavorando a un terzo romanzo. Ancora Salento? «Credo di no – dice – con i miei primi due romanzi penso di aver chiuso il ciclo delle mie origini. Se Anna lascia la Liguria per andare in Puglia, Agnese fa il percorso contrario, come ho fatto io spostandomi al Nord».
Il finale non sarà lieto, ma dolceamaro, malinconico: «Perché così è la vita», dice Giannone. Ma se la speranza, nonostante l’amarezza, resiste, c’è una cosa che Domani, domani ci dice: dobbiamo stare attenti a fidarci fino in fondo dei nostri sogni.