Corriere della Sera, 15 giugno 2024
Intervista ad Arianna Errigo
«Pensavo che solo i gemelli mi togliessero il sonno, invece ci si è messo pure il Presidente Mattarella. Sono notti che non dormo. Mi giro nel letto, in preda alle emozioni che, per deformazione, ho imparato a gestire. Ma mercoledì scorso, al Quirinale, ero fuor di pedana: l’agitazione ha preso il sopravvento. Spiazzante. E memorabile».
Ha una voce esile, di chi è piegato dalla stanchezza, la schermitrice brianzola Arianna Errigo, rientrata a Frascati da Roma dove, due giorni fa, insieme agli altri alfieri azzurri Gianmarco Tamberi, Ambra Sabatini e Luca Mazzone, ha ricevuto il tricolore dal Capo dello Stato. Saranno loro i portabandiera ufficiali dell’Italia ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi che cominceranno il 26 luglio prossimo.
Arianna, come si sente?
«Disorientata, felice, a tratti goffa. Ci si deve allenare anche per andare dal Presidente, sa? Ho ripetuto il discorso per giorni: da sola, davanti allo specchio, con mio marito, insieme ai bambini per provare ad avere un po’ di pubblico (ride). E ogni volta era un pianto a dirotto. A furia di provare e riprovare, mi son detta: “Ari, quando sarai là, andrà tutto bene”. Invece è stato come a casa, lacrime comprese».
Si aspettava di essere portabandiera degli Azzurri?
«Neppure lontanamente: la mia massima ambizione è sempre stata la medaglia d’oro (Errigo ha vinto 22 medaglie mondiali, 19 europee, 3 olimpiche e 5 coppe del mondo generali di specialità, ndr). Mi sono letta sui giornali, come “papabile”, qualche giorno prima della decisione. Solo a quel punto ho cominciato a sperarci. Poi è arrivata la telefonata del Presidente del Coni, Giovanni Malagò. Essere la portabandiera significa rappresentare l’Italia, i suoi valori, la sua grandezza. Impagabile».
Parigi 2024 sarà la sua quarta Olimpiade: è pronta?
«Mi sto preparando. A 36 anni vivo uno dei momenti più magici di sempre: sono appagata come donna e professionista. Volevo dei figli: lo scorso anno ne sono arrivati due in un colpo solo (Stefano e Mirea, avuti il 3 marzo 2023 da Luca Simoncelli, il marito-allenatore, ndr). Il mio lavoro, la scherma, è una grande passione. Portare avanti le due cose insieme è sfidante, la stanchezza non ha mai fine. Ce la metto tutta perché la soddisfazione di riuscire a crescere i bambini, con il cuore e la mente proiettati ai Giochi, mi esalta».
Malagò, presente al Quirinale, di lei ha detto che è un simbolo per tutte le mamme-atlete. Ci si ritrova?
«Mi ritrovo nella fatica di essere l’una e l’altra, mamma e atleta. Quando arrivano, i figli stravolgono l’ordine delle cose, scardinano le certezze. Se prima vivevo in un sistema tolemaico con me al centro, ora i tempi e i recuperi li dettano i miei bimbi. Cambiano le responsabilità, i pensieri si moltiplicano, i sensi di colpa non si contano più anche perché io li porto sempre con me, ovunque vada: in allenamento o durante le competizioni ufficiali. Insomma, non li mollo un istante. A volte mi chiedo se stia facendo il meglio. Giusto, sbagliato? Non so. So solo che la testa è sempre rivolta a loro: adesso, per esempio, sono in aria perché Stefano, reduce dalla vaccinazione, non sta benissimo. Passerà, ma intanto il chiodo fisso è lui. D’altra parte mi ritengo fortunata perché c’è anche chi mi aiuta: la famiglia, i miei compagni di Nazionale. Quando mi alleno, sono loro a prendersi cura dei gemelli. Per questa “forma di assistenzialismo” devo ringraziare il commissario tecnico Stefano Cerioni. Al di là di questo, credo che le donne-atlete meritino un’attenzione in più. Ci sono ancora troppe sportive che devono decidere se continuare la propria carriera o diventare mamme».
Sta dicendo che senza aiuti noi donne non ce la facciamo?
«Sto dicendo che non dovremmo essere messe nelle condizioni di scegliere perché abbiamo tutto il diritto di realizzarci e come donne e come madri. Poi, certo, bisogna avere determinazione. Io, ad esempio, ho affrontato l’improbabile: mi sono allenata per un anno senza maestro; ho scelto di cimentarmi nella doppia arma – fioretto e sciabola – affermandomi nell’una e nell’altra; sono arrivata alla mia età competitiva dopo aver ripreso gli allenamenti a quattro mesi e mezzo da un parto gemellare con cesareo. Oggi vanto primati di tutto rispetto: sono stata per cinque anni la numero uno del ranking mondiale, salita sul podio mondiale individuale per otto edizioni consecutive. Sono la sola atleta donna al mondo ad aver raggiunto risultati con la doppia arma. Nella scherma moderna nessun uomo è riuscito in questa impresa. Vorrei che le bambine di oggi crescessero cocciute. Alle giovani dico: fidatevi delle persone che possono migliorarvi, ma non fatevi condizionare. E ancora, non vergognatevi di chiedere aiuto e divertitevi!».
La sua paura più grande?
«In assoluto la malattia, mia o dei miei cari. Se penso allo sport, sono una “cagasotto”. Amo il surf, ma davanti a un’onda grossa non faccio la spavalda. Nella scherma temo di dover smettere quando non sono io a deciderlo. Mi piacerebbe chiudere la carriera al momento giusto per me».
Cosa disprezza di una persona?
«L’arroganza e la falsità».
Qualcuno è stato arrogante o falso con lei?
«Tanti. Penso a chi non ha voluto che portassi avanti la doppia arma. Desideravo andare a Tokyo con fioretto e sciabola, non mi fu concesso: scelte federali. In un mondo ideale sarebbe utile che arrivassero delle scuse: non credo che capiterà. Le rivincite, io, me le prendo in pedana».
Si tolga un sassolino.
«No. Mi sono sempre tenuta poche cose. Ho avuto divergenze in vari ambiti perché non le mando a dire. Motivo per cui non avrei mai immaginato di essere portabandiera: ripaga delle occasioni perse per questo lato spigoloso».
Che cosa la fa stare bene?
«Il buon sonno e la cucina. Ma tra allenamenti e figli ho poco tempo per dormire. E di cucinare, ora, non è il momento. Incrocio le dita e penso a Parigi...».
Lei ha girato il mondo: il Paese in cui vorrebbe vivere?
«L’Italia: non c’è nulla che le somigli. Dalla storia ai paesaggi, abbiamo tutto. Cibo incluso, sono appassionata».
Che valore dà al cibo?
«È il mio carburante. Sono attenta a quel che mangio: è una fissa di noi sportivi. In realtà dovrebbe esserlo per tutti perché da quel che mettiamo in tavola dipende la salute, nostra e del pianeta».
Arianna, si piace?
«Mi preferivo prima di diventare mamma: la gravidanza ha cambiato il mio fisico. Quando sono nati, i gemelli erano piuttosto grossi: mi hanno sformato. Allo specchio non vedo l’Arianna di un tempo: ma va bene così».
Che cos’è l’amore per lei?
«Un sentimento puro e senza barriere: in un’unica parola, Luca. Siamo insieme da undici anni, sposati da cinque. Lui è stato un atleta ad altissimi livelli, poi è diventato maestro. Viviamo in simbiosi. Condividiamo le stesse passioni. E abbiamo una sola regola: a casa non si parla di scherma».
Si sente un eroe?
«Dinanzi alle sfide quotidiane lo siamo tutti. Eroe è chi affronta una malattia, pur non superandola; chi approccia al mondo del lavoro con onestà, tra ingiustizie e favoritismi, rifuggendo i compromessi; chi si realizza nel proprio piccolo».
Quali sono i diritti per cui vale la pena lottare?
«La libertà di fare, con coraggio, dedizione e perseveranza, ciò che è bene, non quel che piace. E poi la giustizia nei confronti di ogni uomo, anche il più reietto».
Il Presidente Mattarella sarebbe d’accordo.
«Sì. Lo aspettiamo a Parigi perché sia orgoglioso di noi una volta di più, a prescindere dai risultati per i quali, comunque, daremo il massimo. Siamo determinatissimi».