La Stampa, 14 giugno 2024
La bellezza dell’affido
Agli inizi degli Anni 60 i minorenni ricoverati in istituto erano oltre 300 mila, tra la fine degli Anni 60 e i primi Anni 70 nascono le esperienze di affidamento familiare.
Oggi (gli ultimi dati ministeriali disponibili risalgono al 31 dicembre 2021) ci sono 13.248 minorenni in affidamento.
«Una conquista importante che può e deve ancora essere potenziata – afferma Frida Tonizzo, presidente dell’Anfaa, l’Associazione nazionale famiglie affidatarie e adottive – perché ogni bambino ha diritto a crescere in una famiglia». E ancora: «L’affido è prezioso perché spesso i bambini e i ragazzi non possono continuare a vivere nella famiglia di origine a causa della inadeguatezza dei genitori. Ma quando non esistono le condizioni estreme di adottabilità si può ricorrere alla pratica dell’affido. Una sorta di zona grigia nel totale interesse dei minori».
Per genitori biologici “inadatti” non si devono intendere quelli con problemi economici, perché in questo caso si può intervenire per aiutarli. Le difficoltà sono ben più complesse e insormontabili, come malattie mentali e gravi dipendenze da alcol e droga. «Noi auspichiamo una sempre maggiore intesa tra le famiglie originarie e quelle affidatarie – prosegue Tonizzo – ma al momento prevalgono, con l’81,3% gli affidi giudiziari rispetto al 16% di quelli consensuali, oltre al 2,7% di casi non indicati».
Secondo l’Anfaa «le evidenze scientifiche mostrano come gli affidamenti consensuali e precoci, o affidamenti “ponte” in caso di neonati e bambini molto piccoli, abbiano un miglior esito a lungo termine, sia per il bambino che per la sua famiglia di origine, poiché hanno il vantaggio di lasciare il bambino in una situazione di pregiudizio per un tempo inferiore, oltre che consentire una maggiore collaborazione da parte dei familiari, con migliori possibilità di recupero delle capacità genitoriali e di rientro del bambino nella famiglia d’origine. Al contrario, le accoglienze tardive sono associate a maggiori problematicità, a interventi più lunghi e spesso ad un mancato rientro in famiglia di origine».
I bambini possono essere affidati a parenti (ciò avviene nel 44% dei casi) oppure ad altre persone (56%). Ci sono regole ben precise delineate dalla legge 184 del 1983. «L’affido non è un optional – precisa la presidente Anfaa – avviene secondo norme che garantiscono la tutela dei bambini e dei ragazzi. Gli errori possono verificarsi, ma bisogna stare molto attenti a non demonizzare questo fenomeno. L’effetto Bibbiano è stato devastante: le accuse contro Foti si stanno sgonfiando come un soufflé, è stato assolto non per insufficienza di prove ma per non aver commesso il fatto. Certo, ci sono altri indagati, ma al di là delle responsabilità individuali si è fatto un gran can can mediatico e si è buttato via il bambino insieme all’acqua sporca».
Rispetto all’età dei minorenni accolti, si conferma una prevalenza di preadolescenti e adolescenti affidati: 29,8% tra 11 e 14 anni e 27,5% tra 15 e 17 anni. Secondo l’Anfaa occorre garantire a questi minorenni adeguati interventi di accompagnamento ai percorsi di autonomia, da costruire prima del raggiungimento del loro diciottesimo anno di età. Ma non basta, l’obiettivo è andare oltre, affinché gli enti locali assumano deliberazioni per proseguire l’affidamento fino al ventunesimo anno di età sulla base di un progetto specifico per creare le condizioni per il raggiungimento di una sufficiente autonomia da parte degli affidati e consentire il loro autonomo inserimento sociale. La prosecuzione degli affidamenti si rende necessaria oltre i 21 anni (erano 1.201 a fine 2021), quando l’affidato è portatore di handicap o gravemente malato e non è in grado di inserirsi autonomamente nella società.
La Riforma Cartabia stabilisce che l’affidamento duri tre anni e possa essere prorogato «se il rientro nella famiglia d’origine crea un grave pregiudizio al minore». Ogni due anni, occorre tuttavia una verifica della situazione affidataria. I minori possono essere assegnati anche ai single e alle coppie omosessuali. Sulla carta è previsto un rimborso di circa 450 euro al mese, di più se si tratta di disabili, ma spesso le famiglie non percepiscono soldi. «Purtroppo non sempre i Comuni hanno fondi – puntualizza Frida Tonizzo – e quindi le famiglie affidatarie sono volontarie a tutti gli effetti. Confidiamo in una maggiore attenzione alla nostra realtà e all’istituzione della giornata nazionale dell’affido il 4 maggio, giorno in cui nell’83 è stata emanata la legge».
Proprio di diritto famigliare si vuole occupare una laureata in legge, Alessandra Moscato, 26 anni, data in affidamento quando ne aveva 10. «Se sono qui oggi – afferma – lo devo proprio a questo percorso e a quella famiglia che, per fortuna mia, trent’anni fa ha iniziato a fare la sua prima esperienza di affido e ancora oggi continua. In tutto ciò, la parte migliore di tutto questo bellissimo mondo è che, quando è intervenuto, il rimorchiatore non ha trainato solo me verso il porto sicuro: ha cercato di aiutare anche il resto della mia famiglia di origine».