la Repubblica, 17 giugno 2024
Bernard-Henri Lévy fa la radiografia delle destre
“Democrazie sotto attacco” è il titolo di cui discutono il filosofo Bernard-Henri Lévy e il direttore di Repubblica Maurizio Molinari all’Arena del sole nella sala Leo De Berardinis. Ed è la questione cruciale dei nostri giorni. C’è un filo che tiene insieme l’avanzata delle destre in Europa, l’invasione dell’Ucraina, gli attacchi di Hamas e l’antisemitismo, un filo che risale a Putin e alla strategia del Cremlino per indebolire l’Europa democratica. Entra subito nel merito Molinari, chiedendo al filosofo francese della situazione nel suo Paese alla luce delle elezioni europee, con il voto anticipato voluto da Macron.
“Queste elezioni vanno verso un’operazione verità – spiega il filosofo – la domanda che pone il presidente Macron è la seguente: ‘volete veramente Le Pen al potere? Volete veramente i populisti di estrema destra che si impadroniscano delle istituzioni, volete veramente persone come Matteo Salvini’. È questo il quesito che pone Macron”. Ma perché – insiste Molinari – così tanti francesi hanno votato per l’estrema destra? “Perché tanti italiani hanno votato per Salvini e Meloni? – controbatte Lèvy – perché le sinistre quella francese e quella italiana stanno crollando. Le ragioni sono le stesse e le conseguenze sono le stesse. Un parte della responsabilità incombe sui democratici e in particolare sulla sinistra. Io la vedo la Francia, la sinistra si è messa dietro a Mélenchon, ha accettato di scendere a patti con il suo partito, La France Insoumise, che è diventato antisemita. Ha accettato di scendere a compromessi su cose essenziali. Poi abbiamo i conservatori onesti, come li chiamo io, che sono anni che fanno compromessi con Le Pen, che giocano con le ambiguità. Un giorno tutto questo presenta il conto e si paga un prezzo molto elevato. Voi vivete sotto Meloni e Salvini, noi faremo l’esperienza in Francia e non avremo imparato la lezione dell’Italia. Siamo in questa fase della storia dell’Europa”.
Una fase dietro cui ci sarebbe un disegno del Cremlino. “L’estrema destra francese, è un dato di fatto, conduce una campagna con soldi russi, con prestiti provenienti da banche russe. Per un sacco di motivi, forse perché le banche francesi non hanno voluto fare prestiti a Le Pen”. Ma qual è l’interesse di Putin? “Per vendetta, per il papa, per i dissidenti sovietici. Lo ha detto nelle sue regolari riunioni al club Valdai e regolarmente ha additato l’Europa come una delle responsabili del disfacimento dell’Unione sovietica, che Putin considera la più grande catastrofe del ventesimo secolo. Il secondo motivo è l’ideologia. Mai sottovalutare i dittatori, vederli soltanto come bestie di potere, affamati di tirannide, sono tutti degli ideologi. Putin è un ideologo. Putin crede in una nuova Europa che ridurrà le libertà, che spianerà lo stato di diritto, che privilegia i legami di sangue su quelli di cittadinanza. C’è persino una metafisica putiniana: la tellurocazia, il potere della terra”. A ispirarlo l’ideologo Aleksandr Dugin spiega il filosofo. “Ho studiato Dugin, sviluppa queste teorie, a cui si aggiungono razzismo e anti-semitismo fino alla promozione di un’alleanza con l’islamismo radicale. Nello schema tellurocratico, caro a Dugin, c’è un progetto di una grande alleanza fra ciò che chiama l’anima slava e l’islamismo radicale più violento. È questa l’ideologia e Putin pensa, lo ha detto, apertis verbis, che il principale ostacolo per costruire questa eurasia tellurocratica, che è il suo sogno, sia l’Europa come la pensiamo noi”.
Molinari chiede allora al filosofo, se anche l’invasione dell’Ucraina faccia parte di questo piano di Mosca per distruggere l’Europa. “È quello che dicono ucraini e ucraine dal primo giorno. ‘Siamo la prima linea’, dicono, tutti sanno che sono stati attaccati perché sognavamo l’Europa, un sogno insopportabile per la Russia”. Lèvy svela di aver incontrato Dugin lo in un dibattito pubblico, nel 2018, prima dell’invasione Ucraina. “Tutte queste carte erano già in tavola – denuncia – ma come al solito, come accade con Mussolini e tutti i dittatori, si sentiva ma non si voleva ascoltare. La Russia si fa in quattro per indebolire le democrazie e lo fa sostenendo le forze anti-sistema, anti-democratiche, anti-ecologiche, anti-femministe, anti-europee. Questo è il lavoro sporco che fa anche in Italia”. Una strategia che si allarga anche al Medio Oriente, dove la guerra in Siria sarebbe stata la prova generale, e che arriva ad Hamas.
“Gli israeliani non hanno voluto vederlo – afferma il filosofo francese – ho scritto un libro che uscirà dove presento le prove. Nelle settimane precedenti al 7 ottobre, Hamas è stata ricevuta a Mosca”. Denuncia anche come anche dietro agli attacchi anti-semiti che si sono moltiplicati in Francia da ottobre, dal memoriale della Shoah di Parigi fino alle stelle di David che hanno imbrattato le case degli ebrei francesi, siano stati scoperti legami con individui russi. “La Russia usa tutto, il Cremlino sta conducendo una strategia opportunistica, la strategia del caos. Qualsiasi leva, anche le più contraddittorie per indebolire le democrazie”.
Dal loro canto le democrazie occidentali non sempre fanno abbastanza per Lèvy. Critica, ad esempio, la decisione degli Stati Uniti, presa da Trump, messa in atto da Biden, di ritirarsi dall’Afghanistan che ha riportato i talebani al potere (con il favore della Russia).
In questo scenario di democrazie aggredite internamente dal sovranismo e all’esterno dall’autocrazia russa, cosa si può fare allora, chiede il direttore di Repubblica. È una situazione d’emergenza denuncia Lévy quella della democrazia in Europa. “Al punto in cui siamo, per quanto mi riguarda, non faccio il difficile – afferma il filosofo – mi sogno certe scelte per la Francia, ci sono stati presidenti a cui sono stato più vicino, Mitterand più che Chirac, Holland più che Sarkozy o Macron, ma siamo in emergenza e per quello che mi riguarda tendo la mano a chiunque difenda i diritti fondamentali della democrazia, chi difende in modo sincero la costruzione europea e il suo futuro, non soltanto perché si fa intimidire dalla Nato. A chi ritenga che bisogna armare l’Ucraina e permettere di vincere questa guerra e respingere l’armata fascista di Putin nelle sue caserme”.
L’errore per il filosofo è poi dare per scontata la democrazia. “Certamente, la democrazia è difficile, non è naturale. Il grande errore è credere che la democrazia sia l’ordine normale delle cose e tirannia e schiavitù un’eccezione. È il contrario. Se dovessi scommettere, una scommessa filosofica, l’ordine naturale delle cose è, e me ne dolgo, la volontà di potenza, la volontà di dominio, la volontà di ridurre altri in schiavitù”. Prende ad esempio i due anni del Covid. “Non so se fosse giusto o sbagliato ma abbiamo rinunciato ai nostri diritti per una mascherina, la salute, l’igiene”. Levy bacchetta anche l’estrema sinistra. “Tanti nel partito di Mèlenchon pensano che Putin sia un grande leader. E ieri, proprio, in piazza Maggiore a Bologna, mi è tornato in mente quando sono stato qui a un convegno nel ’77 dell’estrema sinistra e mi sono chiesto, rispetto all’estrema sinistra di oggi, se sono cambiato io o sono cambiati loro. Io credo di non essere cambiato”.