la Repubblica, 17 giugno 2024
Intervista ad Al Bano
Al Bano, cominciamo con una citazione da “Cara terra mia”: come va, come va?
"Direi tutto ok, tutto ok...”.
E il cuore?
“È ok anche quello, nonostante siano riprese a circolare fake news che mi danno in fin di vita. Meno male che mamma Jolanda non c’è più, tempo fa mi hanno spacciato per morto”.
Si è fatto un’idea su chi fa circolare via social certe voci?
“Ho presentato una denuncia alla Polizia postale, speriamo bene”.
Lei com’era da piccolo?
“Come tutti gli altri bambini, fra le 4mila anime della Cellino San Marco anni Quaranta. Ma avevo già da allora una fortissima passione per la musica, aspettavamo Sanremo per imparare tutte le nuove canzoni”.
Cellino le stava strettissima.
"Il mio mito era Domenico Modugno, che da piccolo aveva vissuto a San Pietro Vernotico. Lui si era trasferito a Roma, io invece sarei andato a Milano per cercare fortuna».
Da bambino lei scrisse la sua prima canzone, ‘Addio Sicilia’.
"Ero rimasto affascinato dalla storia di una zia che si era trasferita in Argentina con il marito siciliano, un innestatore di vigneti. In Addio Sicilia immaginavo la loro odissea: è una canzone bellissima, prima o poi mi deciderò a registrarla”.
Scrisse altro in quel periodo?
"Un brano in vernacolo dedicato a mio padre, che mi voleva contadino come lui. Ma quella non era vita, sembrava una prigione a cielo aperto. E i pochi guadagni bastavano a malapena per sostenerci”.
Aveva una fidanzatina?
"Le ragazze mi evitavano perché venivo da una famiglia di contadini. Ma poi la vita mi ha dato la rivincita: qualche anno dopo tornai in piazza per il mio primo concerto a Cellino, ero già una star e le trovai tutte sotto il palco con i mazzi i di fiori”.
Immagino la sua faccia."Da ragazzino ho amato senza essere amato. Invece una cosa non è mai cambiata: la forza e la tenacia con cui ho inseguito tutti i miei obiettivi”.
Scuole medie a San Donaci.
"Dalle suore, tre anni straordinari. La professoressa di italiano si chiamava Maria Tedesco e ci fece innamorare dell’Odissea raccontandola come una favola. Un incontro fantastico”.
Poi l’istituto magistrale a Lecce.
"Il treno tutte le mattine, il fascino della città – la piccola Lecce di allora era già tantissimo per uno di Cellino – gli scioperi. E un monsignore, un omone di un metro e 95 che ci accolse così: ‘Vi rendete conto di quanti figli dovranno fare i leccesi per garantirvi uno stipendio da insegnanti? Qui servono gli operai!’”.
E lei cosa sognava di fare?
"Una sola cosa, il cantante”.
Un predestinato.
"Ma poi avrei vissuto anch’io i miei anni bui, come il mio amico Gianni Morandi. La Spagna diventò una sorta di rifugio quando giunse pure per me quel periodo, ma non mi arresi perché ero convinto che il mio unico mestiere fosse quello”.
Il diploma da maestro non arrivò mai, lei mollò al secondo anno.
"E a 17 anni partii per Milano. Il mio primo lavoro fu pitturare porte in un cantiere del Giambellino”.
Erano gli anni del Cerutti Gino.
"E sì, Giorgio Gaber l’aveva incisa subito dopo Non arrossire. Io mi arrangiavo dormendo nel cantiere, fino a quando il responsabile mi disse che non potevo più farlo”.
E finì in un ristorante.
"Cameriere al Ferrario, dalle parti di piazza Duomo, dove lavorai senza un solo giorno di riposo per otto mesi di fila. I pasti erano assicurati, però, e fra stipendio e mance guadagnavo sulle 25mila lire al mese: con 10mila pagavo la pensione in cui dormivo, il resto lo mandavo a casa”.
I suoi genitori erano contenti?
“A mamma scrivevo che lavoravo al Comune di Milano, era orgogliosa per questo. Quei mesi al ristorante sono stati una bella lezione di sociologia, mi hanno insegnato davvero tanto”.
Dei suoi incontri con Pino Massara e Pippo Baudo ho letto. Mi racconti invece del suo periodo nel Clan di Adriano Celentano.
"Prima ancora avevo lavorato alla catena di montaggio della Innocenti. Avevo lasciato il ristorante dopo una sfuriata del direttore: eravamo entrambi innamorati di una nipote del proprietario, ma lei mi aveva trovato più simpatico rispetto a lui. Ricordo ancora la sua rabbia una sera: ‘Voi terroni venite qui a fregarci il lavoro e pure le donne!’”.
‘Terrone’ era un dato di fatto.
“Gli urlai: ‘Tornerò da cantante di successo e dovrai servirmi a tavola’!”.
Andò davvero così?
"Ritornai da cliente, ma lo invitai al mio tavolo per cenare con me”.
E Celentano?
"All’epoca ero timidissimo, cantavo nella prima parte dei suoi concerti senza mai incrociarlo. L’anno scorso, però, chiamai Claudia Mori per chiederle se Adriano sarebbe stato disponibile per una telefonata in diretta nella trasmissione di Canale 5 sui miei ottant’anni. Lei mi richiamò: ‘Adriano sarà felicissimo di farlo’”.
A Milano l’aveva raggiunta anche suo fratello Franco, in arte Kocis, che ha quattro anni meno di lei.
"Debuttò a Settevoci e partecipò anche a Un disco per l’estate. Mi sentivo un po’ il suo secondo papà, più che il fratello maggiore”.
La svolta arrivò nel ’67 con ‘Nel sole’, che fu anche un film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Nino Taranto, Enrico Montesano e una Romina Power sedicenne.
"Lei mi colpì da subito”.
E lo credo…
"Passammo assieme tre giorni fantastici. Al quarto sparì, però. Si rifece viva dopo un anno: ‘Possiamo stare insieme stasera?’”.
Riuscì a cavarsela offrendole un bicchiere di vino con un panino?
"Fatto sta che nel ’69 la portai a Cellino per presentarla ai miei”.
La figlia di Tyrone Power e Linda Christian a casa di Jolanda e Carmelo.
"Papà la prese male: ‘Attento figlio mio, lo sai come sono le attrici...’”.
Ma non è affatto così!
“Lo so benissimo, infatti un anno dopo ci sposammo”.
Parliamo della sua fede.
"Un rapporto totale, ora che mi sono scrollato i dubbi e le incertezze che mi avevano allontanato dalla Chiesa facendomi stare ancora più male”.
Posso comprendere i motivi e non mi sembra il caso di ricordarli.
“Ero molto legato a don Luigi Verzé, il fondatore del San Raffaele, e ho molti frati tra gli amici più stretti. Il mio rapporto con Dio è bello e profondo, rafforzato peraltro dalle tragedie che ho attraversato”.
Hanno riguardato anche il papà.
"Per un errore in sala operatoria aveva perso la vista. Adesso pure la mia vita cambierà, pensai. E fu così: ‘Non potrò più vedere i miei figli, i miei nipoti, i miei terreni’, ripeteva. E diceva che prima o poi l’avrebbe fatta finita. Per sostenerlo gli raccontavo spesso del mio amico José Feliciano”.
Il cantautore portoricano cieco dalla nascita che cantò ‘Che sarà’ a Sanremo. Lei invece si è esibito più volte davanti a tre pontefici.
"Sette eventi per papa Giovanni Paolo II, cinque per Francesco e a volte anche per Benedetto XVI”.
Partiamo da Wojty?a.
“Lo vedevo come un fratello, Romina e io eravamo notissimi in Polonia”.
Ratzinger?
"Si limitava a una benedizione”.
E con Bergoglio?
"Tempo fa avevamo programmato una visita da papa Francesco con altri due amici e avevo invitato un signore del Madagascar che voleva vederlo. Arriviamo a Roma e mi avvertono: ‘Non ce la facciamo’. Il tipo del Madagascar era a pezzi, allora mi presentai in Gendarmeria e chiesi del comandante. Conclusione: papa Francesco ci ricevette per un’ora”.
Tre settimane fa ha cantato all’Olimpico davanti a lui per la Giornata mondiale dei bambini.
"È stato fantastico, davvero”.
E lo ha fatto nello stesso stadio delle clamorose stecche di qualche giorno prima con l’Inno di Mameli.
"Una bella rivincita dopo gli errori di quella sera. Avevo attaccato con tre toni sopra, ma non sentivo nulla. E sono andato avanti senza pietà”.
Parliamo di vini: sono migliori i suoi o quelli di Bruno Vespa?
“Come potrei parlare male del mio amico Bruno? E poi il suo consulente è Riccardo Cotarella, chapeau. I miei vini non scherzano, comunque. E il primo settembre inaugureremo la nostra terza cantina, un gioiello”.
Continuerà col ‘Don Carmelo’?
"Quando partii per Milano dissi a mio padre: avrò successo, poi tornerò e produrrò un vino con il tuo nome”.
Il G7 era a due passi da Cellino. L’Ucraina considerò lei una minaccia per la sicurezza nazionale, visti i suoi apprezzamenti per Putin.
“Lo reputavo il più occidentale fra i leader russi di sempre”.
Complimenti per la lungimiranza!
"Ora il mondo ha un solo obiettivo: la pace, che può arrivare soltanto con la rinuncia alla forza delle armi per puntare su quella dell’intelligenza”.
Nella nostra Puglia lei è anche il testimonial della campagna per il 5 per mille all’istituto de Bellis.
"È da quando conobbi Umberto Veronesi che do una mano, sempre a titolo gratuito, al mondo della ricerca. Ho visto bambini di 4-5 anni inchiodati a letto nell’Istituto tumori: ‘Quando venite qui a cantare, loro passano intere giornate a ricordare quelle due ore’, mi dicono i medici”.
Qual è la sua canzone più bella?
“Libertà. Le radio romene la trasmisero a palla dopo la rivoluzione che portò al crollo di Ceau?escu, il regime l’aveva messa al bando”.
C’è un nuovo disco all’orizzonte?
"Lavoriamo da un anno mezzo a un progetto, il titolo provvisorio è I canti del Mediterraneo: un brano per ogni Paese affacciato sul Mediterraneo. E poi c’è la mia sanremite acuta...”.
La rivedremo al Festival?
“Sanremo è la mia benedizione. Nel 2025 vorrei esserci l’ultima volta”.
In coppia con Checco Zalone?
"Un duetto sarebbe bellissimo, dopo i suoi con Francesco De Gregori”.
Come va con Loredana Lecciso?
"Benissimo, nonostante sia difficile sopportare uno come me”.
Ha votato alle europee?
"Sì, ma nemmeno sotto tortura riuscirete a farmi dire per chi”.