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 2024  giugno 17 Lunedì calendario

APPUNTI PER LE PEN: NEL 1936 LA DESTRA FRANCESE AVEVA IL VENTO IN POPPA MA PERSE LE ELEZIONI CON IL FRONTE POPOLARE – IL DIBATTITO PUBBLICO ERA DOMINATO DALLE “LEGHE”: UN MISCHIONE DI NAZIONALISTI, MONARCHICI E ANTISEMITI CHE URLAVANO CONTRO LA POLITICA CORROTTA, GLI EBREI, LE TASSE E GLI IMMIGRATI. RICORDA QUALCOSA? – EPPURE FU IL SOCIALISTA LEON BLUM A SPUNTARLA, E A DARE VITA AD UNA DELLE POCHE STAGIONI ESALTANTI PER LA SINISTRA EUROPEA. CHE PERÒ DURÒ POCHISSIMO: POI ARRIVARONO I NAZISTI E IL REGIME DI VICHY... -

Nel 1934 sembrava che la Francia stesse per essere travolta dalle destre. Alle successive elezioni politiche prevalse invece il Fronte popolare, una coalizione tra sinistre e centristi.

Grazie anche al sistema elettorale a doppio turno, collegio per collegio. Che è in sostanza quello tuttora vigente. […]

Andare e rivedere quello che successe negli anni 30 potrebbe aiutare a comprendere quello che a prima vista appare l’azzardo – coup de poker, pari extrême, scommessa estrema, da apprentis sorciers, da apprendisti stregoni, dicono i giornali francesi – di Emmanuel Macron.

Parigi, 6 febbraio 1934. Una grande manifestazione, sfociata in Place de la Concorde, cerca di attraversare il ponte per dare l’assalto all’Assemblea nazionale

[…] E’ in corso la votazione sulla fiducia al governo del radical-socialista Édouard Daladier. La polizia spara per bloccarli. Ci sono decine di morti e feriti. Daladier si dimette, benché la fiducia l’avesse ottenuta.

Alla manifestazione prendevano parte tutti i gruppi e le associazioni di destra e di estrema destra. […]  Fu la madre di tutti i jours de la colère. Fino ai gilets jaunes, alla rivolta per tenere la pensione a 60 anni, anziché portarla a 62, alle montagne di concime scaricate dai trattori sui Champs Élysées.

Le parole d’ordine sono: “Via il governo di corrotti!”, “Niente più deputati!”, “Sciogliere il Parlamento!”, “Abbasso i ladri!”, “Via gli ebrei, via gli stranieri!”, “Al diavolo le tasse!”. E soprattutto: “La France aux Français”, la Francia ai francesi. Non un cenno alla minaccia fascista, al pericolo rappresentato dalla Germania dove, dal gennaio dell’anno prima, al governo c’è Hitler.

Suona familiare? Con gli ebrei la destra francese ce l’aveva da sempre. Gli immigrati sono i profughi dall’est (soprattutto ebrei), e gli italiani che “rubano lavoro” (nel sud della Francia li linciavano), ma anche i fuorusciti dall’Italia fascista, cui si aggiungeranno quelli dalla Germania nazista.

Antiparlamentarismo, ostilità alla democrazia e alla politica corrotta, sono temi tradizionali. […]  La grande crisi, importata dall’America, ha esacerbato gli animi. Tutti ce l’hanno con parlamenti e deputati. Non solo in Francia. E’ sull’onda di rigetto della democrazia e della Costituzione di Weimar che ha appena vinto Hitler.

E’ il collante delle Leghe (sì così si chiamavano) che hanno organizzato la protesta del 6 febbraio.

Lo storico Zeev Sternhell avrebbe definito quell’amalgama “laboratorio del fascismo”. Ma non sono fascisti. Anche se molti dei dirigenti poi aderiranno al governo di Vichy […]. E’ un impasto multiforme.

Ci sono i “nazionalisti integrali”, i nostalgici monarchici e antisemiti viscerali dell’Action française, con un quotidiano che vende 200.000 copie.

Ci sono i Croix de feu, l’associazione combattentistica, di “nazionalisti cristiani”, guidata dal colonnello François de la Rocque, un milione di aderenti.

Ci sono i “centristi” moderati dell’Alliance démocratique di Pierre-Etienne Flandin e i centristi assai più a destra del Centre républicain di André Tardieu. C’è Solidarité Française, il partito creato dall’industriale François Coty, proprietario del Figaro. C’è l’attivissima Federazione nazionale dei contribuenti. C’è pure una costola della sinistra, che fa capo al populista Jacques Doriot […]

Fatto sta che tutta quella galassia non quagliò […] in un fascismo alla francese. Al contrario, finì inaspettatamente col quagliare una coalizione di centrosinistra, altrettanto composita.

Nel 1936 alle urne avrebbe prevalso il Fronte popolare. Riuniva forze disomogenee, fino a poco prima in cagnesco o in concorrenza: i Radicali, i socialdemocratici di Léon Blum, e il Pcf (che però non sarebbe entrato a far parte del governo). Durò poco. […] Ma diede vita ad una delle stagioni più esaltanti del movimento dei lavoratori e della sinistra nella storia europea. Con conquiste durature, tipo i contratti nazionali, la settimana di 40 ore, i diritti dei lavoratori nelle fabbriche, le ferie pagate.

Spirava un’aria nuova progressista, di libertà, anche nella vita quotidiana. Per la prima volta entrarono al governo ministri donna, anche se le donne francesi non avevano ancora diritto di voto, né di essere elette. Soprattutto fu un modello di unità delle sinistre, alternativa e concorrenziale all’unità delle destre.

Tra i punti deboli: la rissosità ereditaria tra le sinistre, l’incapacità di dare una risposta alla crisi economica, l’incapacità di rispondere alle ansie e alle richieste del ceto medio, degli agricoltori, dei bottegai, dei commercianti, la timidezza nel modificare le politiche restrittive e dure nei confronti degli immigrati e dei rifugiati politici, e i tentennamenti in politica estera.

Il governo Blum rifiutò di dare aiuto, o anche solo armi per difendersi, alla Repubblica spagnola. Andò dietro ai pacifisti senza se e senza ma.

Forse non voleva rompere col Regno Unito, governato dai conservatori, che propugnavano la “non ingerenza” in una guerra che pensavano non li riguardasse. O forse non osavano mettersi contro Hitler che aiutava […]  i golpisti di Franco.

Può sembrare un controsenso. Ma il collante della coalizione di Fronte popolare non era l’antifascismo. Così come il collante della potenziale coalizione di destra non era il fascismo. Era semmai il disprezzo per una classe politica ritenuta irrimediabilmente corrotta, l’anti-parlamentarismo, l’anti-politica, la diffidenza nei confronti degli intellettuali impegnati  [….

[…] Sembrerà strano, ma anche in seno alle sinistre di allora “fascismo” e “antifascismo” non erano i temi dominanti. […]  anche il comunista Thorez e il socialista Blum usano pochissimo la parola “fascismo”.

Lo fanno solo nel 1934, attribuendo alla sommossa di febbraio l’obiettivo di volere il fascismo in Francia. Poi la parola stessa scompare dal loro vocabolario. Thorez aveva un problema in più: la dottrina dell’Internazionale comunista accomunava il fascismo dei fascisti e dei nazisti al “socialfascismo” dei socialdemocratici.

La svolta, il contrordine tardivo, sarebbe venuto solo nel 1936. Per poi essere nuovamente rinnegato quando Stalin nell’agosto 1939 fece il patto con Hitler. Per il socialista Blum il ricorso al lemma “fascismo” si limita alla politica interna. Scompare del tutto nel 1936, 1937 e 1938, gli anni della guerra di Spagna e dell’appeasement di Hitler a Monaco.