Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  giugno 13 Giovedì calendario

Dei 120 milioni di profughi, tre su quattro sono in fuga dal clima

Scappano da guerre ed emergenze climatiche, sempre di più, 10 milioni solo nell’ultimo anno. E continueranno a farlo. Le persone in fuga nel mondo sono ormai arrivate a 120 milioni, certifica il nuovo rapporto Global trends di Unhcr, una popolazione quasi pari a quella dell’intero Giappone. Solo nei primi mesi del 2024, con il prevedibile acceleratore dei tanti conflitti in corso, dall’Ucraina ad Israele ma soprattutto al Sudan, sei milioni di persone sono state costretta a lasciare le loro case. E tre su quattro provengono da Paesi dove l’emergenza climatica è ormai il quotidiano.
«È giunto il momento che le parti in conflitto rispettino il diritto bellico e il diritto internazionale. Senza sforzi concertati per affrontare conflitti, violazioni dei diritti umani e crisi climatica, il numero di persone costrette alla fuga continuerà a crescere, portando nuova miseria e costose risposte umanitarie», il monito dell’alto commissario per i rifugiati Filippo Grandi, che chiede nuovi percorsi di inclusione. Soprattutto ai Paesi ricchi che ospitano appena il 21% di chi fugge. Tutti gli altri si fermano nei Paesi più vicini a casa e così, in cima alla classifica di chi ospita di più, troviamo Iran, Turchia, Colombia, Pakistan e solo dopo la Germania, il Paese che più di tutti in Europa apre le porte ai rifugiati.
L’Italia – i dati lo certificano – non è certo tra gli Stati che accolgono più rifugiati: appena 138.000, alla fine del 2023, i titolari di un permesso di protezione internazionale a cui si aggiungono 147.000 richiedenti asilo, circa 3.000 apolidi e 161.000 ucraini con protezione temporanea. Insomma l’invasione che non c’è a fronte di un numero di arrivi gestibile, a cui semmai fa riscontro un altissimo numero di morti in mare per cui Unhcr continua a chiedere all’Europa un impegno a garantire il soccorso. A tutte le vittime del Mediterraneo sarà dedicato il concerto che il maestro Riccardo Muti dirigerà a Lampedusa il 9 luglio, cuore loStabat mater composto da Giovanni Sollima, uno degli appuntamenti in occasione della Giornata del rifugiato che vede la collaborazione di Unhcr e Ravenna Festival.
«Dietro a questi numeri, in netto aumento, si nascondono innumerevoli tragedie umane. Questa sofferenza deve spingere la comunità internazionale ad agire con urgenzaper affrontare le cause profonde degli sfollamenti forzati», l’appello di Filippo Grandi.
Il Sudan è una delle aree che più preoccupano, sia per la sorte della popolazione che per le conseguenze che un esodo così massiccio, 10 milioni di persone, potrebbe avere sui flussi migratori versi i Paesi vicini o nell’alimentare il traffico di uomini. In Congo e in Myanmar, milioni di persone sono state costrette alla fuga l’anno scorso a causa di feroci combattimenti e l’Unrwa stima che nella Striscia di Gaza 1,7 milioni di persone (il 75% della popolazione) siano sfollate. La Siria rimane l’area di crisi più grande, con 13,8 milioni di persone costrette alla fuga. Il 73% dei rifugiati sotto il mandato dell’Unhcr proviene da soli cinque Paesi (Afghanistan, Siria, Venezuela, Ucraina e Sudan). La popolazione di rifugiati più numerosa al mondo è quella afghana: uno su sei.
«La comunità internazionale deve fare di più con azioni di pace, interventi di sviluppo e stabilizzazione delle popolazioni nei Paesi d’origine. E le soluzioni per i rifugiati nei Paesi di accoglienza sono complesse ma ci sono», osserva Unhcr.
In Italia, ad esempio, il programma Welcome.Working for refugee integration in soli sette anni ha coinvolto oltre 700 aziende che hanno realizzato oltre 30mila percorsi di inserimento lavorativo. Dal 2015 ad oggi, in Italia sono state reinsediate 2.805 persone rifugiate e dal 2017 sono state trasferite dalla Libia, attraverso evacuazioni e corridoi umanitari, 1.510 persone vulnerabili, cui ne seguiranno circa 1.300 nei prossimi tre anni. Sono numeri ancora ridotti, ma rappresentano anche un segnale di solidarietà verso i Paesi a basso e medio reddito che ospitano il 75% dei rifugiati nel mondo e soprattutto sono buone pratiche da replicare – come nel caso delle evacuazioni di emergenza dalla Libia, che vengono effettuate solo verso l’Italia.