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 2024  giugno 12 Mercoledì calendario

Intervista a Sara Simeoni

L’ultima persona capace di saltare oltre i due metri a portare la bandiera alle Olimpiadi è stata Sara Simeoni e il passaggio del tricolore tra specialisti dell’alto con Gianmarco Tamberi è un dialogo privato perché due così si parlano a un’altra quota.
Ancora Tamberi. Con brivido.
«Mi aspettavo salti alti e una gara poco competitiva. Poi scatta l’effetto Tamberi perché con lui si sa, a prescindere dalla sfida in pedana, che ci si diverte».
La sua dote migliore?
«Si è vista anche a Roma. Uscire da campione dalle situazioni complicate».
Ora condividete anche un ruolo, portabandiera. Che cosa gli direbbe in un’ideale successione?
«Tieni alta quella bandiera, falla vedere. Io, nel 1980, ho visto i russi sollevarla con un braccio solo e un’agilità pazzesca. Quando me la sono trovata tra le mani ho capito che non ce la potevo fare, ma l’ho tenuta con orgoglio, con la giusta riverenza».
Che emozione le è rimasta di quella giornata?
«Soprattutto la sorpresa che mi ha accompagnata lì. Allora non c’erano investiture, Tamberi e Arianna Errigo stanno per ricevere la bandiera dal Presidente della Repubblica, a me l’hanno data tre giorni prima, in squadra. Non ci pensavo e non me l’aspettavo: mi ha dato una carica senza la quale non avrei vinto quell’argento. Non stavo bene, avevo le qualifiche il giorno dopo la cerimonia. Protocollo infinito: sei ore a trenta gradi».
Invece due metri, a podio.
«Grazie alla bandiera, non so dove ho trovato le energie: raggiunta la medaglia sono morta lì dove stavo e ho pensato: se proprio devo spegnermi che sia in uno stadio olimpico».
Questa squadra è più forte della sua dove c’erano Mennea, Damilano, Dorio, Andrei?
«Ha lo stesso carattere. Detto questo: altra atletica, altra Italia, altro mondo.
Proviamoci. Altra atletica o altri atleti?
«A me questi atleti piacciono, sono gasatissimi loro e danno entusiasmo a chi li guarda, ti viene da riflettere: se i nostri giovani sono così, siamo messi bene. Arrivano all’alto livello molto più preparati di noi perché hanno le spalle coperte, in stragrande maggioranza uno stipendio militare ed è giusto che sia riconosciuta loro una professione. Con certe tutele io ci sarei andata prima in pensione, invece legge Fornero, a 67 anni».
Si aspettava maggiore considerazione dopo tre medaglie ai Giochi e un record del mondo?
«Lo sport non ama guardare indietro».
È un bene o un male?
«Ognuno la vede come vuole».
Torniamo al carattere. Lei e Tamberi che cosa avete in comune?
«La determinazione, che tra l’altro si è diffusa: ora sono tutti competitivi. Hanno un Europeo in casa e ci provano, nelle mie nazionali c’era chi spariva nella grandi competizioni. Noi avevamo meno occasioni di testare l’agonismo e meno visibilità anche se con quella atletica amatoriale non ci saremmo potuti permettere lo spazio agli sponsor, le comparsate, gli spostamenti promozionali. Oggi lo fanno perché i campioni hanno team al seguito, fisioterapisti, nutrizionisti, manager. Noi ci caricavamo di allenamenti massacranti e basta. Oggi la scienza ha definito altre metodologie e mi chiedo spesso: «Ma ne è valsa la pena di faticare a quel modo?».
Ne è valsa la pena?
«Per la soddisfazione personale sì, ho vinto tanto, ma altri della mia generazione si sono sfiniti senza ritorno. Altra atletica appunto, con la tecnologia e la conoscenza di ora la mia nazionale avrebbe avuto altrettanti successi».
Venti medaglie in un Europeo, con dieci ori?
«Questo è un Europeo anomalo, preolimpico… Noi ce la vedevamo con il blocco dell’Est. Non voglio sminuire, gli azzurri si stanno comportando in modo eccezionale. Solo che, come detto, altro mondo».
Esploriamo anche la condizione «altra Italia». Questi ragazzi promuovono delle cause. Simonelli ha invitato al voto, Fantini si esprime contro il body shaming.
«Quanto mi piace Simonelli, l’oro degli ostacoli è il mio preferito insieme a quello di Fabbri nel peso, io e il suo tecnico Dal Soglio siamo amici e ci scambiamo frequenti messaggi. Tra le donne mi ha emozionata Dosso. Dicevamo i messaggi… Sempre facendo molti applausi, mi sa che esiste un effetto personaggio di cui sono consapevoli. Non fingono, stanno dentro l’ingranaggio della popolarità e ci si sanno muovere».
Nostalgica?
«No, però dico che 40 anni dopo, con le mie misure sarei ancora sul podio di questi Europei, con il mio record lo avrei vinto. E mi rendo conto del valore che avevano certi risultati. Purtroppo, non ci ho fatto caso, oggi sono educati anche a goderseli. E meno male».
Eppure, lei è stata la prima donna dello sport ad avere un’immagine al di fuori dell’atletica.
«Lo sport femminile precedente a me era un attimo di luce per una grande performance e poi scarsa attenzione. Con me è iniziato l’interesse. Lentamente».
La sorpresa degli Europei?
«Il ragazzo dei 400 metri, Sito, finalmente rivedo un italiano che li sa correre come si deve». G.Zon. —