la Repubblica, 13 giugno 2024
Santificare il Cavaliere
Ci risiamo, come dopo i funerali di Stato, le onoranze interminabili e il red carpet dei famosi davanti al Duomo: è giusto ricordare Berlusconi?
Altroché. Nessun altro in vita ha occupato la scena pubblica con la sua prolungata maestria, nessun altro ha plasmato la realtà italiana secondo i suoi eccessivi parametri, nessun altro ha saturato l’immaginario, nessun altro ci ha fatto divertire, arrabbiare, sorprendere e desolare come il Cavaliere – con tutto quello che, palcoscenico scintillante, caravanserraglio, bordello, regno fiabesco e corte dei miracoli, gli ruotava attorno. Per cui sì, ci mancherebbe: è giusto e perfino naturale che si commemori Berlusconi.
Altra cosa è santificarlo, e non solo perché lui stesso fu costretto dalle circostanze – sì, proprio quelle là – a riconoscere: “Non sono un santo”, testuale. No, decisamente. Poi però siccome Berlusconi era Berlusconi ecco che in seconda serata, scherzando come solo lui sapeva, e cioè emettendo un potente messaggio trasfigurato dalla comicità, una volta porse il dorso della mano sotto il naso di Bruno Vespa, indiscusso consacratore, che prontamente si inchinò: “Ecco, senta: odora di santità!”. Sorrisone a denti bianchissimi. Ancora oggi il fermo- immagine restituisce l’idea (fallace) di un bacio, omaggio patronale e devozionale – e anche qui risiamo da capo a dodici.
Non c’è dubbio che da lassù Silvione sarà contento di questa turbo rievocazione, speciali tv a reti unificate, sedute in parlamento, prossime intitolazioni, eccetera, che lo innalzano alla gloria degli altari. Diciamo pure che se l’aspettava. D’altra parte i vivi, specie i sopravvissuti, temono l’invidia dei morti, e lui era così pieno di vita, puntava ai 120 anni. Anche per questo si definì Unto dal Signore e parlava come Gesù, l’amaro calice, la croce, gli apostoli, le donne incinte si facevano accarezzare il grembo, altre più mature svenivano o si scioglievano in pianto, vere e proprie cadute estatiche, materialismo mistico. Non a caso si lasciò convenientemente attribuire guarigioni da Re Taumaturgo, circostanza di cui si occupò nel 2001, con desolata meraviglia, il piùgrande filosofo della politica, Norberto Bobbio, mica solo Sandro Bondi che pure intitolò al Dottore una sorta di radiosa teologia desunta dal sole in tasca e da quelle altre storie lì per vendere più pubblicità.
Non solo Silvione prometteva miracoli a tutto spiano, anche il salvataggio dell’Alitalia, ma sosteneva poi di averli effettuati. Ad assecondare talicredenze, l’ultimissimo prodigio potrebbe essere il buon risultato di Forza Italia alle europee, per gli increduli reso possibile proprio in coincidenza dell’anniversario, là dove zio Silvio ha preso da morto più voti che Salvini da vivo.
Siamo chiaramente al di là delle normali logiche politiche, a cominciare dal conflitto d’interessi. Tocca chiamare in causa l’antropologia, la letteratura, il Sogno, il Faust, zio Paperone, il boato degli stadi, forse la mafia, certo il bunga bunga, l’immortalità.
E questo perché Berlusconi è stato il più ragionevole ed efficace megalomane degli ultimi 150 anni, forse più di Mussolini, anche se molto meno dannoso. Inventore, per dirla con Machiavelli, “di cose nuove et insolite”. Un uomo civile, cortese, simpatico, perfino generoso sebbene la sua specialità fosse quella di farsi molto bene gli affari suoi. Ora che non c’è più ci si può prendere addirittura il lusso di affermare, sia pure a mezza bocca, che Berlusconi “ha fatto anche cose buone”, a parte la patente a punti, che resta una delle poche realizzazioni del suo lungo regno, altro che la “rivoluzione liberale”!
Piccolo elenco: il lavoro sul terremoto dell’Aquila; l’idea (al netto di cointeressenze privatistiche paventate dagli americani) che Putin fosse da tenere agganciato all’occidente; e se gli avessero dato retta sulla Libia, contrario com’era all’intervento militare, le cose oggi sarebbero diverse, magari anche migliori.
Perfino sulle ragazzette si può forse invocare, nel ricordo, un supplemento di pietà, di sicuro uno sforzo di comprensione. Berlusconi aveva come tutti una fifa blu di invecchiare e di morire; attraverso quelle giovani creature ricaricava le pile, non è una cosa tanto carina, ma non fu né il primo né sarà l’ultimo fra gli utilizzatori finali. In compenso ci ha fatto ridere assai con la figlia dell’autista di Craxi, la nipote di Mubarak e il container di abiti di scena fornito da Gheddafi per “le gare di burlesque” (là dove il geniale accento cadde sulle “gare”).
Che a un anno dalla morte la famiglia lo pianga è nella forza degli affetti. Ciò detto, l’alta, potente, fervida, commossa ed estesa cerimonialità rischia di apparire tanto improvvida quanto stucchevole nella sua – e questo è il guaio maggiore – accomodante e un tantino ipocrita incompletezza. Mentre sul vittimismo, per un uomo che ha avuto tutto, meglio stendere un velo. La vita, specie dei giganti, è di solito più complicata dell’enfasi di una ricorrenza.