Il Messaggero, 13 giugno 2024
Ritratto di Arianna, quella del filo
In principio, fu un filo. Protagonista di un episodio mitologico talmente famoso da essere eretto a paradigma, passando alla storia come “il filo di Arianna”. La vicenda, di cui ci sono più versioni, è stata musicata, messa in versi, dipinta. Gli attori principali sono il futuro re e legislatore di Atene Teseo figlio di Egeo e di Etra; la principessa di Creta, Arianna figlia di re Minosse e della regina Pasifae; il mostro detto Minotauro, che da Pasifae era nato a causa di quei malsani intrecci, quelle vendette divine di cui l’antichità abbonda.LE VERSIONISecondo la versione più nota, dopo aver vinto la guerra contro Atene, Minosse ha preteso dalla città un terribile prezzo di sangue. Ovvero che Atene mandi ogni nove anni – o ogni anno – a Creta sette fanciulli e sette fanciulle, destinati a essere dati in pasto al mostro dalla testa di toro e il corpo di uomo, il Minotauro chiuso nel labirinto ideato da Dedalo (proprio colui che si attaccherà sulle spalle ali saldate con la cera per fuggire con il figlio Icaro, promesso a triste sorte). Dopo qualche tempo, Teseo – “civilizzatore” degli Ioni, giustiziere dei briganti e membro degli Argonauti – decide di sopprimere il Minotauro. Partendo dalla terra natia, promette al padre Egeo (anch’egli protagonista di strane vicende, fra cui un matrimonio con Medea, la quale aveva ucciso i propri figli) che se vincerà farà issare vele bianche sulla nave. Se perirà, le vele saranno nere.Giunto a Creta Teseo incontra Arianna, che si innamora di lui. Per amore, si smuovono le montagne. E si fanno pure parecchie pazzie. La principessa capisce che, se anche il giovane riuscisse a uccidere il mostro, non sarebbe in grado di trovare l’uscita dal labirinto. Per salvarlo da morte certa, dà a Teseo un gomitolo di lana, il cui filo dovrà srotolare, avendo cura di segnare l’ingresso. Così ritroverà la strada. È, per l’appunto, il “filo di Arianna”. L’eroe elimina la belva e riemerge sano e salvo, gettandosi fra le braccia dell’amata. IL GOMITOLODiversa, e più spiritosa, è la versione che il libro a fumetti per bambini Eroi in pantofole, di Pasini e Gavioli, fornisce dell’avventura. “Fu Teseo, ve lo dimostro, che sconfisse il truce mostro, / Minotauro si chiamava e il palazzo che abitava/ era tutto corridoi, stanze, scale e ballatoi, /fatti apposta e congegnati per restarci imprigionati. / Or Teseo, per far giustizia, ricordò una sua amicizia: /certa Arianna, una vecchietta, che faceva la calzetta/ e, tirandosela appresso, disse: “Tu stai qui all’ingresso; / io ti reggo questo chilo di gomitolo di filo! / Sferruzzava la vecchietta, mentre quello in tutta fretta, / seminando per uscire una traccia da seguire, / srotolando il fil di lana, / era entrato nella tana, / dove, a fin di gran duello, vinse il mostro cattivello. / Or doveva, per tornare, il gomitolo rifare. / Ma quel filo bell’e pronto se ne andava per suo conto/ e Teseo andargli appresso, quando, giunto lì all’ingresso, / vide, in mano, alla vecchietta, terminata la calzetta”.LA VILTÀNel mito, tuttavia, Arianna non è una vecchietta, bensì una fanciulla bella e seducente, il cui amore è apparentemente ricambiato da Teseo. Tanto che questi, tornando sulla propria nave insieme ai giovani che ha salvato, porta anche colei a cui deve la vita. La principessa non può restare sull’isola, dopo aver tradito suo padre e la sua gente per lui. A un certo punto, però, il veliero fa scalo a Nasso. E lì accade l’inimmaginabile. L’eroe per antonomasia si dimostra di rara viltà e, per ragioni non chiare, sbarca la ragazza addormentata, piantandola in asso. L’espressione viene proprio, a quanto pare, da quell’episodio. “Piantare in Nasso” diviene “in asso”. Risvegliatasi, la bella vede la nave che si allontana e, incredula, piange e si dispera. Come è possibile, che colui a cui ha salvato a caro prezzo la pelle l’abbia sedotta e abbandonata, lasciandola senza una spiegazione? Ricorda un po’, questo comportamento, parecchi altri abbandoni che si sono susseguiti in tutti i tempi, perpetrati da uomini autoreferenziali ed egoisti, incapaci di riconoscenza e senso di responsabilità.L’UNIONEA un certo punto, però, compare Dioniso su un carro trainato da pantere, fra baccanti, satiri e menadi. Trafitto dal colpo di fulmine per Arianna, il dio si comporta più correttamente dell’essere umano e convola ierogamia, l’unione fra una divinità e un mortale con la principessa. Moltissime sono le pitture dedicata al matrimonio fra Bacco e Arianna, fra cui i Trionfi di Annibale Carracci a Palazzo Farnese. Lo stesso Lorenzo il Magnifico scriverà per loro la Canzona di Bacco nei Canti carnascialeschi. Proprio quella di «Quant’è bella giovinezza/ che si fugge tuttavia». Ma non c’è solo questa versione del finale. Secondo un altro mito, Arianna, disperata per aver perso patria e innamorato, si getta in mare e perisce fra i flutti. Anche re Egeo è vittima del distratto egoismo del figlio, il quale dimentica di far mettere le vele bianche. Il genitore lo crede morto e si annega a propria volta. «Amor condusse noi a una morte», direbbe Dante. A riprova del fatto che amare troppo non è mai saggio.