Corriere della Sera, 17 giugno 2024
Intervista ai figli di Morandi
Il difficile di chiamarsi Morandi. I figli del Gianni nazionale, Marco e Marianna, si raccontano, anche a teatro. «Per il nostro cognome siamo finiti in analisi e da piccoli ci sono mancate le cose banali, come un gelato con papà».
Mica facile essere i figli di Gianni Morandi (e di Laura Efrikian). Così come non era facile per la tata argentina Marta, entrata nella loro vita negli anni Sessanta grazie a Gianni Minà, che quando «trasbordava» i fratelli dalla casa paterna di Tor Lupara a quella materna a Trastevere (circa trenta chilometri) doveva far entrare nella stessa macchina un violino (del maschio), un violoncello (della femmina), dizionari di greco, di latino, le valigie con i cambi di entrambi e qualcosa per sé. Del resto, i genitori erano pur sempre la prima coppia di divorziati ad aver ottenuto l’affidamento congiunto a Roma. Marco e Marianna, 50 e 55 anni, ricordano quegli anni tra risate e sbalordimenti in un ristorante della capitale. A darci lo spunto è la preparazione dello spettacolo teatrale Benvenuti in casa Morandi, che porteranno in scena a fine anno con la regia di Pino Quartullo. Sul palco sono previste incursioni telefoniche di mamma, di papà, del fratello Pietro (nato dal matrimonio tra il Gianni Nazionale e Anna Dan), dei tre figli che Marco ha avuto da Sabrina Laganà (Leonardo, Tommaso e Jacopo) e dei due di Marianna con Biagio Antonacci Paolo e Giovanni).
Ditemi un pregio e un difetto dell’altro.
Marianna: «Marco è buono, simpaticissimo, ironico. Ma ogni tanto si distrae. È artista...».
Marco: «Marianna è buona, non per niente siamo fratelli, però è ansiogena».
Marianna: «Confermo, guardi qua: giro con le gocce di Xanax nella borsetta!».
Cosa avete preso dai vostri genitori?
Marco: «Da mamma la svagatezza».
Marianna: «Io da mamma l’indipendenza. E il rigore da papà. Diciamo che ci è mancata la leggerezza. Per dire: mia madre per addormentarmi mi leggeva l’Amleto».
Marco: «E a me papà faceva leggere a voce alta L’idiota di Dostoevskij».
Volavano sberle. Sembra che ne abbia prese di più Marianna...
Marianna: «Non più di quelle che ho restituito a Marco! Mamma era più da mani. A papà bastava guardarci in silenzio e ci passava subito la voglia».
Da ragazzi eravate più morandiani o celentiani?
Marco: «Io dalliano. Lucio era proprio uno zio per noi. Sul campanello di casa a Bologna c’era scritto Domenico Sputo! Ricordo una vacanza alle Tremiti sulla sua barca che si chiamava Catarro. Una mattina mi raccontò che di notte lo aveva svegliato il rumore della pelle che gli si spaccava sulla testa per il troppo sole!».
Marianna: «Io di Lucio ricordo quando andavo a suonargli alla porta a Trastevere, viveva vicinissimo a nostra madre. E siccome rompevo le scatole, tutti i pomeriggi a dargli fastidio, certe volte lui faceva la vocina e diceva che Lucio non era in casa. Poveretto, lo tormentavo...».
Non mi ha detto però se tifava per Morandi o per Dalla.
Marianna: «Per Baglioni! Papà per i miei 18 anni lo fece venire a casa per farmi gli auguri. Restò pochi minuti. Ricordo che rimasti paralizzata dallo stupore, e adesso riconosco che è stata una grandissima prova d’amore da parte di mio padre: deve essergli costato chiederglielo».
È stato davvero così severo?
Marianna: «Di più! Mi ripeteva: se vuoi fare qualcosa, devi essere la numero 1. Vuoi cantare? Devi essere come Liza Minnelli. Vuoi fare l’attrice? Allora come Monica Vitti, che peraltro al mare in Sardegna da mia madre mi diceva sempre che dovevo fare l’attrice comica. Capisce perché a un certo punto mi sono tirata fuori dai giochi?».
Suo padre disapprovò la decisione di smettere di recitare per fare solo la mamma.
Marianna: «E aveva ragione. Anche mia madre e mio fratello non erano d’accordo. Io però ho scelto, non ho rinunciato: volevo farlo. Però, se avessi una figlia femmina non le suggerirei di fare così».
Cosa vi è mancato, da piccoli?
Marco: «Cose banali: il gelato con papà, la pizza il sabato sera. Ma non era possibile, lui veniva subito preso d’assalto. Forse solo a Monghidoro riuscivamo a mangiare un gelato insieme...».
Marianna: «Non direi l’affetto, ma la presenza sì».
Avete fatto analisi?
Marianna: «Altroché! A parte che dovremmo farla tutti e male non farebbe. Figuriamoci noi due».
Marco: «Il nostro problema è che non potevamo mai sbagliare, eravamo i figli di, sempre con lo sguardo degli altri puntato addosso, da come ci vestivamo a come ci comportavamo».
Il cognome è stato più un vantaggio o uno svantaggio?
Marianna: «Faremmo peccato se dicessimo di non essere stati fortunati. Ma io non ho fatto la cantante».
Marco: «Per il mio lavoro è stato uno svantaggio. Ma se devo fare un bilancio direi che siamo in pari. E poi partiamo comunque da una posizione di privilegio».
C’è una cosa del percorso professionale dell’altro che vi è piaciuto meno?
Marco: «A me non ha convinto la fiction con papà».
La forza dell’amore, quella del bacio incestuoso!
Marianna: «Ma no, che il bacio non ci fu! Però in effetti la trama era un po’ forzata... Di quello che ha fatto Marco, invece, a me piace tutto, e sa fare tutto. Come ha detto pure papà, è più bravo di lui!».
Le ha fatto piacere anche che abbia lavorato sul canale Pokeritalia 24 come conduttore?
Marianna: «Perché no? Era legale».
Marco: «Ma quella è una eredità di papà Gianni, grande pokerista! A Natale giochiamo ancora tutti insieme al Mercante in Fiera e lui non vuole mai perdere».
Marianna: «Per fortuna adesso lo battono i nipoti, e noi ci prendiamo la nostra rivincita...».
non ci dicevamo ti voglio bene
ui Natali che proprio tutti insieme, anche con la mamma, non li possono passare. O sul fratello Pietro: dicono che sarebbe bello fare qualcosa di artistico tutti insieme, ma si rendono conto di essere proprio di un’altra generazione. E l’unica cosa che gli invidiano è che il padre con lui si è molto ammorbidito
M ica facile essere i figli di Gianni Morandi (e di Laura Efrikian). Così come non era facile per la tata argentina Marta, entrata nella loro vita negli anni Sessanta grazie a Gianni Minà, che quando «trasbordava» i due fratelli dalla casa paterna di Tor Lupara a quella materna a Trastevere (circa 30 chilometri) doveva far entrare nella stessa macchina un violino (del maschio), un violoncello (della femmina), dizionari di greco, di latino, le valigie con i cambi di entrambi e qualcosa per sé. Del resto, i famosi genitori erano pur sempre la prima coppia di divorziati ad aver ottenuto l’affidamento congiunto a Roma. Marco e Marianna, 50 e 55 anni, in un ristorante della capitale ricordano infanzia e adolescenza tra risate e sbalordimenti. A darci lo spunto è la preparazione dello spettacolo teatrale Benvenuti a casa Morandi, che porteranno in scena a fine anno con la regia di Pino Quartullo. Sul palco sono previste incursioni telefoniche di mamma, di papà, del fratello Pietro (nato dal matrimonio tra il Gianni Nazionale e Anna Dan), dei tre figli che Marco ha avuto da Sabrina Laganà (Leonardo, Tommaso e Jacopo) e dei due di Marianna con Biagio Antonacci (Paolo e Giovanni).
Ditemi un pregio e un difetto dell’altro.
Marianna: «Marco è buono, simpaticissimo, ironico. Ma ogni tanto si distrae. È artista...».
Marco: «Marianna è buona, non per niente siamo fratelli, però è ansiogena».
Marianna: «Confermo, guardi qua: giro con le gocce di Xanax nella borsetta!».
Cosa avete preso dai vostri genitori?
Marco: «Da mamma, la svagatezza».
Marianna: «Io da mamma l’indipendenza. E il rigore da papà. Però ci è mancata la leggerezza. Per dire: mia madre per addormentarmi mi leggeva l’ Amleto».
Marco: «E a me papà faceva leggere a voce alta L’idiota di Dostoevskij».
Volavano sberle. Sembra che ne abbia prese di più Marianna...
Marianna: «Non più di quelle che ho restituito a Marco! Mamma era più da mani. A papà bastava guardarci in silenzio e ci passava subito la voglia...».
Era davvero così severo?
Marianna: «Di più! Mi ripeteva: se vuoi fare qualcosa, devi essere la numero 1. Vuoi cantare? Devi essere come Liza Minnelli. Vuoi fare l’attrice? Allora come Monica Vitti, che peraltro al mare da mia madre in Sardegna mi diceva sempre che dovevo fare l’attrice comica. Capisce perché a un certo punto mi sono tirata fuori?».
Suo padre disapprovò la decisione di smettere di recitare per fare solo la mamma.
Marianna: «E aveva ragione. Anche mia madre e mio fratello non erano d’accordo. Io però ho scelto, non ho rinunciato: volevo farlo. Però, se avessi una figlia femmina non le suggerirei di fare così».
Cosa vi è mancato, da piccoli?
Marco: «Cose banali: il gelato con papà, la pizza il sabato sera. Lui veniva sempre preso d’assalto. Forse solo a Monghidoro riuscivamo a mangiare un gelato insieme».
Marianna: «Non direi l’affetto, ma la presenza sì».
Avete fatto analisi?
Marianna: «Altroché! A parte che dovremmo farla tutti e male non farebbe. Figuriamoci noi due».
Marco: «Il nostro problema è che non potevamo mai sbagliare, eravamo “i figli di”, sempre con lo sguardo degli altri puntato addosso, da come ci vestivamo a come ci comportavamo».
C’è qualcosa, invece, che avete invidiato a vostro fratello Pietro?
Marco: «Forse il fatto che con lui nostro padre si fosse già molto ammorbidito».
Marianna: «Siamo di generazioni diverse, Pietro ha legato molto con i nostri figli e ne sono felice, perché tramite loro in qualche modo riesco a stargli vicino pure io».
Da ragazzi eravate più morandiani o celentaniani?
Marco: «Io dalliano. Lucio era come uno zio per noi. Sul campanello di casa a Bologna c’era scritto Domenico Sputo, la sua barca si chiamava Catarro! Ricordo una vacanza alle Tremiti: una mattina mi raccontò che di notte lo aveva svegliato il rumore della pelle che gli si spaccava sulla testa per il troppo sole!».
Marianna: «Io di Lucio ricordo quando andavo a suonargli alla porta a Trastevere, viveva vicinissimo a nostra madre. E siccome rompevo le scatole, tutti i pomeriggi a dargli fastidio, certe volte lui faceva la vocina: “Lucio non è in casa!”».
Lei però non ha ancora risposto: Morandi o Dalla?
«Baglioni! Papà per i miei 18 anni lo fece venire a casa per farmi gli auguri. Restò pochi minuti. Rimasti paralizzata dallo stupore, e adesso riconosco che è stata una grandissima prova d’amore da parte di mio padre: deve essergli costato chiederglielo».
C’è una cosa del vostro percorso professionale che vi è piaciuta meno?
Marco: «Non mi ha convinto la fiction di Marianna con papà».
«La forza dell’amore», quella del bacio incestuoso.
Marianna: «Ma no, il bacio non ci fu! Però in effetti la trama era un po’ forzata... Di quello che ha fatto Marco, invece, a me piace tutto, sa fare tutto. Come ha detto papà, è più bravo di lui!».
Le ha fatto piacere anche che abbia fatto il conduttore sul canale Pokeritalia 24?
Marianna: «Perché no? Era legale».
Marco: «Ma quella è una eredità di papà, grande pokerista! A Natale giochiamo tutti insieme al Mercante in Fiera e non vuole mai perdere».
Marianna: «Per fortuna adesso lo battono i nipoti: è la nostra rivincita».
Infine, il cognome: un vantaggio o uno svantaggio?
Marianna: «Faremmo peccato se dicessimo di non essere stati fortunati. Ma io non ho fatto la cantante, deve chiederlo a Marco...».
Marco: «Per il mio lavoro, purtroppo, è stato un continuo paragone. Ma se devo fare un bilancio, siamo in pari. Partiamo comunque da un grande privilegio».