Corriere della Sera, 17 giugno 2024
Storia della Dc
La prima storia della Democrazia cristiana scritta dopo il terremoto di Tangentopoli e la fine di quella forza politica uscì nel 1996. S’intitolava Il partito italiano. L’autore Agostino Giovagnoli e l’editore Laterza avevano voluto esprimere in tal modo la capacità della Dc di aderire ad ogni piega della società postbellica, che le aveva permesso di esercitare un ruolo dominante per quasi mezzo secolo. Tra la Dc e l’Italia si era creata una sorta di simbiosi, che solo le trasformazioni profonde subite dal Paese a partire dal «miracolo economico» degli Anni 50 e 60 avrebbero a lungo andare logorato.
In un Paese distrutto dalla guerra, dopo la bancarotta dello Stato monarchico l’8 settembre 1943, la Chiesa rimaneva uno dei pochi punti di riferimento per una popolazione stremata. E ciò costituiva un indubbio vantaggio per gli eredi del Partito popolare di don Luigi Sturzo, sciolto dal fascismo, che si apprestavano a riorganizzare una presenza in politica dei cattolici democratici. Ma non fu semplicissimo, per la nascente Dc, conquistare l’appoggio esclusivo di un Vaticano collocato, con papa Pio XII, su posizioni molto più conservatrici rispetto ai credenti impegnati nella Resistenza o che avevano comunque maturato un netto rifiuto del regime di Benito Mussolini.
La Dc riuscì ad accredi-tarsi come diga antico-munista e accumulò un capitale politico enorme
Il leader democristiano Alcide De Gasperi, ex segretario del Ppi che aveva conosciuto anche il carcere sotto il regime, divenne presidente del Consiglio nel dicembre 1945. Ma guidava un governo di unità nazionale comprendente tutti i partiti antifascisti, inclusi i socialisti e i comunisti: una formula sgradita alla Santa Sede, che vedeva come il fumo negli occhi i seguaci del marxismo ateo. Del resto era evidente che la potenziale base elettorale della Dc era collocata su posizioni assai più moderate rispetto ai militanti e ai dirigenti del partito.
La controprova si ebbe il 2 giugno 1946, con il referendum istituzionale e la contemporanea elezione della Costituente. La Dc, nel suo Congresso, si era pronunciata a larga maggioranza per la repubblica, ma gli oltre otto milioni di voti che ottenne allora, affermandosi come partito di maggioranza relativa, venivano in grande maggioranza da quei dieci milioni e più di elettori che si erano pronunciati per la monarchia. Fu allora che De Gasperi realizzò il suo capolavoro politico. In un clima internazionale di crescente tensione tra l’Unione Sovietica e le potenze occidentali, che rafforzava le pulsioni anticomuniste, scelse di cavalcare l’onda del riflusso moderato, con l’appoggio del Vaticano e degli Stati Uniti, evitando così che sorgesse qualche concorrente agguerrito alla sua destra. Estromise socialisti e comunisti dal governo, nel maggio 1947, e scommise su una linea centrista che postulava la collaborazione con i partiti laici (liberali, repubblicani, socialdemocratici) in chiave riformatrice. Le elezioni parlamentari del 18 aprile 1948, che videro la Dc conseguire la maggioranza assoluta dei seggi, premiarono la sua iniziativa.
La Dc riuscì così ad accreditarsi contemporaneamente come diga anticomunista e come garante di un «progresso senza avventure» che comprendeva l’adesione all’Alleanza atlantica e al progetto d’integrazione europea, mentre sul versante del rapporto con la Chiesa, grazie all’accordo con i laici, De Gasperi riusciva a limitare l’influenza di un Vaticano che avrebbe desiderato un indirizzo di governo più caratterizzato in senso confessionale e magari qualche intesa con la destra monarchica e neofascista.
Nella prima legislatura repubblicana la Dc degasperiana accumulò un capitale politico enorme, che le avrebbe consentito di vivere a lungo di rendita. Lo Scudo crociato poté quindi passare dal centrismo al centrosinistra e alla stessa politica di solidarietà nazionale, con il coinvolgimento dei comunisti nell’area governativa, senza mai perdere il bandolo della matassa, mentre l’Italia conosceva cambiamenti epocali. Lo stesso processo di secolarizzazione della società, con le conseguenti sconfitte subite dai cattolici sul divorzio e sull’aborto, non ne incrinò più di tanto l’egemonia. La sua stella tramontò soltanto quando fu l’intero sistema della cosiddetta prima Repubblica ad essere travolto.