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 2024  giugno 09 Domenica calendario

Gli ostaggi salvati

Noa ArgamaniTEL AVIV «Non parlavo ebraico da così tanto tempo». Abbraccia il suo papà, Noa Argamani, 26 anni compiuti poco dopo la cattura. Libera, dopo 8 mesi. Sorride nonostante il buio che ha attraversato, mentre Yaakov la stringe come se non dovesse più lasciarla andare. «Lei sta bene, oggi è il mio compleanno e questo è il regalo più bello che potessi ricevere», dice il padre. I lunghi capelli neri di Noa che il papà accarezza sono ancora sporchi. Ma all’ospedale Tel Hashomer di Tel Aviv dove è ricoverata con gli altri l’aiutano a lavarsi, a curarsi. «Sono tutti in buone condizioni», continuano a ripetere i medici alla folla che si accalca sulla porta del reparto di cardiologia.
Noa, uno dei volti più conosciuti della campagna per la liberazione. «Non uccidetemi», urlava con gli occhi sgranati mentre veniva trascinata via su una motocicletta verso Gaza, strappata via dal suo compagno, Avitan Or, anche lui sequestrato e ancora nelle mani dei rapitori. Un’immagine diffusa dalla propaganda di Hamas che pochi di noi hanno potuto dimenticare e cui sono seguiti altri, terribili, filmati.
Nata in Cina con passaporto israeliano, Noa era stata rapita al festival musicale Nova, vicino alla comunità meridionale di Reim come tanti altri giovani, come gli altri tre liberati insieme a lei. Per Noa ieri c’è stato subito l’abbraccio con il padre Yaakov dopo le ore concitate della liberazione. Lacrime di gioia e di ansia. Poi il trasferimento in un altro ospedale, l’Ichilov, sempre a Tel Aviv. È lì che si trova mamma Liora, ricoverata per un tumore al cervello al quarto stadio.
Era stata proprio Liora, cittadina cinese, a lanciare un appello per la liberazione chiedendo di poter riabbracciare la sua unica figlia un’ultima volta. «Non so quanto tempo mi resta, spero di avere la possibilità di rivederla a casa», aveva detto rivolgendosi al presidente Joe Biden.
Destini opposti
Di Shani Louk, altra vittima dell’orrore del rave, è stato ritrovato
il corpo il 17 maggio
Noa ricompare il 14 gennaio in un video pubblicato da Hamas insieme agli ostaggi Yossi Sharabi e Itai Svirsky. In un primo spezzone i tre chiedevano al governo israeliano di riportarli a casa, mentre un secondo filmato aveva solo Noa come protagonista e la si sentiva spiegare come i due ostaggi che si trovavano con lei fossero stati uccisi in attacchi dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Poi la sua voce viene nuovamente registrata in un video, datato 31 maggio, che la famiglia chiede di non divulgare.
Avanti veloce, fino a ieri. «Sono così felice di essere qui», dice ora la giovane in videochiamata con il presidente israeliano Isaac Herzog mentre le danno da bere una Coca-Cola. «Grazie di tutto, grazie per questo momento». In un’altra telefonata, con il premier Benjamin Netanyahu, che è poi andato a trovarla di persona, spiega di essere «molto commossa». Frasi semplici. E poi quel «non parlavo ebraico da tanto tempo». Noa che fino al 7 ottobre studiava ingegneria informatica all’Università Ben Gurion del Negev e sui social scriveva di amare «il gioco di squadra». Ora, per lei, una nuova vita, da ricostruire giorno dopo giorno.
Un destino che non è stato concesso a Shani, quasi coetanea di Noa. Padre israeliano madre tedesca, tatuatrice, influencer, mamma di un bambino di 5 anni. Rapita anche lei vicino a Reim durante il rave. E buttata ormai inerme sul retro di un pick up lanciato verso Gaza mentre intorno a lei c’era chi urlava e chi le sputava addosso. Immagini, anche in questo caso, diffuse in rete da Hamas per scopi di propaganda.
Il suo corpo smembrato, il sangue rappreso sui capelli neri lucidi, frame di orrore che abbiamo tutti negli occhi, che hanno traumatizzato ma hanno anche provocato una reazione. È il 30 ottobre, quando Ricarda Louk, madre di Shani, afferma di essere stata informata dall’esercito israeliano che il Dna di sua figlia è stato trovato su un frammento di osso del cranio nell’area del festival, dato che fa pensare alla sua morte. Ma lei continua a sperare. Le hanno detto che la carta di credito di sua figlia è stata usata in un ospedale di Gaza subito dopo il 7 ottobre. Ma quel video lascia pochi appigli. Poi il 17 maggio l’annuncio del ritrovamento del corpo. E se per Noa ora ci sono gli abbracci di un padre felice, a Shani nessuno, nemmeno quella mamma che non si riusciva ad arrendere, potrà mai più accarezzare i lunghi capelli neri.
***Andrey Kozlov

Arrivato dalla Russia
Faceva la guardia al rave

Andrey Kozlov ha 27 anni e lavorava come guardia di sicurezza al festival Supernova, dove è stato rapito. Di recente, si era trasferito in Israele dalla Russia e abitava a Rishon Lezion, una città nel centro di Israele. Mikhail Bogdanov, viceministro degli Esteri russo, a gennaio ha chiesto ai funzionari di Hamas che venisse accelerato il rilascio dei civili catturati il 7 ottobre, tra cui Kozlov. Nei filmati condivisi ieri sui social media, si vede Kozlov sorridere mentre viene scortato da alcuni soldati verso un elicottero militare. (s.fin.)

***
Shlomi Ziv 
La moglie lo aspettava:
«Pronti a riaccoglierlo»

Anche Shlomi Ziv, 41 anni, lavorava come guardia di sicurezza al festival. Secondo l’Hostage Family Forum abita a Elkosh, una comunità nel nord di Israele, con la moglie Miran. Mesi fa, proprio lei disse in una intervista a un gruppo che raccoglie testimonianze di sopravvissuti del 7 ottobre, di essere certa che suo marito sarebbe tornato e che si stava già preparando a riaccoglierlo dopo mesi di prigionia: «Quando tornerà sarà una persona che non sappiamo cosa ha visto, cosa ha vissuto, cosa sa e cosa non sa. Non sarà semplice». (s.fin.)

***Almog Meir Jan 
Rapito il giorno prima
che iniziasse a lavorare

Almog Meir Jan, 22 anni, avrebbe dovuto iniziare un nuovo lavoro in un’azienda che si occupa di tecnologia. Sua madre Orit, in un’intervista rilasciata a Sky News a dicembre, ha detto che suo figlio lo ha chiamato alle 7.45 di mattina del 7 ottobre dal festival Supernova, descrivendole le scene di caos: «Mamma, hanno chiuso il festival. Ci sono razzi e spari ovunque». Ieri sui social è stato condiviso un filmato che ritrae la famiglia festeggiare dopo la notizia del rilascio di Almog. «Sono così emozionata», ha detto la madre Orit. 
(s.fin.)