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 2024  giugno 10 Lunedì calendario

“Religione di Stato”. Nonostante la condanna per aver pagato il silenzio della porno-star Stormy Daniels per le elezioni del 2016, i cristiani conservatori bianchi continuano a sostenerlo. Patto per l’“anima” americana: no aborto, no gay

Il processo che si è chiuso di recente a New York, in cui Donald Trump è stato giudicato colpevole di aver voluto influenzare le elezioni del 2016 corrompendo l’attrice porno Stormy Daniels, è stato sicuramente l’ultimo che l’ex presidente degli Stati Uniti affronterà prima delle prossime presidenziali di novembre. Gli osservatori si interrogano sull’impatto che il verdetto – atteso a luglio – avrà sugli elettori, anche se la base più fedele e fervente di Trump, i cristiani evangelici bianchi, che lo hanno sostenuto per oltre l’80% dal 2016, ne sarà senz’altro immune. La reazione di Donald Trump è prevedibile: assumerà il suo solito atteggiamento vittimistico del candidato anti-sistema. Dirà che si vendicherà e che lo farà per i suoi elettori.
Una differenza tra questa campagna e quelle del 2016 e del 2020 sta proprio nell’immagine di “fuorilegge” che Trump coltiva e adatta a seconda del suo pubblico, paragonandosi talvolta ad Al Capone, altre a Gesù Cristo, quando si rivolge alla sua base cristiana. E i cristiani evangelici bianchi continuano a sostenerlo, malgrado il recente processo incentrato su quanto per loro ci possa essere di peggio, bugie, corruzione, adulterio e persino pornografia. Per capire il perché di un tale sostegno bisogna ritornare sulla trasformazione del sentimento religioso negli Stati Uniti negli ultimi venti anni e sui legami che si sono creati con il partito Repubblicano. Un’evoluzione che avrà profonde conseguenze politiche se Donald Trump dovesse vincere a novembre. Dalla fine del 2022, Trump fa sempre più ricorso a un linguaggio apocalittico, paragonando le elezioni del 2024 alla “battaglia finale” e la sua campagna contro Joe Biden ad un scontro tra il Bene e il Male. In questa battaglia, Trump è il solo a frapporsi tra il “regime marxista di Biden” e i “cristiani perseguitati”. La religione è al centro della lotta politica, ma con Trump ha cambiato natura: non è più una questione di fede, ma di identità. Trump e i pastori che lo sostengono invocano una lotta per “l’anima dell’America”, la stessa che Biden diceva di voler “ripristinare” durante la campagna elettorale, poi vinta, del 2020. È cioè uno scontro sulla definizione di identità americana.
Richard Land, ex presidente dell’organizzazione Southern Evangelical Seminary e capo direttore del Christian Post, ha definito l’incriminazione di Trump nel caso Stormy Daniels come una “jihad” da parte del dipartimento della Giustizia contro l’ex presidente. Sono proprio dei fondamentalisti cattolici a sostenere la candidatura di Trump alla Casa Bianca. L’alleanza tra i cristiani conservatori e Donald Trump nel 2016 è stata innanzi tutto un contratto, uno scambio: il sostegno elettorale in cambio della nomina dei giudici conservatori della Corte Suprema per la battaglia contro il diritto all’aborto. Contratto che Trump ha rispettato, di qui la loro fedeltà nel 2020. Nel 2024, il legame si è stretto ancora di più, per effetto dell’eredità del mandato di Trump alla Casa Bianca e dell’assalto a Capitol Hill, ma anche come conseguenza dell’aumento del numero dei cosiddetti cristiani “carismatici” della Riforma neo-apostolica. Anche negli Stati Uniti, come in altre democrazie occidentali, ci sono sempre più “non religiosi”, atei o agnostici. I cristiani evangelici bianchi sono una minoranza, ma politicamente influente. Sanno di non essere più maggioritari e ne sono preoccupati. Trump è diventato quindi in un certo senso il loro “braccio armato”.
Assistiamo a un nuovo risveglio religioso, nel senso di lotta politica, come nel caso di precedenti risvegli religiosi che hanno segnato la storia americana: dopo la lotta contro la schiavitù o l’alcolismo, questa volta si tratta di una lotta contro la secolarizzazione della società, contro l’aborto, il matrimonio gay e i diritti delle minoranze in generale. Una lotta iniziata, ben prima di Trump, già da Ronald Reagan che strinse un’alleanza con la Moral Majority, diventata in seguito Christian Coalition of America. Con Trump assistiamo invece ad un avvicinamento con il movimento dei cristiani carismatici. Quando è entrato nella corsa per le presidenziali, Trump, a differenza di altri candidati, non aveva né parrocchie né legami particolari con il mondo evangelico. Nell’estate del 2015, si era quindi rivolto alla nota “televangelista” Paula White, in Florida, lo Stato Usa dove le televisioni religiose sono più numerose, diventata poi consigliera spirituale della Casa Bianca. Paula White ha poi anche costituto il suo Consiglio religioso nazionale insieme ad altre personalità di questo movimento, in particolare con uno dei suoi pastori e teorici più noti, Lance Wallnau (autore del libro a sostegno di Trump God’s Chaos Candidate: Donald Trump). Per i cristiani carismatici, Donald Trump è “l’eletto di Dio”. Credono ai profeti e alle profezie trasportate dai tweet della moderna era elettronica. L’ispiratore del movimento, il missionario C. Peter Wagner, prospetta “il cambiamento più radicale dopo la Riforma protestante”. Questo nazionalismo cristiano confonde l’identità americana con l’identità cristiana, considerandole estremamente legate l’una all’altra. Molti dei suoi simboli erano presenti nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.
In questa destra ridefinita dal trumpismo, in programmi come il Project 2025 della Heritage Foundation, il ruolo della religione costituisce una rottura nella storia americana, si potrebbe addirittura parlare di una rivoluzione per la Repubblica americana. “Dove esiste una maggioranza cristiana, la vita pubblica dovrebbe essere radicata nel cristianesimo e nella sua visione morale, che dovrebbe essere rispettata dallo Stato e dalle altre istituzioni pubbliche e private”, scriveva il movimento NatCon (National Conservatism) in una Dichiarazione di principi pubblicata nel 2022. Un’affermazione contraria alla Costituzione americana, che relega la religione alla sfera privata, come è scritto nel Primo Emendamento. Allo stesso modo dei nazionalisti conservatori, il mandato delle “sette montagne” rivendicato da Paula White e dalla Riforma Neo-Apostolica considera che i cristiani siano chiamati a dirigere sette istituzioni chiave della società: la famiglia, la chiesa, l’istruzione, i media, le arti, l’impresa e il governo. Dal 2021, il nazionalismo cristiano è sempre più accettato all’interno del partito Repubblicano. Secondo il Public Religion Research Institute, il 10% degli americani si considera nazionalista cristiano, mentre un altro 20% si dice simpatizzante. I social network hanno funzionato da cassa di risonanza durante la pandemia di Covid nel 2020, così come il movimento cospirativo QAnon. Durante la pandemia, con la chiusura delle chiese, la MIT Technology Review aveva messo in evidenza la diffusione delle teorie cospirative di QAnon, un movimento anti-sistema in cui le élite sono assimilate ai pedocriminali, all’interno delle comunità evangeliche. Il movimento ha svolto anche un ruolo centrale nell’organizzazione dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio. “Grazie per averci permesso di liberarci dei comunisti, dei globalisti e dei traditori del nostro governo. Nel nome di Cristo, preghiamo. Amen”, aveva detto lo “sciamano di QAnon”, con le corna da bisonte, in una preghiera organizzata in Senato, come si vede in un video pubblicato, e ancora online, da un giornalista del New Yorker. Il 4 marzo, in Virginia, Trump dichiarava: “Cacceremo i globalisti, cacceremo i comunisti, i marxisti e i fascisti, e rifiuteremo la classe politica malata che detesta il nostro Paese”. Le stesse parole chiave si trovano nella propaganda “E Dio creò Trump” (per salvare l’America). Durante i comizi del candidato repubblicano, organizzati come grandi show, si vendono Bibbie e cappellini “Make America Godly Again”. Quello che era iniziato come un appello populista per salvare la “vera America”, è diventato un movimento politico radicalizzato, a volte violento, in contrasto con la Costituzione Usa e il Primo Emendamento.