il Fatto Quotidiano, 9 giugno 2024
Il pranzo di Matteo Gesù banchetta coi peccatori, “sporcandosi di sugo”
Gesù esce lungo il “mare”, cioè il lago di Tiberiade. Lo chiamano mare perché lo sembra, tanto è ampio. Vediamo la sua figura che si proietta sullo specchio d’acqua dolce nel quale non sono rare le tempeste. Gesù ama camminare lungo questo “mare”. Lì aveva incontrato Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, i suoi primi amici e discepoli, tutti pescatori. Il suo tragitto è di pochi chilometri, che si fanno bene a piedi tra la città di Cafarnao e il lago. Ma questa volta Gesù ha una folla che lo segue. Cammina e parla, insegnando. La parola di Gesù ha all’inizio il sottofondo dello sciabordio, dell’acqua che si muove, delle voci dei pescatori, del rumore delle reti che sbattono sui legni delle barche. E Gesù non si ferma, passa. E passando, vede Levi seduto al banco delle imposte. Si tratta dell’evangelista Matteo. Marco gli scatta un’istantanea: è lì, seduto, nel fare il mestiere più odiato: l’esattore delle imposte. Cafarnao era un posto importante di dogana, situata sulle piste carovaniere che da Damasco conducevano al Mediterraneo e verso sud, cioè la Palestina e l’Egitto. E Levi è fotografato in modo indelebile nel suo mestiere odioso, simbolo del dominio romano. A quell’uomo intento a esigere denaro Gesù si rivolge all’improvviso con una parola secca, netta: “Seguimi”. Quanto intenso sia stato lo scambio di sguardi tra Gesù e Levi non sappiamo, ma il risultato è una folgorazione, un lampo: “Egli si alzò e lo seguì”. C’è una tensione che fa scattare Levi come una molla. Marco tralascia la psicologia e il sentimento: inquadra l’azione, registra il contraccolpo. Lì c’è il senso, l’inizio, il ciak.
Stacco. Non c’è dissolvenza, né montaggio. Marco ci fa fare un passaggio immediato dall’inquadratura di Levi che scatta in piedi a quella della sua casa. Con quali parole Levi l’avrà invitato a tavola? Adesso è Gesù che segue Levi, in realtà. Va a casa sua. Seguire Gesù significa accettare di essere seguiti da lui nel proprio spazio, quello più personale e domestico. Marco apre l’obiettivo sulla tavola. Non si tratta di un pasto intimo, quello più adatto a una conversazione spirituale. A tavola ci sono “anche molti pubblicani e peccatori”. E Gesù non è solo: con lui ci sono anche i suoi primi discepoli. Levi aveva i soldi per un bel ricevimento con i colleghi esattori. In fretta e furia ne organizza uno. E invita anche altri “peccatori” di Cafarnao, che avevano contatti con i pagani e non erano propriamente osservanti della Legge mosaica. Insomma Gesù segue Levi nella sua vita, sta con i suoi amici, si porta dietro i propri, accetta che l’intimità spirituale si crei nel clima rumoroso e gaudente di un banchetto.
Marco sposta l’obiettivo su alcuni sguardi indignati da ciò che si vede. Sono scribi. Non sappiamo bene dove siano: nella casa di Levi? Improbabile, ma non importa. A Marco interessa dire che ci sono anche loro, da qualche parte. Forse osservano dalle finestre, da fuori. Ma questi sguardi scandalizzati ci sono. E stanno a contatto con alcuni che seguono Gesù, e li rimproverano acidamente: “Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?”. Non attaccano Gesù apertamente: si lamentano con i suoi amici. Gesù viene a sapere delle perplessità che girano sul suo conto, e così manda a dire: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Che i “giusti” si guardino tra loro allo specchio fatato, contemplando la loro eletta purità, come la regina di Biancaneve. Gesù continuerà a banchettare e a sporcarsi di sugo con i suoi commensali.