il Giornale, 14 giugno 2024
Williams, la signora della «flash fiction»
Scrive racconti brevissimi, da una vita. Anno dopo anno, poche righe dopo poche righe, la raccolta delle sue storie, pubblicata negli Stati Uniti nel 2018, è arrivata a raggiungere quasi ottocento pagine. Diane Williams, nata a Chicago nel 1946, è da anni un’icona letteraria newyorchese, grazie anche alla rivista Noon, da lei fondata e diretta, e sulla quale ha pubblicato autori come Lydia Davis (che ha vinto il Man Booker Prize nel 2013), Roxane Gay (celebre per Fame. Storia del mio corpo) e la molto acclamata Ottessa Moshfegh. Ma lo è soprattutto grazie alle sue fulminanti raccolte: undici in totale, con la nuova Insomma siete ricchi, appena edita in Italia da Black Coffee (pagg. 100, euro 18). Alla fama di Williams nell’ambito dell’avanguardia hanno contribuito anche la sua formazione fuori dal comune, all’università con Philip Roth e, poi, con Gordon Lish, e l’aver pubblicato con McSweeney’s, la casa editrice fondata da Dave Eggers, che ha in catalogo Stephen King, Joyce Carol Oates, Michael Chabon... Insomma questa signora dai capelli bianchi è una outsider che, con i suoi raccontini spiazzanti e talvolta pieni di sesso è ormai ritenuta (parola della Paris Review) «la madrina della flash fiction». Che poi è solo un’etichetta: «Sono sempre un po’ sorpresa dal termine flash fiction – racconta a cavallo del suo viaggio in Italia, un po’ per presentare il libro e un po’ per amore – Il racconto brevissimo è una forma antica. Inoltre, il vocabolo è entrato nell’uso molto tempo dopo che avevo iniziato a scrivere i miei lavori, alla fine degli anni ’60. All’epoca, un professore mi aveva chiesto di ampliare la mia visione, ma non ero in grado; poi, miracolosamente, col passare degli anni sono riuscita a scrivere tre novelle: The Stupefaction, Romancer Erector e On Sexual Strenght, che si trovano tutte nelle mie raccolte». La sua esigenza di scrittrice, però, all’inizio era un’altra: «I miei primi tentativi letterari erano urgenti: mi sentivo in extremis. Mentre componevo vivevo la pressione di rispondere alle domande che mi tormentavano, più in fretta possibile. E poi sono cresciuta in un ambiente domestico di bulli verbali, che non avevano pazienza con me, e credo che questo mi abbia influenzato: ho sviluppato l’abitudine di parlare brevemente e velocemente».
Da allora, le storie, alcune di una paginetta soltanto, si sono susseguite. Ogni volta è diverso: «Ho il desiderio di imparare qualcosa che ancora non so. Provoco me stessa a scavare in profondità, a non avere paura, a essere più vera di quanto creda sia saggio. Ovviamente sono altrettanto concentrata sulla forma e la drammaticità del racconto, la sua dizione e la sua musica». Un approccio in cui rimangono le lezioni dei suoi maestri: «Gordon Lish ci spingeva a nutrire grandi ambizioni. Era interessato a un’arte letteraria che offrisse una narrazione coraggiosa e intima della verità, a una struttura ben costruita e ad effetti acustici potenti. Philip Roth era concentrato sul desiderio: ci ha introdotto alla narrativa classica di Flaubert, Kafka e Cheever».
Diane Williams non ha mai abbandonato il terreno della sperimentazione: «Un linguaggio eccitante è importante per me. Ed è importante una voce autentica, che riveli una mente che è come nessun’altra». Ecco perché la brevità di una storia non implica velocità di scrittura: se la forma è legata alla verità, i tempi di lavoro mutano di conseguenza. «La mia esperienza cambia a seconda del singolo racconto. Alcune storie sono pronte in una settimana ma, accidenti, accade assai raramente... Al momento sto lavorando su una serie di racconti sui quali fatico da molti mesi».
Alla fine, quante storie – brevi, brevissime, qualcuna un filo più lunga – ha scritto Diane Williams? «The Collected Stories of Diane Williams comprende oltre trecento racconti, anche se un editore si è rifiutato di cedere i diritti di una serie di storie per quel volume... Dopo quella antologia ho pubblicato altre due raccolte e sono già a metà del mio prossimo libro. Quindi possiamo dire che ho scritto più di quattrocento storie».