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 2024  giugno 12 Mercoledì calendario

Intervista ad Antonio Tajani


ROMA Il primo incontro del dopo voto – quello a Berlino con il leader della Cdu Friedrich Merz – dà già un’indicazione su quello che vorrebbe fare Antonio Tajani: «Dobbiamo diventare la “dimora degli italiani”. Un luogo, una casa, dove ci si sente sicuri, accompagnati, protetti. L’imprenditore, la giovane coppia, chi sta per andare in pensione. E per questo la nostra casa deve essere collegata, integrata nel grande “villaggio” Europa, la vera protezione, la vera proiezione per l’Italia. FI vuole stare nel centrodestra, con una sua identità chiara, quella che ci viene dall’appartenenza e dalla nostra centralità nel Partito popolare».
Come sperate di diventare la «Cdu italiana»?
«Lavorando, lavorando e lavorando. Come abbiamo fatto in questo ultimo anno. Ci davano per spacciati, ma non ci siamo mai arresi. Abbiamo costruito politica per l’Italia».
E siete quasi al 10%.
«Assieme alla Svp quel traguardo lo abbiamo superato, siamo al 10,2%, terza forza politica italiana in questo momento. E non ci fermiamo qui. Il prossimo obiettivo è il 20% alle Politiche del 2027. Lavorando bene, come partito e come governo, con il nostro ruolo e le nostre idee da portare avanti. Il voto europeo ha rafforzato l’esecutivo. Ci permette di portare avanti il nostro programma».
Come? Andando verso una nuova aggregazione politica che si ispiri al Ppe, come chiede Maurizio Lupi di Noi moderati?
«Con Noi moderati, con la Svp, con i tanti sindaci civici popolari stiamo lavorando bene e abbiamo fatto grandi passi. FI è e sarà la forza aggregante di chiunque si riconosca in un progetto sempre più largo, che si tratti di partiti politici, di associazioni, singoli protagonisti impegnati nelle loro comunità, opinion maker... Vogliamo ampliare la nostra casa, e possiamo farlo perché questo nelle elezioni europee non è un successo effimero, ma una tappa decisiva sul percorso di una crescita consolidata».
Cosa intende?
«Che non siamo cresciuti di colpo per qualche accadimento particolare o qualche candidatura improvvisata. Siamo cresciuti gradualmente, con il lavoro quotidiano, con l’evoluzione della nostra classe dirigente. Oggi in FI sono ritornati tanti giovani, tanta gente nuova. È un cambiamento che continuerà».
Quindi il vostro simbolo non si tocca. E il sorpasso sulla Lega cosa provocherà?
«Nulla. Siamo contenti di essere diventati la terza forza politica italiana, assieme alla Svp, siamo una realtà di cui si deve tenere conto».
Con Renzi, Calenda, è possibile un’intesa?
«Non mi pare proprio che a loro interessi, da quello che dicono. A noi interessa invece convincere chi non ha votato e anche chi cerca un partito rassicurante e centrale in tutti gli equilibri, anche per chi ha finora scelto partiti non di centrodestra».
Voi siete un pezzo importante del Ppe. Come vi muoverete per costruire il governo dell’Europa?
La strategia
FI è la forza aggregante di chiunque si riconosca in un progetto
sempre più largo
«Durante tutta la campagna elettorale ho ricordato quasi in maniera ossessiva quello che è poi accaduto, ovvero che il Ppe sarebbe stato decisivo nella formazione della nuova guida Ue. Continuo a sperare che sia possibile costruire una maggioranza che comprenda Popolari, Liberali e Conservatori. Il lavoro sarà lungo, ma la mia speranza è questa».
E quindi Meloni dovrebbe votare von der Leyen?
«Non dico a Giorgia Meloni quello che deve fare, lei è la leader dei Conservatori europei, stabilirà la sua linea. Io parlo del mio progetto. Sicuramente Meloni da premier ha i titoli per far giocare all’Italia una partita da protagonista e io con FI farò in modo che accada proponendo e favorendo iniziative che siano favorevoli al nostro Paese».
Ma senza i socialisti?
«Vedremo, le trattative cominciano adesso».
Lei aprirebbe anche a Marine Le Pen?
«Anche se la Le Pen è diversa da Afd, il Ppe ha una visione profondamente differente da quella del suo partito sull’Europa, sul rapporto con la Nato. Vedremo come si evolveranno le loro posizioni».
A chi potrebbe allargarsi questa alleanza?
«Magari la Lega, perché no? Ma serve tempo per costruire alleanze, un passo per volta».
Chi sarà il commissario italiano? Giorgetti?
«Non lo so, lui non mi è sembrato molto interessato. Una cosa è certa: noi dovremo avere un commissario di alto profilo con una delega importante, che sia anche un vicepresidente, cosa che oggi non abbiamo».
Ma lei davvero non ha alcuna tentazione di rimettersi in gioco in Europa?
«L’ho sempre detto e lo ribadisco: preferisco mettere a disposizione dell’Italia tutta la mia esperienza internazionale, la rete dei contatti, l’esperienza da parlamentare europeo, poi di presidente dell’Europarlamento e di commissario e vicepresidente della Commissione. Continuerò a occuparmi di Europa per l’Italia da ministro e da vicesegretario del Ppe. E mi permetterò di continuare a seguire il bellissimo, importante viaggio che FI costruirà nei prossimi anni».