Corriere della Sera, 14 giugno 2024
L’agenda di Trump
Donald Trump ieri era a Washington per incontrare deputati e senatori repubblicani. Convinto di un suo ritorno alla Casa Bianca, l’ex presidente ha già impartito istruzioni ai parlamentari sulle priorità dell’agenda legislativa 2025: estrema durezza con gli immigrati clandestini, meno tasse, niente tagli a pensioni e sanità (nonostante la spesa fuori controllo). Ma il leader conservatore aveva anche obiettivi più immediati per questo suo ritorno a Capitol Hill: il primo dall’assalto dei suoi fan al Congresso, il 6 gennaio 2021.
Trump non è entrato nell’edificio – il Campidoglio, sede delle aule di Camera e Senato – che fu occupato in quella drammatica giornata. Il candidato ha ricevuto l’ovazione dei deputati al mattino nel Capitol Hill Club dei repubblicani e dopo mezzogiorno ha incontrato i senatori. Poi un breve discorso per sottolineare l’unità, lamentare il declino degli Stati Uniti, simboleggiato dalla presenza di navi da guerra russe davanti alla Florida, rovesciare su Biden l’accusa, in genere rivolta a lui, di calpestare la democrazia americana. Democrazia distrutta dall’arrivo di criminali, pazzi e disordine, dice Trump.
Per il candidato repubblicano non è solo un evento studiato per mostrare la disciplina di un partito che ormai lo segue senza troppi distinguo sulla sua linea (molto lontana da quella tradizionale dei conservatori), ma anche l’occasione di incontrare molti parlamentari che non aveva mai più visto da quel giorno tragico di tre anni e mezzo fa. Come il leader dei senatori repubblicani, Mitch McConnell, che da allora ha rotto i rapporti con lui, ma ieri c’era. Come Mitt Romney, in passato suo critico durissimo.
Più importante, per Trump, è stato il colloquio con lo speaker della Camera, Mike Johnson: c’era un rapporto da ricucire, visto che Donald lo ha attaccato quando ha fatto compromessi coi democratici per far passare alcune leggi essenziali e gli aiuti militari all’Ucraina, mentre la sua pasionaria, Marjorie Taylor Greene, lo ha tenuto sotto la costante minaccia di una mozione di sfiducia.
C’era, poi, il piano d’attacco dell’amministrazione Trump 2025 da illustrare, ma anche un obiettivo ben più pressante e immediato per l’ex presidente: in una furiosa telefonata, descritta come piena di epiteti volgari – uno sfogo per la condanna penale appena ricevuta a New York – qualche giorno fa Trump ha chiesto a Johnson di fare il possibile per disinnescare quella sentenza e per accusare i democratici di usare il sistema giudiziario come un’arma contro di lui. Lo speaker, un avvocato prima di entrare in politica, stava già lavorando sulla cosa. Il primo passo è stato quello di riprendere una proposta di legge presentata lo scorso anno da un deputato del South Carolina, Russell Fry, in base alla quale le incriminazioni dei presidenti decise da procuratori di singoli Stati dell’Unione, verrebbero trasferite automaticamente ai tribunali federali.
Altri parlamentari propongono di usare le leggi di bilancio per privare di fondi l’ufficio del superprocuratore Jack Smith: quello che ha incriminato Trump nelle corti federali per aver alimentato la rivolta del 2021 e per la detenzione illegale di documenti top secret. Misure che non passeranno, e non solo perché al Senato la maggioranza è democratica: alla Camera il margine di vantaggio dei conservatori è limitatissimo e alcuni parlamentari di destra si sono detti non disposti a votare queste proposte.