La Stampa, 12 giugno 2024
Intervista ad Altan
Correva l’anno 1974 e dalle pagine di Linus un giovane Altan già metteva al centro della sua satira l’ambiente. Protagonista un improbabile Trino, divinità pasticciona che, creando il mondo a sua immagine e somiglianza, l’aveva anche riempito di troppi difetti.Sono passati cinquant’ anni, e proprio da lui parte la mostra “Altan. Terra, omini e bestie” (dal 13 giugno al 22 settembre) che gli dedica il comune di Tolmezzo, vicino Udine: 300 tavole scelte dallo stesso disegnatore insieme alla curatrice Giovanna Durì coprono questo ampio arco temporale focalizzandosi proprio sul tema ambientale. Alle pareti di Palazzo Frisacco quella fallibile divinità ma anche strani animali, indolenti signore, padri/madri e figli impegnati in un dialogo tra sordi, sconsolati commentatori sullo stato del pianeta. A parte, ma non meno importante, l’immancabile Pimpa, che del bestiario altaniano è la sovrana: anche lei prossima al mezzo secolo di vita. Troviamo Francesco Tullio-Altan nell’avita casa di Aquileia immersa nel verde, con sottofondo di insistenti cinguettii. Il contesto giusto per parlare di ambiente, natura e varia umanità.Come mai “terra omini e bestie” ovvero l’ambiente?«Cercavamo un taglio diverso dalle solite mostre antologiche (una, esaustivissima, chiusa in piena pandemia, nel 2020, al Maxxi di Roma, ndr). E questa era una buona chiave, un tema ricorrente. Inoltre permette di esporre una parte meno nota del mio lavoro, quella che riguarda gli animali. In particolare, il bestiario immaginario che avevo iniziato a disegnare ancora negli anni brasiliani (e poi per una mostra milanese, dove esponeva anche mia moglie): animali che immaginavo estinti o anche solo introvabili, nascosti chissà dove».Ambiente degradato e l’umanità affacciata al baratro dell’autodistruzione sono ricorrenti fin dagli anni Settanta e Ottanta: preveggenza o capacità di osservazione?«Però ne parlavo in modo profondamente diverso dall’attuale: non c’era un taglio di denuncia. E neppure l’urgenza attuale. Tuttavia se ne parlava già molto e si faceva poco e niente. Proprio come oggi. La preveggenza viene fuori a posteriori. Al più erano vignette anticipatorie. Ne sono consapevole: alcune paiono scritte ieri. Le battute funzionano, le cose no, purtroppo».Le ripubblicherebbe a commento di fatti odierni?«Preferisco farne di nuove. Oggi c’è una consapevolezza diversa, sappiamo più cose. L’aspetto scientifico dell’emergenza climatica e ambientale è accertata, mentre noi allora venivamo trattati da profeti di sventura».E chi nega ancora?«Se è per questo c’è chi dice che la terra è piatta. C’è un infinito catalogo di negazionismi. Un ben brutto catalogo: basta che aiutino a tirar su qualche consenso in più».Ha quindi fiducia nella protesta dei giovani? Sempre?«Sì, sono convinto che siano migliori e più determinati. Hanno una conoscenza maggiore di quella che avevamo noi 40-50 anni fa. Ma se intende riferirsi ai militanti tipo Ultima generazione, quel tipo di protesta invece mi lascia perplesso: dà visibilità ma solo quella, non passa altro».In mostra ci sono anche le sue famose donne: sontuose, ma che paiono indolenti, come sfinite. Continua a disegnarle?«Qualche volta. Solo apparentemente si sono arrese. Sono delle dure, le donne. Sono cresciuto circondato da donne, e so quanto l’apparenza inganni: sotto quell’aspetto languido, sono d’acciaio».Si sente più cinico o più pessimista?«Decisamente più pessimista. Mai veramente cinico: provo ancora affetto per i miei simili».Una volta aveva definito il suo come “cinismo difensivo": sempre di quest’idea?«Sì. È necessario. Se ti fai coinvolgere, se non hai uno sguardo esterno, non riesci a valutare bene la realtà che ti circonda».E lei questo sguardo lo ha sempre?«Non riesco a non averlo».Nelle sue vignette disegna spesso giovanissimi che pongono domande o fanno osservazioni agli adulti, padri o madri, ricevendone risposte quanto meno inadeguate. Lei che domande poneva a suo padre Carlo?«Il nostro è stato un rapporto molto particolare: si separò da mia madre che ero molto piccolo, ripresi a frequentarlo che ero ormai un adolescente. Quando abbiamo ripreso a parlare avevo 15 anni. E comunque, io non chiedevo: era lui che spiegava a me, che ascoltavo».Era un filosofo ed un antropologo. E lei è stato definito “antropologo con la matita”. È l’effetto di quelle spiegazioni, ma ricorrendo a un diverso strumento?«Lui era uno studioso. E lo faceva davvero molto bene. Io racconto più di pancia e per impressioni. Però certamente la visione generale delle cose mi arriva da lui, mi ha aiutato a formarla».La Pimpa con questo universo pare non avere a che fare: solare, positiva, gentile. È il suo rifugio dal pessimismo?«È nata per caso facendo disegni per divertire mia figlia quando aveva poco più di un anno. Ora Pimpa ha quasi 50 anni e oltre 1200 storie. E una sua logica interna, per cui da un piccolo spunto, poi vive da sola. All’inizio c’erano lei e Armando, ora c’è anche la piccola Olivia, nei confronti della quale Pimpa ha un atteggiamento responsabile e quasi materno»Ipotizzo: Armando è lei, Pimpa sua figlia Kika e Olivia la sua nipotina. E se un domani arrivasse una bisnipotina?«Olivia oggi a 18 anni e io 82. Da bisnonno, se ne avrò ancora la forza, volentieri aggiungerò un nuovo personaggio a Pimpa»Anni fai la intervistai. C’erano state da poco le elezioni e di quella tornata disse: «Del nuovo che avanza la Lega è quello che mi piace meno». È sempre dello stesso avviso?«Confermo e sottoscrivo. Cito una vecchia vignetta: “Poteva andare peggio” dice un uomo. “No”, risponde l’altro”. Ebbene, oggi la considero ottimista».Di questa campagna elettorale cosa pensa?«Che si occupa solo di ciò che accade da noi, nessuna considerazione su quanto ci avviene intorno, dove pure è in corso la stessa deriva. L’ambiente è totalmente ignorato. È propaganda fatta di slogan, condita da incompetenza e ignoranza pericolosissime».I politici di oggi quali danni lasceranno, secondo lei?«Interni. Le persone si stanno guastando dentro: indifferenti, egoiste, stremate, preferiscono girare la testa. Ognuno è intento soltanto al suo percorsino».Votava Pd: lo fa ancora?«Lo faccio ancora. Non sono entusiasta, ma il resto è molto peggio».In genere lei non fa caricature. C’è qualche eccezione?«Ai tempi Craxi con un garofano appassito in mano e Berlusconi con una banana. Oggi l’eccezione sono Meloni e Salvini: troppo ingombranti per ignorarli. Altri invece sono solo sbiadite personalità. È davvero difficile fare la macchietta di chi lo è già».Woody Allen, inveterato battutista come lei, diceva: “Dio è morto. E anch’io non mi sento molto bene”. Lei come si sente?«Mi associo. Grande battuta, tra le più felici ed azzeccate».Finendo in bellezza: una cosa che la fa stare bene?«Il mare (senza però pensare alle microplastiche). Guardare il mare, la linea in fondo dove l’acqua si unisce al cielo, mi rende felice». —