il Fatto Quotidiano, 13 giugno 2024
Il lodo Belloni
Giorgia Meloni le ha affidato il summit internazionale più importante del suo mandato: il G7 coi grandi del mondo. “Ci giochiamo la credibilità internazionale dell’Italia”, le ha detto la premier a metà marzo per convincerla ad accettare un doppio incarico così gravoso. Così Elisabetta Belloni, diplomatica di lungo corso che dirige anche il Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza (Dis), si è messa subito a disposizione. Due mesi di organizzazione logistica e trattative serrate con gli sherpa degli altri Paesi per limare la dichiarazione finale, compreso l’incidente di ieri sul diritto all’aborto fatto togliere proprio dalla premier italiana.
Meloni punta tutto su Belloni tanto da pensare a lei per un ruolo da prossima commissaria europea. Vorrebbe evitare un rimpasto di governo così da non provocare scossoni con gli alleati e quindi nelle ultime ore a Palazzo Chigi sta prendendo sempre più piede l’ipotesi di un “tecnico” per la prossima commissione. E Belloni è un nome spendibile: la premier si fida ciecamente di lei e, vista la carriera da diplomatica alla Farnesina, ha ottime entrate nelle cancellerie europee.
Un indizio, spiega una fonte di governo, arriva dal disegno di legge sulla cybersicurezza che è stato approvato alla Camera e adesso è in discussione al Senato. Il governo, in fase di discussione, ha presentato e fatto approvare un emendamento che introduce uno stop alle porte girevoli per i dirigenti delle agenzie sui Servizi. La norma prevede che coloro che hanno diretto Dis, Aisi o Aise non potranno per tre anni svolgere attività lavorativa, anche di consulenza, a soggetti pubblici o privati italiani o esteri. L’obiettivo è quello di evitare i conflitti d’interessi – troppo spesso frequenti – da parte di chi lavora nell’intelligence e poi viene assunto in società pubbliche o private, tra cui rientra anche l’Unione europea.
Niente di strano se non fosse che alla norma è stato inserito un inciso: “Fatto salvo che non vengano autorizzati dalla Presidenza del Consiglio”. Insomma, se Palazzo Chigi dovesse autorizzare un cambio di ruolo a quel punto sarebbe possibile passare dalla direzione del Dis, per fare un esempio, a un ruolo da commissario europeo. E, le stesse fonti di governo, individuano in quella precisazione un modo per “salvare” Belloni in caso di nomina come commissario a Bruxelles.
Quale potrebbe essere il suo ruolo è ancora presto per dirlo. L’ipotesi di alto rappresentante per la politica estera – che farebbe proprio al caso di Belloni – sembra da escludere, mentre la casella che l’Italia cerca potrebbe essere quella della Concorrenza o della Difesa con una vicepresidenza che sia esecutiva. Comunque una nomina di peso in cui piazzare una figura con uno standing riconosciuto a livello internazionale.
E il G7 che inizia oggi servirà anche per questo: per dare a Meloni la possibilità di iniziare le trattative con i capi di governo europei per la prossima commissione. Il summit sarà l’occasione per la premier di fare bilaterali con i leader europei, oltre a incontrare anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Quest’ultima ieri ha anticipato tutti incontrando il presidente francese Emmanuel Macron proprio in vista della trattativa per i futuri top jobs europei.
La distanza più rilevante è proprio tra Roma e Parigi: Meloni vorrebbe prendere tempo e aspettare che passino le elezioni francesi del 30 giugno (ballottaggio il 7 luglio) per avere uno scenario più chiaro e aprire a quella Marina Le Pen che ieri ha incontrato Matteo Salvini e i leader di Identità e Democrazia a Bruxelles per chiedere il centrodestra unito. Diverso il cronoprogramma di Von der Leyen che invece vorrebbe provare a chiudere prima del voto francese. Se ne parlerà già da questa mattina anche se la premier vorrebbe concentrarsi sui dossier internazionali – Medioriente e Ucraina – e aspettare almeno il vertice informale di lunedì. Nel frattempo, oltre a Salvini, anche l’alleato Tajani la mette alle strette: “Meloni dica cosa vuole fare…”.