Corriere della Sera, 12 giugno 2024
Intervista a Ficarra
«Quel giorno che vedemmo Giorgio Gaber scendere dal taxi davanti a noi, io e Valentino restammo incantati, senza parole. Eravamo a Napoli per un nostro spettacolo e, mentre raggiungevamo il teatro, eccolo apparire. Emozionatissimi, riuscimmo a chiedergli: Maestro, possiamo stringerle la mano? Lui ci rispose con un sorriso e ci strinse la mano».
Adesso, Salvo Ficarra dedica un omaggio al grande cantautore con lo spettacolo Anche per oggi non si vola. La forza delle parole di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, che inaugura la 43ª edizione delle Orestiadi di Gibellina, al Baglio di Stefano. Un evento realizzato in collaborazione con la Fondazione Giorgio Gaber, con le musiche eseguite dal vivo.
Un palermitano che rende omaggio a un milanese.
«Sono suo ammiratore da tempo immemore. Nel lontano 1995 riuscii a trovare gli ultimi biglietti rimasti per un suo concerto a Palermo in un’unica tappa. Le sensazioni di quella serata mi sono rimaste impresse. Al termine della rappresentazione, pensai: forse si può davvero provare a cambiare il mondo. In Gaber c’era disincanto, ironia, anche tanta speranza in positivo».
Quali i testi ha scelto?
«Da Mi fa male il mondo a Secondo me gli Italiani da L’America a La democrazia... Gaber sarà mortificato dalla mia interpretazione che, nonostante la mia devozione nei suoi confronti, rovinerà sicuramente la sua immagine, e forse mi manderà per punizione un raffreddore».
Per la prima volta, lei si esibisce in palcoscenico senza l’amico e compagno Valentino Picone.
«In realtà questo omaggio volevamo farlo insieme, ma Valentino aveva altri impegni, con suo grande rammarico, perché noi due, nelle nostre tournée, viaggiando in macchina, abbiamo sempre ascoltato le sue canzoni: una vera fissazione da molto tempo».
Il vostro sodalizio, infatti, è nato trent’anni fa.
«Sì, nel villaggio turistico a Giardini Naxos. Io ero lì per lavoro, lui un ospite, ma una sera ci siamo fermati a chiacchierare. Siccome anche lui aveva esperienze attoriali, decidemmo di inventarci qualcosa insieme: e lì ho firmato la mia condanna... mai proporre a degli sconosciuti di lavorare insieme, potrebbe diventare un impegno per tutta la vita, e così, purtroppo, è stato».
Tra voi, affinità, diversità?
«Abbiamo tante cose diverse, e questo arricchisce il rapporto. Lui ama tutte le cose inutili, stupide, inconcludenti... Io invece sono come quelli che studiano le formichine. Un fatto è certo: Picone sa troppe cose mie privatissime e, il doverne sopportare la presenza, è il “pizzo” che pago alla vita...».
Davvero le piacerebbe fare il sindaco di Palermo?
«Assolutamente sì, con Valentino vicesindaco. E un giorno ci riuscirò, per fare due cose: assumere in Comune tutti i miei parenti; e far diventare Palermo come Ginevra, Zurigo... per sentire solo gli uccellini cantare. Ma la politica non è ancora scesa così in basso per scegliere me in questo ruolo. Però ho qualche speranza: data la caratura dei politici che ci sono oggi e che si sono proposti alle elezioni europee, forse uno come me ce la potrebbe fare».
Tanto cinema e tv, poco teatro: come mai?
«Negli ultimi tempi non abbiamo avuto possibilità, ed è un peccato. Il teatro è meraviglioso perché avviene fisicamente in presenza col pubblico. È uno sport da insegnare in palestra: un allenamento continuo che puoi fare fino a 90 anni perché, al contrario della vera ginnastica, non logora le articolazioni, allena il cervello. L’ultimo spettacolo che abbiamo fatto insieme è stato Le rane di Aristofane, nel 2017 al Teatro Greco di Siracusa: andammo così bene che anche la ripresa tv su Rai 1 fu un trionfo. Su Twitter al primo posto figurava il matrimonio di Fedez-Ferragni, noi al secondo! Ad Aristofane gli si sarà accapponata la pelle».
Dov’è nata la sua passione per la recitazione?
«A scuola. Un professore mi coinvolse in un corso di teatro: mi innamorai di questo mondo, e delle belle ragazze che frequentavano il corso».
Quando ha capito di essere famoso?
«In un momento preciso. Nel condominio dove abito avevo l’abitudine di parcheggiare dove mi capitava e l’amministratore mi rimproverava, dicendomi che dovevo essere più corretto. Ma, a un certo punto, non mi ha più fatto la ramanzina e lì ho capito che ero diventato famoso».
Nel film La stranezza di Roberto Andò, lei e Picone impersonavate due guitti di filodrammatica. Nel nuovo film dello stesso regista, L’abbaglio, due garibaldini...
«Altrettanto scalcagnati».
Un sogno irrealizzato?
«Una carriera da solista, ma non è andata così, infatti sono in terapia da uno psicologo che, a forza di ascoltare me, è finito in terapia pure lui. Ciò che mi dispiace è che non avrò mai una strada intitolata solo a me, ma a Ficarra e Picone. Un oltraggio al mio onore. Spero che almeno facciano una via intitolata a me e un vicolo a Picone, ma temo che dovrò condividere la stessa strada».