il Giornale, 11 giugno 2024
Il declino dei grillini
Se Achille Lauro avesse regalato agli elettori entrambe le scarpe (prima del voto) come si dice: ciao core, avrebbe raccolto molto meno. E parrà semplicistico, ma parte del «tradimento del Sud» patito dai Cinque Stelle potrebbe essere tutto qui: le scarpe (entrambe) erano i redditi di cittadinanza che furono elargiti in proporzione al voto raccolto alle Politiche (2022) quando a Napoli, per dire, il Movimento aveva preso il 42 per cento e ora soltanto il 26,58, un filo meno del Partito democratico. Lo stesso è accaduto in tutte le realtà dove ora ha comunque registrato i migliori consensi, e che, pure, avevano registrato il record dei redditi: Palermo, Crotone, Catania, Caserta e Siracusa. Erano delle roccaforti, ora il calo è stato drammatico: non c’erano più scarpe da regalare (redditi da promettere, in parte sospesi o calati) e Conte a margine del voto europeo non poteva certo promettere dei superbonus, o riscatti gratuiti della laurea, mutuo ai precari con garanzia dello Stato, posto fisso, salario minimo a 9 euro, settimana lavorativa di 35 ore, ciò che promise alle politiche: in Meridione è importato assai, evidentemente, che Conte abbia promesso un’inafferrabile «pace» in concorrenza diretta con Avs e con la lista di Michele Santoro. L’astensione ha spadroneggiato. Non si dimentichi che per il Reddito, il premier Conte, aveva speso 21,9 miliardi di euro in tre anni, quando la spesa dello Stato per due anni di pandemia sanitaria era stata di 19.
Poi c’è tutto il resto, che è moltissimo, se è vero (lo è) che persino Davide Casaleggio ha chiesto le dimissioni di Conte dopo che anche l’house organ del Movimento, Il Fatto Quotidiano, gli aveva rinfacciato gli errori più evidenti: un personalismo senza carisma e una truppa di candidati sconosciuti, tanto che, dai seggi europei, non sono rimasti esclusi candidati di spicco perché semplicemente non ce n’erano. A questo si somma una classe dirigente inesistente (che il limite dei tre mandati certo non ha favorito) che non a caso non rilascia mai pubbliche dichiarazioni (le fonti grilline dei media sono sempre anonime) ma che ha sempre lasciato trapelare un palese fastidio di Conte solo all’idea di promuovere dei quadri dirigenziali: la «riflessione interna», ventilata ieri dal segretario, rischia di essere un soliloquio, ovviamente rivolto ancora a «un’Europa più verde, sociale e inclusiva» che è parso un programma meno allettante rispetto al sostanziale voto di scambio che aveva garantito discreti risultati alle Politiche. L’evidente limite di Conte è paradossalmente anche la sua risorsa: nessuno è in grado di sostituirlo, benché sia un segretario che sperava di scavalcare il Pd (pochi mesi fa) e che adesso galleggia con meno della metà dei suoi voti, staccato di 15 punti: gli exit poll notturni prospettavano una forchetta grillina tra il 10 e il 14 per cento e alla fine è venuto fuori uno sfigato 9,99. Non solo. In meno di due anni, dalle Politiche alle Europee, Conte ha perso più di due milioni di voti (erano 4.335.494, sono 2.323.021) e ne ha persi addirittura otto milioni rispetto alle Politiche del 2018 (furono 10.734.839).
È singolare un partito che assiste a un tracollo di 8 milioni di voti su 10 e si tiene sempre lo stesso segretario: uno che, in precedenza, non aveva mai fatto politica, col rischio che ora lo si noti una volta per tutte; uno che aveva costruito il Movimento a sua immagine e somiglianza col rischio, pure, che ora non assomigli esattamente a un vincitore ma a un curatore fallimentare, peggio, a un impresario funebre. Certo, non può essere solo colpa sua, di Giuseppe Conte, se i Cinque Stelle erano partiti da visioni di un futuro distopico poi hanno progressivamente dimostrato a milioni di elettori di non saper fare politica (a nessun livello amministrativo: locale, cittadino, regionale, nazionale, europeo) mentre ora, evidentemente, hanno persuaso milioni di elettori di non saper fare neanche più anti-politica: snobbati da chi è tornato nel sonno dell’astensione, o, peggio, da chi è stato riesumato solo da una ragazza dei centri sociali rimasta per tutto il tempo in stato detentivo.