il Fatto Quotidiano, 17 giugno 2024
Così la roulette scelta da Macron affonda infanzia, fine vita e metoo
“Quanto lavoro per nulla!”. La sera del 9 giugno, quando Emmanuel Macron, dopo il voto alle Europee, ha annunciato lo scioglimento dell’Assemblea nazionale, Lyes Louffok ha avuto l’impressione che il mondo “gli stesse crollando addosso”. Lyes, instancabile attivista, aveva appena ottenuto la creazione di una Commissione d’inchiesta parlamentare sulle “lacune nella protezione dell’infanzia”. Commissione che è stata insabbiata, così come una manciata di altre iniziative parlamentari sostenute dalla società civile. Anche per la relatrice della Commissione, la deputata uscente Isabelle Santiago (PS), è stato “un colpo duro”: “Tutto il lavoro di inchiesta realizzato è andato perso”. Per i diritti dei bambini, e in particolare per i minori non accompagnati, una vittoria dell’estrema destra alle prossime elezioni legislative, il 30 giugno e il 7 luglio, “sarebbe un disastro. L’applicazione del programma del Rassemblement National – spiega Lyes Louffok – farebbe uscire la Francia dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia”. RN è stato molto abile a comunicare sulla protezione dell’infanzia, intuendo il potenziale per la sua campagna: “Hanno ripreso l’80% delle nostre proposte”, continua Lyes. Tra queste, la creazione di un organismo di controllo delle strutture di Assistenza sociale all’infanzia (ASE) e il diritto per i bambini a rischio nelle loro famiglie di avere un avvocato. Inoltre il programma del RN in materia di giustizia e l’introduzione della preferenza nazionale nell’attribuzione degli assegni familiari sarebbe molto nocivo alla protezione dei minori. Mercoledì si riunirà il Comitato di vigilanza per i bambini in affidamento, che ha contribuito lui stesso a fondare: “Chiederemo a tutti i candidati – spiega ancora Lyes -, tranne a quelli di estrema destra e ai loro alleati – di firmare una carta che li impegni a creare una nuova Commissione”. Jonathan Denis, presidente dell’Associazione per il diritto di morire con dignità, ha provato lo stesso sconforto quando è stata sospesa la prima lettura del disegno di legge sul fine vita, che si sarebbe dovuta concludere a giorni. Alcuni dei punti più spinosi del testo erano già passati al vaglio dei deputati: il via libera per potenziare le cure palliative e l’apertura di un vero e proprio diritto a morire.
“Lunedì mattina stavo per andare a prendere il treno per continuare il dibattito e all’improvviso ho saputo che tutto si era fermato. È un’enorme delusione”, ha osservato Olivier Falorni, ora ex deputato del MoDem, il partito centrista alleato di Emmanuel Macron, che si batte “da anni” per riformare le condizioni del fine vita. “Avevamo realizzato un numero colossale di audizioni, passato più di cento ore in Commissione e già votato 1.500 emendamenti, per una legge che sarebbe stata, a mio avviso, la più importante legge sociale di questo decennio”, aggiunge il deputato. “I francesi che hanno bisogno di questa legge da tempo vanno all’estero o sono assistiti in segreto dai medici”, sottolinea Jonathan Denis. Le principali associazioni che sostengono la proposta di legge chiedono alle varie forze politiche di “non disfare il dibattito democratico” e di rimettere in agenda il testo prima possibile. Falorni non può fare a meno di dipingere un quadro piuttosto cupo in caso di vittoria dell’estrema destra. I deputati RN e gli esponenti di Reconquête, l’altro partito di estrema destra di Éric Zemmour, sono stati finora molto ostili al testo: “Se si trattasse solo di rinviare l’esame di qualche settimana, ci saremmo rassegnati – aggiunge il deputato -. Ma ora i tempi sono più che incerti per il Paese, e in particolare per il futuro di questa legge”.
Il 2 maggio scorso, i deputati francesi avevano votato all’unanimità, cosa senza precedenti, l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sulla violenza nel cinema, alla presenza dell’attrice Judith Godrèche che l’aveva chiesta dopo aver denunciato il regista Jacques Doillon di abusi sessuali quando era lei era minorenne. “Oggi non ci limiteremo ad ascoltarvi, ma agiremo, perché questa è urgente”, aveva promesso all’epoca la deputata MoDem Perrine Goulet, presidente della delegazione per i diritti dell’infanzia. Un mese e mezzo dopo, dopo 35 ore di audizioni, la commissione ha interrotto bruscamente i suoi lavori, “vittima collaterale della pericolosa decisione del presidente Macron”, ha denunciato la relatrice del progetto, la deputata ecologista Francesca Pasquini. È “la fine di un lavoro prezioso e senza precedenti che era atteso dalle vittime e da tutti coloro che tutti i giorni lottano contro la violenza e l’omertà nei settori del cinema, dell’audiovisivo, dello spettacolo, della moda e della pubblicità”, ha aggiunto. I deputati avevano previsto “di mettere i produttori di fronte alle loro responsabilità e di continuare le audizioni almeno fino alla metà di luglio”. Erano già stati individuati “molti momenti critici che favoriscono la violenza (provini, scene intime, ricevimenti, ecc.)” e “soluzioni per porvi fine”. “Finalmente stavamo per offrire alle vittime una piattaforma per parlare in modo sicuro, metodico, all’interno di un quadro istituzionale protettivo, e avremmo messo in atto proposte concrete per proteggere l’intera professione – ha dichiarato Judith Godrèche a Mediapart -. Era l’occasione perché questo mondo cambi”.
Domenica scorsa, un collettivo di professioniste del settore del cinema (operatrici tecniche, registe, produttrici, ecc.) che, dopo settimane di discussioni, aveva appena finito di compilare un questionario per raccogliere le testimonianze in modo da “dimostrare la molteplicità delle situazioni e il loro carattere sistematico”, ha espresso la stessa delusione nel vedere tanti sforzi andare in fumo: “La nostra preoccupazione maggiore è non sapere in quali mani finirà il lavoro già svolto”, spiegano. Teoricamente, una nuova commissione d’inchiesta potrebbe essere istituita durante la prossima legislatura e il lavoro già svolto ne potrebbe rappresentare una base importante, ma tutte le audizioni dovrebbero essere ripetute.
Dopo un lungo e difficile percorso, la proposta di legge per regolamentare gli affitti degli appartamenti ammobiliati ad uso turistico – tramite piattaforme come Airbnb – sembrava essere finalmente giunta al termine del suo iter legislativo. Il testo doveva solo passare ancora in Commissione mista paritaria (CMP) il 23 giugno per armonizzare le versioni approvate dal Senato e dall’Assemblea nazionale. Un testo molto atteso tanto dai collettivi di residenti che da molti sindaci, dato che la crescita esponenziale di questo tipo di affitti negli ultimi anni ha contribuito ad aggravare la crisi abitativa. “Nelle città che hanno iniziato a regolamentare, dei progressi sono stati fatti”, osserva Jean-Paul Lebas, membro del Collettivo nazionale degli abitanti permanenti. Lebas avanza l’esempio di Lège-Cap-Ferret, la città in Gironda dove vive: “Con 1.500 alloggi per un comune di 8.000 abitanti, la popolazione attiva è costretta a cercare casa a più di 40 chilometri di distanza”. L’obiettivo principale del disegno di legge era di ritornare sulla nicchia fiscale attraente offerta dagli affitti brevi per turisti – fino al 71% di sgravi fiscali nelle aree più svantaggiate, 30% per gli affitti standard. Dava inoltre la possibilità ai sindaci di abbassare l’attuale soglia di 120 giorni di affitto all’anno per le residenze principali a 90 giorni (quest’ultimo punto non era stato approvato dal Senato, ma la questione doveva essere dibattuta in Commissione mista). Resta in sospeso anche un altro problema: se le cosiddette “passoires thermiques” (i “colabrodo termici”), ovvero le abitazioni molto energivore, progressivamente non potranno più essere affittate, gli alloggi per gli affitti turistici continuano a sfuggire all’obbligo di ristrutturazione. L’obiettivo era di allineare gli affitti turistici al diritto comune. “Il Rassemblement National ha votato all’unanimità contro questo testo ed è la principale sostenitrice delle piattaforme di affitto. Con RN al governo – teme Jean-Paul Lebas -, il testo finirà ovviamente nel cestino”.