la Repubblica, 12 giugno 2024
Chiude per davvero, per mancanza di alunni, la scuola del film di Riccardo Milani
Niente lieto fine. La piccola scuola di montagna in Abruzzo, stavolta, ha perso. Ha perso contro i numeri, contro lo spopolamento, contro la rassegnazione. Nel film diretto da Riccardo Milani, Un mondo a parte,Virginia Raffaele e Antonio Albanese sono due professori straordinari e coraggiosi, che lottano per tenere aperto il minuscolo istituto dove insegnano, a mille e duecento metri di altitudine. Una scuola condannata a morire. Ma che, grazie alla loro tenacia, riescono a salvare. La realtà, però, è decisamente diversa. Siamo a Villetta Barrea, 600 anime in provincia dell’Aquila, nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo, un luogo incantato, intatto e protetto. Un posto in cui i cervi entrano nei giardini delle case, le volpi spuntano dalle faggete che colorano le strade, e i boschi sono ancora abitati da lupi e orsi. Ma dove l’inverno è duro, le temperature scendono molti gradi sotto lo zero e la neve rende difficile gli spostamenti sulle infinite curve che uniscono i borghi della Marsica come i puntini di un disegno complicato e sorprendente.
Villetta – così la chiamano gli abitanti e i frequentatori affezionati – è a pochi chilometri dal paese in cui è ambientato la storia (Opi, che nel film è stata ribattezzata “Rupe” e dove la scuola non c’è più da tempo). I bambini di Villetta, suonata l’ultima campanella, continuano a chiedere alle maestre se è tutto vero: «Mae’, ma quindi la scuola chiude?», domanda Francesco, dieci anni, con gli occhi scuri spalancati.
Sì, la scuola chiude. Con zero nuovi iscritti, la scuola muore. Fino a oggi la maestra Dina, insieme a un’altra insegnante di supporto e a due docenti di inglese e religione, aveva portato avanti la pluriclasse composta da dodici bambini, dai 6 ai 10 anni. Ma ora sono rimasti in dieci. Troppo pochi. Così, da settembre, dovranno frequentare l’istituto di un paese a 7 chilometri: Barrea.
La decisione è arrivata dopo un lungo confronto tra insegnanti e amministratori. «È stata la rinuncia più dolorosa di questi miei nove anni di mandato – spiega la sindaca, Giuseppina Colantoni – Sicuramente il periodo emotivamente più difficile da affrontare. Ma abbiamo valutato che quella della pluriclasse non poteva essere la strada giusta per educare e far crescere i nostri ragazzi. Certo, anche nella nuova scuola si formeranno delle classi con età diverse, ma ci sarà qualche bambino in più, e questo permetterà agli alunni di socializzare diversamente, e di avere un confronto più vero con gli altri».
A Villetta la scuola dell’infanzia aveva già chiuso l’anno scorso, e ora tocca alla primaria. E il rischio è che, nel giro di pochi anni, chiuda anche l’istituto di Barrea. «Sono momenti difficili – sottolinea la dirigente reggente, Nadia Morena – ma abbiamo intenzione di tenere il plesso di Villetta aperto di pomeriggio. I nostri bambini potranno fare attività come teatro e sport. Quindi voglio credere che in qualche modo la scuola sia ancora presente. Certo, il portone non si aprirà e la campanella non suonerà più. Ma spostare i bambini ci consentirà di farli crescere nel migliore dei modi possibile».
Nel film di Milani il problema della chiusura si risolve grazie all’arrivo di bambini migranti, soprattutto rifugiati provenienti dall’Ucraina. Che alla fine permettono alla scuola di restare aperta. Nella vita reale queste soluzioni non sono sempre possibili. «E comunque la verità è che servirebbero degli interventi strutturali per un vero ripopolamento – aggiunge la sindaca Colantoni – come fiscalità di vantaggio, incentivi, più opportunità lavorative, servizi essenziali e di base. Solo così potremmo combattere davvero contro l’abbandono delle nostre montagne. E contro la rassegnazione»