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 2024  giugno 11 Martedì calendario

Berlinguer e la Nato

Viene da pensare, mentre l’Alleanza Atlantica viene ora messa in discussione, a quando Enrico Berlinguer disse: «Mi sento più sicuro sotto l’ombrello della Nato», prendendo le distanze da Mosca. E viene da ricordare quando, negli anni di piombo della demonizzazione e della violenza, restava sconcertato anzi schifato il segretario comunista dal grado di brutalità che anche a sinistra, la sinistra estrema e non quella Pci naturalmente, si esercitava contro i nemici. E non si può dimenticare la visita commossa di Giorgio Almirante – lo stesso che andava a trovare per decenni il figlio socialista del martire socialista Giacomo Matteotti nella sua abitazione ai Parioli e lo faceva in fondo per chiedere scusa a quella famiglia violentata a morte dal fascismo – al feretro di «San Berlinguer»: come s’intitola il nuovo libro di Marcello Sorgi (edizioni Chiarelettere) che racconta tra l’altro la profonda connessione sentimentale che legava l’ultimo capo del popolo comunista con la sua gente.
STALINISMO, NO
Ora sono passati 40 anni da quell’11 giugno del 1984 in cui, dopo il malore dei giorni precedenti sul palco della campagna elettorale di Padova, per le Europee, Berlinguer morì. E adesso la connessione sentimentale che a suo tempo univa il leader ai comunisti sembra idealmente allargarsi e diventare pluripartisan. Anche la destra, che su Togliatti è ancora stroncatoria, per via del comunismo vissuto stalinisticamente, sente il fascino di Enrico. Una fascinazione dovuta al fatto che era un leader che sapeva entrare nelle corde della gente, che sapeva spendersi con acume e generosità, che credeva nella politica fino a morire per essa. Non a caso Giorgia Meloni, che quando il leader del Pci morì aveva sette anni, girando tempo fa nella mostra fatta organizzare da Ugo Sposetti all’ex Mattatoio di Roma, ha scritto sull’album dei visitatori: «Questo è il racconto di una storia politica. E la politica è l’unica soluzione dei problemi».
È meraviglioso come, tanti decenni dopo, un mito di parte stia diventando un mito di tutti o di quasi tutti. Che ci sia l’icona di Berlinguer nella tessera del Pd per il 2024, così ha voluto Elly Schlein che fin da piccola era un’ammiratrice del segretario comunista (pur essendo lei di famiglia di intellettuali socialisti), è quasi ovvio: perché il cuore da quelle parti batte sempre per Enrico, come esempio morale, modello di disinteresse personale e maestro, senza mai assumere pose professorali o pedagogiche, di politica riformatrice. Più sorprendente è invece che all’assemblea programmatica di Fratelli d’Italia a Pescare il presidente ex missino del Senato, davanti a una delle figlie di Berlinguer, Bianca, che era sul palco insieme a Ignazio la Russa, abbia fatto l’esaltazione politica del leader del Pci. E del resto, la rivalutazione anche a destra di questo protagonista importantissimo della nostra storia corre di pari passo con quella riguardante Antonio Gramsci. Al quale è dedicato l’ultimo libro (Gramsci è vivo, Rizzoli) di Alessandro Giuli, intellettuale vicino a Meloni e presidente del Maxxi di Roma, e sul quale si sta lavorando a una mostra a cui tiene moltissimo il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e che è curata da storici di destra e di sinistra, compresi quelli della Fondazione intitolata all’autore dei Quaderni del carcere. Berlinguer 40 anni dopo è un Berlinguer a cui tutti aspirano a rivolgersi. Anche cinematograficamente. Due film, per esempio, narrano gli ultimi giorni e il funerale del capo del Pci, ma soprattutto ne raccontano l’umanità politica. Arrivederci Berlinguer è uscito ieri e sarà al cinema fino a domani. Riprende tra l’altro, a cura di Michele Mellara e Alessandro Rossi, le scene dell’addio a Berlinguer girate al tempo da una quarantina di grandi autori del cinema italiano, tra cui Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Roberto Benigni, Carlo Lizzani, Giuliano Montaldo, Ettore Scola, Gillo Pontecorvo. I curatori del nuovo documentario spiegano: «Pur sapendolo già, ciò che ci ha stupito è stata la capacità del segretario comunista di comunicare con ogni strato sociale, a ogni latitudine, con milioni di persone che si riconoscevano in lui. Lavorare sulla storia serve a confrontarsi con il presente». Che è quello di una politica chiusa in se stessa, ossia l’opposto della lezione berlingueriana.
VIDEO E PODCAST
E si parlerà assai, con Luciana Castellina, Alberto Olivetti e Vanessa Roghi, anche di Berlinguer domani alla presentazione nella Casa della socialità a San Lorenzo del podcast Rosso è il cammino, curato da Ginevra Amadio, Mattia Gambilonghi e Pino Santarelli. Ancora: Prima della fine. Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer. Questo è un altro documentario, firmato da Samuele Rossi. Viene oggi presentato in concorso al Biografilm Festival 2024 e sarà in sala da giovedì. Questo film inizia e finisce sul sorriso di Enrico Berlinguer, ed è a sua volta realizzato interamente con materiale d’archivio, video e audio in larga parte inediti. Ecco, nella scena madre, Berlinguer che conclude il discorso sul palco di Piazza della Frutta a Padova nonostante l’ictus che lo ha appena colpito. E i quattro giorni in condizioni drammatiche e poi la morte. E intanto il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che si era precipitato al suo capezzale ed era riuscito ad entrare nella stanza d’ospedale per vederlo e baciarlo sulla fronte poco prima del decesso. Successivamente Pertini si impose per trasportare la salma sull’aereo presidenziale, un unicum nella storia della Repubblica. «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta», disse.
Ci sono in tutti questi film, e nella mostra itinerante su Berlinguer, i telegiornali, i titoli dei giornali, il funerale, i bollettini medici, i ricordi dei militanti, la presenza di compagni di partito e avversari. C’è il racconto della camera ardente e del funerale in Piazza San Giovanni: con i leader stranieri, con la presenza di Almirante e con le lacrime di tantissima gente. Il famoso film con Benigni s’intitolava: Berlinguer ti voglio bene. Era il 1977. Adesso gli vogliono tutti bene come allora o ancora di più.