il Fatto Quotidiano, 9 giugno 2024
Sulle gaffe di Francesco Lollobrigida
Di fronte alle giocate estemporanee e geniali di Francesco Lollobrigida, che tra una gaffe su Aldo Moro e un portavoce razzista ha scalato ogni classifica dell’imbarazzo in politica, viene da citare la telecronaca immortale di Victor Hugo Morales, il giornalista che raccontò in diretta il gol del secolo di Maradona agli inglesi. All’apice della commozione incredula per quello che sta succedendo davanti ai suoi occhi, Morales esplode in un grido poetico verso il cielo: “Barrilete cosmico!” – aquilone cosmico – “De que planeta viniste?”. Ecco, l’emozione forse è di altra natura, ma la domanda è pertinente: da che pianeta sei venuto, Francesco Lollobrigida? Dove hai imparato a fare quello che fai?
Mezza Italia che oggi ride di lui non ha la più pallida idea di quanto lungo e faticoso sia stato il suo viaggio di militanza. Inizia da Subiaco, a un’ora di auto da Roma, tra i Monti Simbruini. La politica è una passione quasi infantile: nel 1986, a 14 anni, il primo atto è l’iscrizione alla sezione locale del Fronte della Gioventù (la giovanile del Movimento Sociale) dedicata a Paolo Di Nella, uno dei “cuori neri” spezzati durante gli anni di piombo. A quanto racconta lo stesso Lollo – nel libro di Francesco Boezi Fenomeno Meloni. Viaggio nella generazione Atreju – la sua adesione al partito post fascista non è “per motivi specifici” o per “una ragione di carattere familiare”. È quasi istintiva, un impulso “prepolitico”. Col senno di poi, lo stesso con cui si avventura oggi di fronte ai microfoni.
A scuola, liceo classico, Lollobrigida si candida nella lista studentesca frontista ed è subito un successone: “I risultati sfiorano sempre il 90%”. Diventa segretario del Fronte della gioventù a Subiaco, poi segretario provinciale, quindi a 19 anni lascia i Simbruini e arriva a Roma: la lunga rincorsa è davvero cominciata.
In quegli anni varca la soglia catacombale della sezione post missina di Colle Oppio, quella dei “gabbiani” di Fabio Rampelli: è il momento che gli cambia la vita. Conosce Giorgia Meloni, un incontro gravido di conseguenze per il suo percorso pubblico e privato. Diventerà sua cognata, ma soprattutto la persona che gli regalerà un destino.
Non è del tutto noto se ci fosse una predisposizione genetica di Lollobrigida alla gaffe, se anche da giovane seminasse lungo il suo percorso briciole di disagio, ma non mancano indizi sul suo precoce talento. Il 22 novembre 1998, da dirigente nazionale di Azione Studentesca, l’intraprendente Lollobrigida va a disturbare il presidente della Repubblica in persona, Oscar Luigi Scalfaro, all’uscita della Messa in piazza Santa Maria in Trastevere. Siamo sotto elezioni amministrative, Young Lollo gli consegna un volantino che invita gli elettori romani a “liberarsi dall’Oscar della faziosità”. A raccontare la prodezza è lo stesso Lollobrigida all’Ansa: “Il presidente – dice – ha letto il volantino e ha fatto una smorfia di stizza, senza dimostrare senso dell’umorismo”.
Sciolto l’Msi, è nata An. Anche il Fronte ha cambiato nome: ora si chiama Azione Giovani. Lollo si divide tra la giovanile e la macchina del partito, tra Roma e Subiaco. È soprannominato “Beautiful” con affetto cameratesco, si spacca la schiena soprattutto in provincia, lontano dai riflettori. Interviene in ogni questione territoriale. Appoggia le battaglie antiabortiste dell’abate di Subiaco, poi mette la faccia sulla campagna revisionista contro i libri di testo, ritenuti faziosi dalla destra post fascista: “Vogliamo istituire un comitato di saggi capace di esporre valutazioni sulla veridicità e l’obiettività dei testi adottati all’interno delle scuole”, spiega Lollo. Ne esce un documento che porta la sua firma accanto a quelle di Giorgia Meloni e Giorgio Tamborra.
Lungo è il percorso che porta alla gloria: consigliere comunale a Subiaco, consigliere della provincia di Roma, assessore alla Cultura di Ardea (solo un anno), consigliere regionale del Lazio. Nel 2010 il primo ruolo di governo: assessore regionale ai Trasporti nella disastrosa giunta di Renata Polverini. Anche qui un assaggio di futuro: 13 anni dopo passerà alle cronache come il ministro che fermava i treni. Nel 2012 partecipa da protagonista – e da assessore – all’inaugurazione di un parco dedicato al criminale fascista Rodolfo Graziani ad Affile, paesino alle porte di Subiaco: in tempi di rievocazioni della X Mas fa bene ricordare i Vannacci originali. Le polemiche, copiose, nemmeno lo sfiorano.
Lollo ha il grande merito di trovarsi al posto giusto – in famiglia – quando la cognata Meloni spicca il volo. Per lei è irrinunciabile. Tra le sliding doors della loro vicenda c’è il congresso di Azione Giovani di Viterbo, 27 e 28 marzo 2004. Meloni si gioca la presidenza del movimento giovanile contro Carlo Fidanza. È sfavoritissima, ma i capricci della storia le sorridono: durante il dibattito un delegato romano della destra sociale stupisce con un discorso critico su Israele (corsi e ricorsi) e sulla svolta di Gianfranco Fini. Cambia il verdetto: Meloni vince per pochi voti. La sua mozione si chiama “Figli d’Italia”. L’ha scritta insieme a Giovanbattista Fazzolari e Francesco Lollobrigida. Il resto è storia recente (e satira quotidiana).