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 2024  giugno 10 Lunedì calendario

Verdetto amaro per Conte

MILANO Doppiati dal Pd. Tallonati da Lega e Forza Italia. Se non è uno tsunami – citando Beppe Grillo – poco ci manca. Le Europee per i Cinque Stelle si chiudono con il peggior risultato della loro storia: a un quarto dello scrutinio gli stellati viaggiano a cavallo del 10%. Mai il Movimento è sceso sotto la doppia cifra. «Avvieremo una riflessione», dice Giuseppe Conte. Un risultato che getta nel panico i parlamentari e accende la miccia delle voci critiche. Le chat quando prende corpo l’esito del voto esplodono letteralmente, tra delusione e voglia di un cambio di passo. «Adesso siamo soci di minoranza del Pd a tutti gli effetti», sospira qualcuno. Il destino della leadership progressista sembra segnato con Elly Schlein saldamente avanti. Un’altra faglia per il partito. Non a caso, per tutta la giornata si sono rincorse telefonate frenetiche, analisi su presunte percentuali. «Così ci azzanneranno», temono i parlamentari. «Finalmente capiranno gli errori e forse ci ascolteranno», replicano i malpancisti.
Giuseppe Conte, invece, come consuetudine ha trascorso la sua giornata in famiglia in attesa dello scrutinio con contatti solo con una cerchia ristretta. Ma i riflettori ora sono tutti sul leader. Il presidente ha costruito in questi anni un Movimento a sua immagine e somiglianza. Anche in questa campagna ha scelto i big da candidare nel listino (senza passare dalla selezione interna degli attivisti) ed è stato il motore, l’unico volto del tour. Come per Grillo nel 2014 (prese il 21,2%) e per Luigi Di Maio nel 2019 (17,1%) non ha potuto contare su grandi portatori di voti, suscitando anche critiche interne, con alcuni attivisti ed ex eletti che hanno rinfacciato al leader di aver preferito volti non in linea con la storia stellata, piuttosto che tutelare (con un terzo mandato) la vecchia guardia. Per questo, il voto è stato visto da parte dei Cinque Stelle come un test di gradimento del presidente.
Ora il 10% potrebbe riaprire clamorosamente il tema. «Perché non candidare Fico, Taverna e Raggi?», chiedono nel Movimento. «Conte ha avuto quello che si merita», sentenziano altri. A Campo Marzio l’esito viene accolto prima con prudenza (quando escono gli exit poll), poi – quando il dato sembra scendere sotto il 10% – solo bocche cucite. Intorno alle due di notte a dichiarare è lo stesso Conte: «Prendiamo atto del risultato, sicuramente molto deludente» dice, prima di annunciare «una riflessione interna». Quanto al Pd e a quel campo largo recentemente incrinato: «Il dialogo con le forze progressiste, quelle affidabili, sarà sempre più intenso» per «offrire un’alternativa rispetto alle forze di governo che escono, in qualche modo, rafforzate da questo voto».
Ma nel partito partono già le prime analisi. Di sicuro la campagna elettorale è stata più capillare nel Sud e nelle Isole, roccaforti ormai da 6 anni del voto del M5S (che rischia di perdere anche la guida di Caltanissetta, capoluogo guidato da Roberto Gambino). E proprio queste aree sembrano aver inciso sull’esito del voto. «Se è vero, come sembra, che il Sud è andato a votare poco (l’affluenza è in lieve calo rispetto al 2019, ndr), questo ci penalizza ed è triste che la gente non abbia capito l’importanza di questo voto», commenta la vicepresidente del Senato Mariolina Castellone a Porta a Porta. Certo è che il Movimento ha perso il suo dominio: è terzo al Sud e lotta con Forza Italia per non uscire dal podio dei partiti nelle Isole. Dati in linea con quanto aveva «predetto» il capogruppo Stefano Patuanelli. «Conte paga il fatto di essersi circondato solo da suoi fedelissimi che sanno solo dirgli di sì», attacca uno stellato. C’è chi evoca la «maledizione delle Europee», che in passato hanno segnato il lento addio di capi politici come Di Maio e Grillo. E proprio il garante ha osservato in silenzio la campagna M5S. E c’è chi sussurra: «Un brusco calo potrebbe risvegliare Grillo».