la Repubblica, 10 giugno 2024
Il governo va avanti senza rimpasti. Ora l’accelerazione sul premierato
ROMA – Alla fine lei “sta”. E così il suo governo. Giorgia Meloni “detta Giorgia” cercava il plebiscito e ottiene un risultato robusto che, man mano che si dipanava la campagna elettorale, era diventato il suo obiettivo: portare il dato complessivo del suo partito e della coalizione sopra l’asticella delle Politiche. Per dimostrare che il centrodestra non ha subito il logorio di un anno e mezzo di amministrazione. Un esito considerato un via libera per l’esecutivo che, osserva il capogruppo di FdI Tommaso Foti, «esce rafforzato da queste elezioni». Anche perché, in un quadro di avanzamento delle destre in tutt’Europa, con Macron e Scholz in difficoltà, il governo italiano è quello «più in salute», per dirla con le parole di un altro fedelissimo della premier come l’eurodeputato uscente Nicola Procaccini.
Adesso, spiegano fonti vicine alla premier, difficile immaginare scossoni. Più agevole, al contrario, smaltire le scorie accumulate soprattutto negli ultimi giorni prima del voto, quando lo scontro fra i leader della maggioranza era diventato particolarmente acceso, con un duello aperto fra i due vicepremier Tajani e Salvini. Il responso delle urne consente a Meloni di portare avanti il suo programma senza ritocchi sostanziali alla squadra di governo, sempre negati pubblicamente ma immaginati fino a un paio di mesi fa, quando in un colloquio con il Quirinale fu esplorata l’ipotesi di unpassaggio parlamentare per cambiare alcuni ministri.
Di certo la premier guarda da lontano, dall’alto, il testa a testa fra Forza Italia e Lega, con la prima in vantaggio. Questo scenario permetterà alla premier di portare avanti alcuni temi-chiave, in primis la riforma del premierato, sul quale adesso si tenterà un’accelerazione verso il primo sì in Senato. D’altro canto, il dato positivo di FI evita uno spostamento a destra dell’asse dell’esecutivo e dunque mette un freno a Salvini. Un anno fa moriva Berlusconi e ai più sembrava scontato che Forza Italia fosse assorbita da FdI. Oggi Tajani (al netto del dato sulle preferenze) può dire di aver vinto la scommessa della sopravvivenza, tenendo a bada anche l’effetto Vannacci che ha condizionato la campagna elettorale. E può vedere da vicino il sorpasso ai danni del Carroccio.
I rapporti di forza fra gli alleati si definiscono insieme alle percentuali definitive che maturano nella notte. L’esito di questa partita interna è la vera incognita per il futuro della squadra di Meloni. Guardando ai riflessi del voto sul panorama italiano, fonti forziste osservano che, se i dati provvisori saranno confermati, «il quadro del governo resta stabile, non ci saranno conseguenze di alcun tipo». Ma Tajani è in condizione di alzare la posta, e magari di togliersi qualche sassolino – con la sponda di Palazzo Chigi – nei confronti dell’alleato leghista, chiedendo maggiore influenza nella direzione di marcia e anche maggiore spazio negli assetti di governo: gli occhi, si apprende, sono puntati sui posti di sottosegretari rimasti liberi. E c’è il caso-Santanché a incombere, con la prospettiva di un’altra poltrona quella del ministero del Turismo – che potrebbe liberarsi.
In altre parole, le urne dicono che forse non scatterà il processo a Salvini: un crollo della Lega avrebbe portato a una destabilizzazione dell’esecutivo. La via d’uscita costituita dalla candidatura del generale potrebbe permettere al segretario del Carroccio di restare a galla ma in una posizione più debole di prima, non tale almeno da imporre alcuna decisione agli alleati. Il traguardo dell’Autonomia, pur vicino, si profila meno scontato del previsto.
D’altra parte, oltrepassato l’appuntamento ai seggi, le divisioni più nette rimangono sulla collocazione europea. Proprio l’affermazione di FI rende più robusta la presenza del Ppe all’interno del governo. E i popolari restano centrali nella costruzione di qualsiasi alleanza a Bruxelles, non escludendo affatto anzi – la conferma dell’intesa con i socialisti. Con la candidatura di Von der Leyen già in campo. Una posizione che tiene il partito di Tajani lontano soprattutto dalla Lega. Da considerare pure le distanze che permangono sull’appoggio a Kiev e in particolare sulla fornitura di armi. Nodi che riaffioreranno, nella maggioranza e nel governo, dopo i brindisi per il risultato delle Europee.