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 2024  giugno 12 Mercoledì calendario

Torna “House of the Dragon”

LONDRA – La stessa trama avvincente e adrenalinica, ma stavolta ancora più sanguinaria della prima stagione, tra crescenti guerre di potere, violenza, mostruosi dragoni, sesso, vendette brutali, incesto. «Di certo ai fan del Trono di spade piacciono cose assurde, terribili e anche un po’ perverse», ci dice l’attore britannico Matthew Needham – che qui interpreta Lord Larys Strong – in un lussuoso hotel a Londra dove è arrivato con il resto del cast, «perché in un contesto come quello di questa serie è cool. E permette agli spettatori di dare un po’ di sfogo al loro lato più singolare, ma in maniera profonda».
Fedeli di Game of Thrones e non solo, allacciate le cinture. Alle tre di notte fra domenica 16 e lunedì 17 giugno, in esclusiva su Sky e in streaming su Now (per la prima volta da subito in italiano, ma con la versione originale sottotitolata comunque disponibile) arriva l’attesissima seconda stagione di House of the Dragon. Ossia il prequel spin-off della saga tratta dal romanzo Fuoco e sangue del grande scrittore e sceneggiatore americano George R.R. Martin.
Nella precedente stagione da dieci episodi eravamo rimasti agli antenati di Daenerys Targaryen (Emilia Clarke), 190 anni prima delTrono di spade. Ora, nella fantastica Westeros, esplode la guerra civile per il Trono tra i due rami di Casa Targaryen. E la cosiddetta “Danza dei draghi”. Su un fronte la fazione dei Neri guidati dalla supposta regina Rhaenyra (Emma D’Arcy) e suo zio/marito Daemon (Matt Smith) che la sostiene sanguinariamente. Dall’altra parte, ci sono i Verdi dell’usurpatore Aegon II (Tom Glynn-Carney), fratellastro di Rhaenyra, il quale con il sostegno della madre Alicent (Olivia Cooke) e del nonno Otto Hightower (Rhys Ifans) sostiene di essere il re legittimo. Proprio il fratello senza un occhio di Aegon, Aemond (Ewan Mitchell), aveva ucciso il figlio di Rhaenyra alla fine della prima serie. Ora ne vedremo le conseguenze.
Dunque si ricomincia, stavolta con otto episodi perché «è il giusto numero per la storia ereditata dalla prima stagione», ci dice Ryan Condal, lo sceneggiatore americano che stavolta è l’unico showrunner dell’opera dopo l’addio di Miguel Sapochnik. «La volta scorsa – spiega il 45enne Condal – avevamo tanto da provare al nostro pubblico, che è estremamente appassionato e sofisticato. Avevamo un riferimento maestoso come Il Trono di spade che è come i Beatles: non puoi mai fare meglio. E Martin, con il quale mi sento spesso, ha sempre una voce nel processo creativo. Stavolta però, con la seconda stagione, il benchmark siamo noi stessi e ciò è eccitante con questo cast. Inoltre, per me è stato molto affascinante mettere al centro della storia due donne in una società decisamente maschilista e patriarcale, segnata da guerre e faide di potere».
Già, perché nella trama a un certo punto dominano proprio Emma D’Arcy e Olivia Cooke, su fronti opposti, legate dalla loro potenza femminile ma anche dalla maternità. «Qui sono le donne che tengono banco. Sembrano in secondo piano ma in realtà aumentano man manoil loro potere», spiega la 30enne attrice inglese e interprete di Alicent. «Rhaenyra invece – continua Condal – deve lottare per mantenere il trono proprio perché è una donna. Se fosse stata un maschio, non sarebbe così».
Ma ci sono anche gli uomini. Straordinaria la performance di Ewan Mitchell alias Aemond, nonostante ammetta con noi «di non aver mai visto ilTrono di spade. Tuttavia, mi sono immedesimato subito, ispirandomi ad alcuni personaggi dei film horror degli anni Ottanta ma anche a Peter O’Toole diLawrence d’Arabia». E poi c’è il “villain” Tom Glynn-Carney, «sebbene Aegon non sia un semplice cattivo, altrimenti sarebbe stato facile per me. È un personaggio più complesso, e questo mi ha entusiasmato davvero: rendere umano un personaggio come lui». «C’è tutto nella serie – assicura Matt Smith – fantasia, guerra ma anche politica. Daemon non sarà uno stinco di santo, ma è onesto con se stesso. Secondo me House of the Dragon ha una straordinaria spirale psicologica. E il dolore è il catalizzatore supremo di questa stagione».