la Repubblica, 16 giugno 2024
Basta con Bocelli
Pur rimanendo nell’alveo dello stereotipo (l’Italia patria del bel canto e della melodia), non si potrebbe allestire per i prossimi eventi solenni un piano B, rispetto a Bocelli che canta il Nessun dorma per la miliardesima volta? Lo si fa per il menù, per il protocollo, per l’ospitalità, perché non provarci anche con la lirica? Si osa il pane al pomodoro nei banchetti più formali, non si potrebbe sperimentare qualche deroga anche per la colonna sonora? Non dico la dodecafonia o il punk, ma almeno qualche variante nel campo, ampio e glorioso, della romanza d’opera.
Con tutto il rispetto per Puccini e la sua conclamata grandezza, io di sentire il tenore che spara il “vinceròòòòò” non ne posso veramente più. È diventato un ritornello fisso, un obbligo sonoro, una sigla onnicomprensiva che copre qualunque esigenza, dalla pubblicità dei prosciutti al summit mondiale, dai grandi eventi sportivi al pranzo di matrimonio con taglio della cravatta. Tu vedi il tenore che s’avanza, il pubblico che ammutolisce, e pensi: oddio, adesso canta il Nessun dorma. E lui canta il Nessun dorma.
Propongo una commissione di esperti, presieduta da Augias e con un vicepresidente in quota alla destra, che sottoponga alle autorità una lista di alternative all’altezza, magari concedendo un turno di riposo al tenore e dando spazio al soprano e addirittura al baritono (per le occasioni meno squillanti).
Qualcosa che non costringa anche gli addetti alla sicurezza e al ristoro a borbottare senza farsene accorgere “oh no! ancora il Nessun dorma…”, mentre Meloni simula esultanza per far contenti gli ospiti.