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 2024  giugno 19 Mercoledì calendario

Intervista a Piero Pelù

“Il cervello dovrebbe anche farsi i cazzi suoi”.
In che senso, Piero Pelù?
Se ti becchi l’acufene, il cervello dice: ‘hai perso migliaia di frequenze? Te le riproduco io’. E questo sibilo incessante può farti impazzire. Ti manda in depressione.
Lei svenne in studio per una cuffia lasciata a volume altissimo.
Ho recuperato un 25 per cento, il danno è permanente. Ho messo a punto una tecnica per cantare salvaguardando l’intonazione. Certo che i calchi nelle orecchie sono corpi estranei, ogni volta che apro e chiudo la mascella sono sorci verdi. Però sono carico a bestia, il tour parte a fine mese.
Pete Townshend degli Who divenne quasi sordo sessant’anni fa. In un programma tv il suo batterista mise una dose esagerata di esplosivi nella batteria.
Però una cosa è suonare e un’altra cantare.
La cura del silenzio avrà pure dei lati positivi. Ha fatto un album intitolato Deserti.
Peccato che in natura il silenzio assoluto non esista.
Come ci insegnò Robert Fripp, il leader dei King Crimson. Uscendo da una camera anecoica: “Lì dentro ho sentito un suono!”
Cosa gli risposero?
Che aveva sentito il rumore del suo sistema nervoso in funzione.
E pure Fripp avrà avuto un cacchio di acufene! Il destino di noi ragazzacci del rock!
Nei deserti veri ci va mai?
L’Italia è piena di posti dove perdersi gioiosamente. Le Apuane, l’Amiata, il Carso, la Sardegna. Se parliamo di sabbia e roccia adoro l’Atlante, il Marocco. Ho anche raccolto immagini di sculture naturali modellate dal vento, arte visual che utilizzerò live. L’album è figlio dell’amore che nutro per la cultura marocchina, la musica ‘gnawa’. Più i sitar indiani mischiati ai chitarroni. Un disco etno-rock dove trovi tutta la mia storia. Dal proto-punk al liceo coi Mugnioz ai Litfiba, e le mie vene dark e hard. Tanta vita e rabbia. Occhio: la desertificazione di cui parlo ha tanti aspetti, sociale, politico, sentimentale, ambientale.
C’è quel pezzo, Novichoc. È il gas nervino usato per uccidere gli oppositori di Putin, compreso Navalny.
Lo respiriamo dappertutto. Ci avvelenano con i cibi inquinati e con la propaganda. In Italia siamo campioni del mondo di depistaggio. Piazza Fontana è del ’69 e ancora ci chiediamo chi sia stato.
Oggi si rischia pure di rovesciare l’investigazione sulla Storia.
Vedo troppe braccia tese, gente che inneggia a Hitler. Al tempo in cui ero giudice a The Voice, mi imbattei a Milano in un corteo di centinaia di individui che facevano il saluto romano e mostravano croci celtiche. Uscii dal taxi: ‘che è ’sta schifezza?’. Il loro servizio d’ordine ci disse: ‘o vi levate dai coglioni o avrete problemi’. Dieci anni fa.
Che corteo era?
Per ricordare Sergio Ramelli, lo studente del Fronte della Gioventù ucciso a sprangate nel ’75. Era stato un atto vigliacco e selvaggio. Provai a ragionare. Vi rendete conto, scrissi a questi dell’ultradestra, che non avete neppure menzionato Ramelli nella vostra marcia? Così lo avete ammazzato due volte. Mi diedero ragione.
Il 25 aprile sui social ha indossato una t-shirt con su scritto ‘Io sono antifascista’. La Meloni l’ha accusata di cercare pubblicità.
Le regalerò il mio album.
Delle Europee che dice?
Mi ha colpito il tracollo di Macron e Scholz, anche se era prevedibile per come hanno gestito le crisi dei rispettivi Paesi. Non sono d’accordo neppure sul fatto che Macron abbia indetto le elezioni in Francia senza consultare gli alleati. Ha guardato il proprio ombelico. In Italia sono felice per il risultato di tutte le sinistre.
Il papa senza freni?
Speriamo si ripigli. Gira la battuta che dopo aver offeso il mondo gay il Vaticano si sia svuotato.
Nel disco c’è una sua versione unplugged di Il mio nome è mai più. Ne rifarà anche una con Jovanotti e Ligabue per questo venticinquennale?
Chissà. Dalla ex Jugoslavia a Ucraina, Palestina e Africa è ancora troppo attuale, purtroppo. Cantare di pace come unica vittoria può sembrare retorico, ma è una cultura che dobbiamo riempire di significato. Se parliamo solo di guerra giustifichiamo le spese per le armi.
Che provò in quella sera del dicembre 2022 a Milano, dopo l’ultima nota cantata coi Litfiba?
Malinconia, ma anche la certezza che quel capitolo fosse felicemente chiuso. Se questo mio album ha dentro tanta vibrazione Litfiba, vuol dire che è stato giusto fermarci per sempre. Troppe differenze e contrasti. Quando una coppia non trova pace dopo aver fatto figli bellissimi, per il rispetto di tutti è bene prendere ciascuno la propria strada. Altrimenti diventa un massacro.