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 2024  giugno 12 Mercoledì calendario

Intervista a Jérome Fenoglio, il direttore di Le Monde

All’indomani della dichiarazione choc del presidente francese, ha scritto un editoriale dal titolo «Evitare il peggio». Dal suo ufficio senza porta affacciato sulla Senna, il direttore di Le Monde, Jérôme Fenoglio, nonni piemontesi di Cortemilia, fa un quadro desolante della situazione che si è venuta a creare oltre le Alpi.Lei ha criticato la decisione presa dal presidente Macron: una scommessa di cui la Francia è la posta in gioco, ha scritto.«È così. In un momento tanto complicato, mentre in Europa si combatte una guerra e ci sono sfide enormi da affrontare come la transizione energetica, il presidente per hybris, per amor proprio, aggiunge il rischio di una crisi politica, direi democratica».Pensa sia una questione di hybris?«Penso che sì, ci siano questioni personali attorno alla sua costruzione del potere. Macron ha un narcisismo molto pronunciato ed è circondato da pochissime persone, non tutte completamente all’altezza del ruolo, quindi in una sorta di isolamento. E poi ama essere in campagna elettorale: è sempre stato un eccellente candidato, più difficile è la gestione del potere».Secondo lei ha preso la decisione confidando nel soccorso del fronte repubblicano, tutti contro Le Pen?«Dopo la brutta sorpresa di scoprire che lo scioglimento dell’Assemblea nazionale era stato preparato da tempo e nascosto a quasi tutto il governo, è difficile interpretare cosa sta avvenendo, rischiamo di non avere tutti gli elementi. Se si prende per buono quel che dice, pensa di poter vincere con la sua forza persuasiva e raccogliere attorno al suo campo le persone che non sono di estrema destra».Il fatto però è che il presidente dei Repubblicani, Eric Ciotti, ha proposto per la prima volta un accordo tra il suo partito e il Rassemblement national.«È inaudito. È l’ultimo atto di un disastro assoluto che va avanti da qualche anno: da quando la destra repubblicana s’è messa a inseguire il Rn sui temi, in particolare sull’ossessione per l’immigrazione, annullando sempre di più le differenze. Passano il tempo a parlare del problema dell’identità dei francesi, ma hanno perso loro la propria identità. E oggi è l’ultimo atto di un suicidio».Molti tra i Repubblicani stanno criticando Ciotti, prendendo le distanze dal Rn.«Oggi il Rn gioca il gioco delle istituzioni, si presenta alle elezioni, ma resta un partito razzista, xenofobo e costruito quasi interamente sul rigetto dell’altro e la stigmatizzazione dello straniero».Come le sembra il nuovo volto del Rn, Jordan Bardella?«Nella politica francese si è fatto strada il meccanismo del dégagisme, far uscire di scena quelli che ci sono (qualcosa di simile alla rottamazione, ndr). Ecco, Bardella è la nuova incarnazione del dégagisme: giovane, politicamente vergine, molto presente sui social. Non ha molto da dire ma ha un côté nuovo che corrisponde alla voglia immatura di una parte dei francesi di cambiare facce: “Questo non lo abbiamo ancora provato, vediamo come va"».Scommetterebbe su Bardella primo ministro?«Non ho molta voglia di fare una scommessa, dopo che già il presidente ne ha fatta una… Faccio fatica a credere che questa rapida campagna elettorale possa rilanciare il partito al potere. C’è il rischio molto grande di due ipotesi».Quali?«Se il Rn non fa uno score alto come alle Europee, ci sarà un Parlamento senza maggioranza chiara e un governo ingovernabile. E tra le due, è l’ipotesi che preferisco».La peggiore?«Il Rn che trionfa anche alle legislative e arriva alla maggioranza assoluta. Una catastrofe».E la coabitazione Macron all’Eliseo e Bardella a Palazzo Matignon.«Un inedito molto pericoloso. La coabitazione è possibile in una logica di destra-sinistra. Ma coabitare con un partito di cui si disapprova completamente l’orientamento politico, il posizionamento in rapporto alle istituzioni, all’Europa, pone un problema che non è solo politico ma diventa persino morale. Macron si troverebbe a coabitare con un partito i cui principi sono opposti a quello che deve essere la nostra democrazia».È impossibile, di fronte a un trionfo del Rn e un’altra sua débâcle, che Macron possa dare le dimissioni?«Già la scelta di sciogliere il Parlamento la considero un colpo di testa, per cui nulla è scontato. Ma le dimissioni non sarebbero per niente nella logica delle istituzioni francesi».Ed è possibile che Macron abbia preso questa decisione pensando che, se vincerà il Rn, governando per tre anni comincerà a logorarsi?«Ma tre anni sono interminabili! Preferisco non credere che il presidente della Repubblica possa aver fatto un calcolo simile: non si mettono persone pericolose al potere sperando che dimostrino di essere pericolose».Ma perché il Rn ha dilagato in Francia?«Ci sono ragioni legate al mutamento delle nostre società, nervose e impazienti, che vogliono cambiare presto. Ma nel profondo ci sono senso d’ingiustizia e impoverimento. Si parla spesso delle banlieue, ma anche i piccoli centri rurali hanno visto sparire i servizi pubblici. Quello che faceva sì che la Francia fosse un Paese dove vivere bene, in particolare l’accesso alla sanità, sembra sgretolarsi. E questo provoca un malessere che è una molla molto forte e che il Rn sa sfruttare».Lei ha scritto che il paradosso di Macron è pretendere di abbassare il voto dell’estrema destra senza risolvere i problemi all’origine di quel voto.«Macron non ha affrontato le cause profonde. Che non è occuparsi del problema alla superficie: alla superficie c’è l’immigrazione, e Macron ha fatto una legge, perdipiù inefficace, ma in profondità ci sono il senso di ingiustizia e l’angoscia delle persone».Si avvicina la possibilità di Marine Le Pen presidente nel 2027?«Per ora siamo stati protetti dalla nullità di Marine Le Pen e del suo programma, ma con la sua pattuglia di deputati ha lavorato molto in questi anni per farsi accettare e rendersi compatibile col potere. Per la prima volta il rischio purtroppo esiste». —