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 2024  giugno 11 Martedì calendario

White sarà Springsteen nel film sugli esordi del rocker

Tolto il grembiule si prepara a imbracciare la chitarra Jeremy Allen White. Da «The Bear» a «The Boss» il passo è piuttosto lungo, ma servirà per confermare il successo esploso negli ultimi due anni grazie alla serie amatissima (disponibile su Disney+) in cui l’attore interpreta il tanto talentuoso quanto tormentato chef italoamericano Carmen Berzatto, per tutti Carmy.
Uno di quei ruoli capaci di cambiare le carriere, come è stato con quella dell’attore classe 1991, che dopo anni di interpretazioni non indimenticabili (pur avendo iniziato a recitare quando era solo un adolescente), si ritrova a essere oggi uno degli interpreti più richiesti e con una mensola di colpo affollata dal momento che adesso ospita un Emmy, tre Screen Actors Guild Awards, due Critics’ Choice Awards e due Golden Globe come miglior attore in una serie commedia o musicale.
Dopo due stagioni della serie – il 14 agosto uscirà, super attesa, la terza (e proprio ieri è stato diffuso il primo trailer) – passate a risollevare le sorti del suo ristorante di Chicago, Jeremy White è diventato ora non solo famosissimo ma anche un sex symbol: le magliette bianche a favore di bicipite, i capelli biondi scompigliati e impomatati, gli occhi azzurri tristi e un po’ dannati con cui ha fatto conoscere il suo personaggio avevano aperto la strada, una campagna pubblicitaria di intimo a livello mondiale l’ha spianata.
Così, dopo mesi di indiscrezioni, un film di successo come «The Warrior» e infiniti corteggiamenti, è arrivata l’ufficialità: sarà lui a interpretare Bruce Springsteen nel film diretto da Scott Cooper che si concentrerà sugli anni in cui il cantautore, ai suoi inizi, cercava di gestire la fama globale che lo aveva investito. Un po’ quello che sta facendo adesso anche l’attore, la cui vita ultimamente è stata stravolta da più di un punto di vista.
Nel momento più alto della sua carriera sta infatti affrontando un doloroso divorzio dalla mamma delle sue due figlie, l’attrice Addison Timlin, che lo avrebbe allontanato da loro per via della sua dipendenza dall’alcol.
Nella battaglia legale per l’affidamento delle piccole, Allen White non è risultato sobrio per almeno due volte in cui gli è stato fatto il test.
«Nebraska»
La storia ruoterà intorno alla nascita dell’album «Nebraska» pubblicato nel 1982
Una fragilità che, fatalmente, rischia di diventare la sua cifra. Credibilissimo quando affonda nei tormenti del suo Carmy, geniale chef stellato che lascia tutto per ripartire dallo scalcagnato locale di Chicago ereditato dal fratello morto suicida.
Gli stessi tormenti che, ora, porterà nel biopic su Springsteen. Il film si sviluppa nell’epoca in cui, mentre stava registrando il leggendario album «Born in the Usa», il cantautore in contemporanea scriveva e registrava in camera sua, con mezzi assolutamente non sofisticati, «Nebraska», album pubblicato nel 1982, considerato fondamentale per la crescita dell’artista.
Un disco ancora oggi venerato dai fan e considerato un imprescindibile per comprendere a pieno la poetica del Boss.
Il film, in altre parole, vuole restituire l’anima della rockstar scavando lì dove meno è stato fatto. Per riuscirci, Springsteen è stato coinvolto, così come anche il suo manager Jon Landau e, a quanto pare, hanno entrambi approvato la figura dell’attore, che ha deciso di tuffarsi nella fortunata serie di film dedicati alle star della musica (da «Bohemian Rhapsody», 2018, nulla è più stato come prima).
Tenebroso, con un fare a metà tra il divo e l’indolente, ai Golden Globe ha spiegato che continua «a fare una vita normale, anche se la gente vuole parlare soprattutto delle mie foto in slip». In realtà, in molti vogliono parlare anche di quelle scattate dai paparazzi con la cantante spagnola Rosalia, che hanno contribuito a rilanciare la Dolce vita hollywoodiana. Lui sembra scivolare su tutto questo. Ma sa che la complessità è diventato il suo tratto: «Quando recito spesso mi sembra di giocare alla roulette. E spero solo che tutto vada bene».