il Fatto Quotidiano, 13 giugno 2024
Meloni e Sinner sono di moda però attenti al doppio fallo
C’è Sinner che su uno pseudo kart guida veloce per Fastweb.
C’è Sinner con in mano gli spaghetti De Cecco.
C’è Sinner che consiglia di bere un caffè Lavazza.
C’è Sinner che guida Alfa Romeo.
C’è Sinner che si nutre di Parmigiano Reggiano.
C’è Sinner che si lava i capelli (come perdersi i suoi capelli) con prodotti La Roche-Posay.
C’è Sinner che indossa orologi Rolex, che si allena su Technogym, che usa quaderni Pigna.
C’è Sinner che improvvisamente rende il tennis argomento di conversazione popolare, con gruppi di ascolto per tifare le sue partite, commentare, discettare e magari attaccare l’arbitro per una palla dubbia. Con Paolo Bertolucci, 72 anni, 65 dei quali passati tra terra, erba e cemento, bravissimo a fotografare il fenomeno con una battuta folgorante: “Tutti fan del tennis e di Sinner. Poi se gli chiedi cos’è un doppio fallo vanno a vedere su Youporn”.
Siamo così.
Non solo nel tennis, ovvio.
Siamo soggetti preda del marketing esteso, del marketing aggressivo, del marketing cieco, del marketing sognante e coinvolgente che dà un senso di famiglia benestante, vincente, appagante. Che rende orgogliosi se entriamo nel cerchio magico. E allora capita nel tennis come nella politica, dove negli ultimi 10 anni l’Italia è passata a credere così tanto in Matteo Renzi da regalargli il 40,81 per cento dei voti; poi l’orizzonte è mutato e si sono incrociati i destini di Lega e Cinque Stelle, entrambi sopra il 30 per cento. E Salvini trionfante. E Di Maio in gloria.
Oggi Renzi non supera neanche la soglia di sbarramento del 4 per cento nonostante un rassemblement così ricco da sembrare un menu da matrimonio; i Cinque Stelle non toccano la doppia cifra e Salvini è costretto ad affidarsi a un generale che inneggia alla XMas pur di offrire un segno di vitalità.
Oggi è il tempo della Meloni.
La Meloni che dice, la Meloni che fa. La Meloni come sorride, cosa mangia, dove va. La Meloni è positiva, la Meloni è una sicurezza, la Meloni è la nuova Merkel (sì, c’è chi lo ha veramente sostenuto). La Meloni è tanto brava, è solo circondata da incapaci, incompetenti, nostalgici, amici di criminali conclamati. Ma lei non ne ha colpa, è quasi a sua insaputa. Così non importano le inchieste, le denunce, le palesi incompatibilità (per restare solo nel gergo sportivo, con la Santanchè scatta la doppietta: denunce e incompatibilità); non importano le nefaste riforme sulla Giustizia o sulla Costituzione. Non importa, ora e adesso va bene tutto. Perché lei oggi è come Sinner, o Sinner è come lei e come loro è stato Berlusconi quando un giorno era operaio, un altro conduttore tv, un altro ancora presidente di calcio, poi premuroso nonno, ostinato seduttore e ancora e ancora. Marketing puro, Publitalia il suo booster.
E in tanti a credergli, anzi a volergli credere, ad accontentarsi della facciata senza alcun desiderio di sbirciare dietro l’angolo dell’apparenza, con il coraggio di affrontare un briciolo di sostanza.
Tanti e tanti anni fa scriveva Jack Kerouac in On the road: “Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. – Dove andiamo? – Non lo so, ma dobbiamo andare”.
Alla cieca, sulla pigra fiducia. Con il pericolo, in realtà una certezza, che come il consenso è arrivato e non si è radicato nella sostanza, così il consenso svanisce e dall’andiamo di Kerouac è un attimo passare al “ma va…” di Alberto Sordi.