la Repubblica, 11 giugno 2024
Intervista a Guido Crosetto
Ha vinto Meloni. Guido Crosetto, la legislatura è in discesa?
«Non ho mai considerato questa legislatura in pericolo. In discesa no, però: viviamo tempi drammatici, affronteremo enormi problemi interni e internazionali che peseranno. Il Paese dovrà fare scelte coraggiose. Certo, tutti i partiti della coalizione crescono e questo non può che essere positivo».
Il primo atto della vittoria di Meloni sarà portare a casa il premierato con un’accelerazione?
«Non penso che Meloni abbia intenzione di cambiare la sua agenda. Mi pareva di aver capito che si volesse dare in questa fase la priorità alla riforma della giustizia, perché quella del premierato andava maturata e spiegata al meglio, visto che finora è stata presentata come il tentativo di distorcere la Costituzione e invece non toglie alcun grammo di democrazia».
Renzi lo fece e non andò bene.
«La differenza è che lui legò la legislatura alla riforma. Nell’agenda di Meloni il premierato è il 2% di un’azione politica complessa che si gioca su tutti i fronti, dalla politica estera all’immigrazion e fino al fisco. Ci sono mille riforme e il premierato è una di queste».
Nei mesi scorsi non sono però mancati attacchi del governo a Mattarella. L’ultimo di Salvini. Resa dei conti con il Colle in vista?
«Non mi pare che il centrodestra o il governo abbiano alcun problema con il Colle. Io ho un rapporto non solo politico, ma personale con il Presidente. Straordinario, voglio dirlo. In lui ho sempre trovato appoggio e comprensione. Non ha mai lesinato un consiglio o un aiuto verso il sottoscritto o Meloni. Poi, certo, nella campagna elettorale ci sono persone che amano alzare i toni per scuotere un elettorato annoiato».
Dicevamo della giustizia: è una priorità. Ora la porterete a casa, nonostante l’ostilità dei giudici?
«Ho totale fiducia nel ministro Nordio e nella sua capacità di immaginare un sistema giudiziario che metta al centro il cittadino. Sullagiustizia, il confronto che il governo deve avere è parlamentare e politico, non certo con la magistratura. Che, lo ricordo, in teoria dovrebbe solo applicare le leggi. Se invece assorbe anche il potere esecutivo o legislativo, diventa altro».
L’autonomia invece potrebbe subire un rallentamento, essendo poco amata da Fdi e FI?
«Non ho seguito il provvedimento e non so quanto sia centrale nell’evoluzione attuale del progetto di Salvini».
Pensa che Meloni procederà con un rimpasto di governo, intanto?
«Non mi pare ci sia all’orizzonte alcun rimpasto».
Meloni ha personalizzato e ha vinto. Adesso rischia l’ebbrezza da pieni poteri?
«Tutto, ma non l’ebrezza da pieni poteri. Per la premier era decisivo capire se dopo due anni di impegno fisico e familiare pesantissimo, e dopo dieci di traversata nel deserto, queste rinunce avevano un senso. Ora ha ricevuto il riconoscimento popolare del suo lavoro. E posso dirle, io che la conosco bene: se avesse ottenuto il 23%, oggi questo governo forse non ci sarebbe più».
Sta tornando il bipolarismo?
«Uno scontro politico tra due grandi famiglie consente di emarginare gli estremismi. E questo serve alle grandi democrazie. Le ali estreme distruggono le barriere della correttezza istituzionale, come hanno fatto i 5S. Ma così si avvelena il Paese. Ben venga il bipolarismo».
Si riferisce anche a Salvini, che l’attacca spesso. Urge chiarimento?
«Devo trattenermi per non dire molte cose. Non mi sarei mai comportato come lui per strappare qualche voto in più. Persone del suo partito hanno inventato cose non dette dal ministro della Difesa sull’ipotesi di inviare militari in Ucraina. Detto questo,
E Vannacci? Ha preso molti voti.
«L’eurodeputato Vannacci da oggi dovrà dimostrare di meritare la fiducia che gli hanno dato i cittadini per servire il suo Paese. Che è l’Italia e solo l’Italia...».
Passiamo all’onda nera in Europa, quella estrema dell’Afd e Le Pen. È un dato positivo o che la allarma?
«Tutti commentate il sismografo, nessuno il terremoto. Intendo: perché crescono? Perché la sinistra è crollata? Quando sei così presuntuoso da inseguire l’ideologia di Timmermans, che ha regalato ai cinesi il settore auto, ti ritrovi lontano dal mondo, che non ti vota più. Gli errori dell’intellighenzia di sinistra generano insicurezze, senza una cura. E favoriscono l’astensionismo».
Eppure la maggioranza Ursula tiene. Il Ppe chiede un patto con socialisti e liberali, senza Ecr. Siete fuori o ci sono margini per trattare?
«L’Europa del futuro non può escludere l’Italia. Non esiste una Commissione forte senza Giorgia Meloni, perché la leader più forte è quella italiana. Attorno a lei possono coalizzarsi anche altre forze. In ogni caso, non è un tema di famiglie politiche, va molto oltre».
Significa che siete pronti a ragionare anche con i socialisti?
«Sono convinto che la prossima Commissione si costruirà attorno a un programma di legislatura».
E quindi l’ipotesi di un bis di Ursula resta in campo: la sosterrete?
«Mi pare che siano aperti tutti i giochi. Decideranno i governi, lo ripeto, e non le famiglie politiche: su Russia, Ucraina, Gaza, sono loro che devono trovare una strategia comune europea. Non possiamo permetterci un’Unione debole».
Significa: facciamo un accordo tra leader, senza veti tra partiti?
«Il futuro lo decidono i 27 leader. Dovranno portarsi dietro le loro nazioni. Non puoi varare la Commissione con metà dell’Europa contro. Bisogna costruire un’agenda europea che vada al di là delle famiglie politiche. Poi la maggioranza proporrà al Parlamento il suo progetto. Io mi auguro che si poggi di più sul centrodestra ed escluda i distruttivi».
Non si fa nulla senza i socialisti.
«Penso proprio di sì. E poi parlo di una sottospecie di socialisti, quelli alla Timmermans».
È possibile che Ecr costruisca un gruppo unico con Le Pen?
«Non so. Ma so che Ursula o chi per lei dovrà dialogare con chi ha preso il 35% e farà forse un nuovo governo».
Infine: Salvini non vuole più inviare armi all’Ucraina.
«È pronto un nuovo invio che sarà approvato nei prossimi giorni. Relazionerò al Copasir e sono certo che nessuna forza di maggioranza avrà nulla da dire o criticare».